Oristano 26 agosto 2020
Cari amici,
Che la plastica sia stata
definita la peste del terzo millennio, credo che non sia da considerarsi solo
una brutta battuta, ma una triste realtà. La plastica, che in tanti ricicliamo
così male da farla finire in ogni angolo del pianeta (e in mare in particolare),
finisce poi per tornare sulle nostre tavole insieme ai cibi che mangiamo. Un
recente studio della University of Victoria (Canada), pubblicato su
Environmental Science & Technology, stima che ogni essere umano ingerisca
da 39.000 a 52.000 particelle di plastica (microplastiche) l’anno, e anche il
doppio se si prende in considerazione l’inalazione.
Si, purtroppo le micro e
nano-plastiche hanno già invaso il corpo umano, finendo per accumularsi in
organi come polmoni, fegato, reni e milza. Lo hanno scoperto i ricercatori
dell'Università dell'Arizona, analizzando decine di campioni di tessuti umani.
I risultati, presentati al convegno virtuale della Società americana di chimica
(ACS), sollevano nuovi e severi interrogativi sulle conseguenze per la salute
di questo pericoloso fenomeno ancora tutto da decifrare.
"Non vogliamo
essere allarmisti, ma è preoccupante che questi materiali non biodegradabili
presenti ovunque possano entrare e accumularsi nei tessuti umani, e non
sappiamo con quali possibili effetti sulla salute",
afferma il ricercatore Varun Kelkar. Il suo gruppo ha valutato la presenza di
microplastiche (inferiori ai 5 millimetri) e nano-plastiche inferiori a 0,001
millimetri) in 47 biopsie conservate in una grande banca di tessuti insieme
alle cartelle cliniche dei pazienti per studiare le malattie neurodegenerative
come l'Alzheimer.
I campioni studiati dai
ricercatori provengono da polmoni, fegato, milza e reni, ovvero gli organi che
dovrebbero essere maggiormente esposti alle microplastiche o che possono
filtrarle o accumularle. In effetti tutti i campioni sono risultati
contaminati: oltre al famoso bisfenolo A, un interferente endocrino ancora presente
in alcuni vecchi contenitori per alimenti, sono state trovate tracce di dozzine
di altri componenti plastici, inclusi policarbonato (Pc), polietilene (Pe) e
polietilene tereftalato (Pet).
La contaminazione è purtroppo
diffusa: nei nostri cibi e nell'acqua la loro presenza è sempre più forte,
tanto che con l'alimentazione assumiamo circa 50.000 microparticelle di
plastica l'anno. I ricercatori della University of Victoria (Canada) hanno
preso in esame 26 studi focalizzati sulla misurazione dei livelli di
microplastiche in cibi e bevande, nell'acqua in bottiglia e nell'aria delle
città. Hanno poi analizzato - utilizzando oltre 400 parametri - la quantità dei
piccoli frammenti di plastica presenti in pesci, molluschi, zuccheri e sali,
alcool e acqua, ossia quegli alimenti che costituiscono il 15% dell'apporto
calorico nella dieta degli americani. Hanno infine messo in relazione i dati
ottenuti con la quantità di cibo ingerita, calcolata in base al sesso e all’età
degli individui e, in conclusione, hanno stimato la percentuale di particelle
di plastica presenti.
Un altro dato rilevante
riportato nella ricerca è legato al consumo d’acqua: coloro che hanno bevuto
solo acqua in bottiglia hanno ingerito qualcosa come 90.000 microparticelle di
plastica all'anno, contro le 4.000 di chi ha bevuto solo acqua di rubinetto. Non
molto tempo fa il progetto giornalistico Orb Media ha commissionato uno studio,
condotto dall’Università Statale di New York, su 259 bottiglie d’acqua di 11
marche comprate in 9 Paesi differenti. Cosa è emerso?
In ogni litro erano
presenti circa 10 particelle delle dimensioni di 0,10 millimetri, tutta
plastica che finisce nei nostri bicchieri e poi nel nostro corpo. Un’altra
analisi aveva già denunciato la presenza di microplastiche nell’acqua di
rubinetto, ma sembra che nell’acqua in bottiglia la percentuale sia doppia. Come
avviene per le micro particelle che ci ritroviamo nei piatti, anche in questo
caso gli studiosi non sanno ancora di preciso da dove arrivino, ma
probabilmente le microplastiche vengono trasportate dall’aria, prima di finire
in bottiglia o di sgorgare dai nostri rubinetti domestici. Le fonti sono
molteplici: l’abbandono dei rifiuti in mare, per esempio, ma anche l’uso di
prodotti cosmetici come alcuni scrub, che contengono microsfere di plastica, o
gli abiti realizzati in fibre sintetiche. Dal momento che queste particelle non
vengono filtrate dai depuratori, finiscono col contaminare il nostro cibo e le
nostre riserve idriche.
Un altro elemento di
origine marina che potrebbe essere fonte di ingerimento di microplastiche e
microfibre è il sale marino. Un chilogrammo potrebbe contenerne 600 particelle,
e oltre. Consumare la dose massima giornaliera di sale raccomandata (5 grammi)
equivarrebbe pertanto ad ingerire circa 3 microplastiche al giorno (da non
dimenticare, tuttavia, che molte persone assumono quotidianamente molto più
sale rispetto alla dose consigliata).
Cari amici, la triste
realtà è che tutti noi ingeriamo ogni giorno numerosi frammenti di plastica
assieme al cibo e alle bevande che mangiamo e beviamo. Quanto danno queste
microplastiche possano causare al nostro organismo e alla nostra salute è la domanda
che sorge spontanea a questo punto. Una domanda però, alla quale gli scienziati
devono ancora dare una risposta definitiva.
Grazie, amici. A domani.
Mario
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