Oristano
18 Settembre 2015
Cari amici,
come in tanti sappiamo,
dopo un lungo e tormentato cammino, l’altare maggiore della nostra Cattedrale di
Oristano dedicata a Santa Maria Assunta, è tornato al suo posto; sapientemente
ripulito e rimesso in perfetto ordine, ora fa nuovamente bella mostra di se. Tante
le polemiche alimentate dalla sua rimozione, durata circa 6 anni, anche se ora è
stato rimontato praticamente al suo posto, o quasi. Eppure, la decisione di toglierlo
prima e di ricollocarlo poi nella sua sede originaria, ha fatto parlare non
poco la popolazione, oristanese, divisa in almeno due schieramenti
contrapposti: i favorevoli al suo spostamento, magari collocandolo poi in una
delle cappelle laterali, e i contrari, quelli che, invece, credono che il
passato (con le sue forti radici) vada mantenuto al suo posto.
Vi dico subito (per
evitare inutili polemiche) che questa mia riflessione è fatta da totale “incompetente
in materia”; la mia formazione culturale è di marca tecnica e commerciale, per
cui non mi intendo né di ingegneria, né di architettura, e tanto meno di
valutazione di beni culturali e quant’altro. La mia è tutt’al più una
riflessione fatta da uomo d’esperienza (ho appena compiuto 70 anni), anche se
maturata in altri campi, quindi potrei definirmi, in questo campo particolarmente
specialistico, solo uno “scarpe grosse”, tralasciando il cervello fino! A Voi
che mi leggete voglio quindi riportare la mia impressione da “non addetto ai
lavori”, che comunque vuole dire la sua, in un campo non suo! Ebbene, lo faccio
partendo dalle origini.
La Cattedrale
dell'Arcidiocesi di Oristano, che si adagia maestosa in uno splendido piazzale
con a fianco il Seminario Tridentino e impreziosita dal suo grande campanile
quattrocentesco a pianta ottagonale, fu edificata in forme gotiche su
fondamenta più antiche intorno al 1228. Fu il giudice Mariano, allora Signore del
Giudica d’Arborea, a finanziare i lavori, eseguiti da artisti lombardi, quando
la Diocesi era governata dall'Arcivescovo Torchitorio De Muru.
Rimaneggiato agli inizi
del 1700 il grande fabbricato perse in parte l’originario stile gotico: l'unico
ambiente superstite del tempio duecentesco è la cappella del Rimedio, con la classica
volta a crociera gemmata. I successivi lavori di restauro evidenziano all’interno
del Tempio una varietà di stili: si passa dal barocco al neoclassico (con il transetto
di Giuseppe Cominotti), fino al gusto contemporaneo, con la decorazione della
navata. Nella cappella posta sulla destra è possibile ammirare la trecentesca statua lignea
raffigurante l'Annunciata, di Nino Pisano e nella cappella a sinistra, dedicata
a S. Giuseppe, è da notare un retablo settecentesco di artisti spagnoli. Quattro
stendardi spagnoli, tolti ai francesi che nella prima metà del XVII secolo
assediarono la città, sono posti sulle pareti dei due bracci del transetto.
Veniamo ora al motivo
del contendere: l’altare maggiore, posto al centro del Presbiterio: una pregevole
opera marmorea policroma, realizzata unitamente alla credenza laterale, da
Pietro Pozzo (1741-42). Sul modello del duomo di Cagliari, il presbiterio risulta
rialzato, raggiungibile da una scala centrale di accesso in marmo che alla base porta
due leoni; chiuso da una balaustra marmorea, anch'essa policroma, porta al centro l’altare,
predisposto per le celebrazioni dell’officiante
con le spalle rivolte all’assemblea. Dietro l'altare è collocato un pregevole coro
ligneo, settecentesco, mentre sulla parete di fondo dell'abside troneggia maestosa la
grande tela rotonda in cui è raffigurata l'Assunta, con una sfarzosa cornice
dorata retta da due angeli. Alle pareti laterali sono poste invece due grandi
tele rettangolari del Marghinotti, raffiguranti l'Adorazione dei Magi e
l'Ultima cena, tema quest'ultimo ripreso in varie opere dell'artista
ottocentesco.
Ebbene, per tornare
alla storia della rimozione dell’altare settecentesco del Pozzo, avvenuta nel
2009 con la motivazione ufficiale di poter essere “liberato dalle aggiunte che nel corso dei secoli avevano
modificato la struttura originale”, e nel contempo essere ripulito e restaurato,
ci si chiede: perché si è aspettato un tempo lunghissimo (circa 6 anni) per risistemarlo dov'era, quando tutto ciò poteva essere fatto in pochi mesi? Siamo sicuri che, a parte le affermazioni ufficiali, l’idea
vera fosse, invece, quella di farlo ”dimenticare”, per poter poi essere collocato
chi sa dove o al limite in una parte laterale della Cattedrale? Le voci che per anni sono corse ad
Oristano davano in prevalenza quest’ultima ipotesi, anche se grazie a Dio non è
andata così!
Fortunatamente quest’estate,
dopo una sedimentazione durata più di un lustro, proprio durante la calura
estiva caldo-umida della nostra Oristano, l’altare, perfettamente restaurato e lucidato
nei laboratori della ditta Desogus di Cagliari, è tornato al suo posto. Grazie ai lavori, sapientemente seguiti dall'Arch. Silvia Oppo, ora può far
nuovamente bella mostra di se, ricollocato “quasi” al suo posto (è stato
arretrato solo di una manciata di centimetri per permettere un più agevole svolgimento
delle funzioni con numerosi partecipanti). Quasi vanitoso, fa sfoggio della sua rinnovata bellezza ai
fedeli e ai visitatori, completando in modo eccellente la visione d’insieme
della più grande Cattedrale della Sardegna. Il confronto delle foto, tra
passato e presente, evidenzia, ad un occhio esperto, la diversa collocazione
spaziale attuale: arretrata, anche se di poco.
Cari amici, la nostra
bella Cattedrale, dopo le paure e le polemiche, è ora nuovamente al completo. Chiudo la mia riflessione avendo
in mente il grande scudo degli Arborea, al cui interno era raffigurato l’albero dalle folte
radici. Glorioso "Stemma familiare" che, oltre il nome del casato, evidenziava con le
sue radici quel “forte simbolo di continuità” tra passato e presente: perché solo
con radici forti e solide possiamo vivere bene l’oggi e affrontare senza timore il domani!
Grazie a tutti Voi dell’attenzione.
Mario
....quando si celebrava con le spalle ai fedeli
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