Oristano
2 Novembre 2017
Cari amici,
L'argomento di oggi è apparentemente dolce: voglio parlarvi di
zucchero. Si, proprio del noto dolcificante che dovrebbe rendere la nostra vita meno amara, anche se non sempre: a volte, seppure indirettamente, ci regala anche un retrogusto direi proprio amaro! “Basta un poco di zucchero e la pillola va giù”, recitava una
vecchia canzone degli inizi del secolo scorso, ma allora non si trattava certo
di quello oggi fornito in bustina!
Si, amici, oggi parliamo proprio dell’utilizzo dello zucchero, quello fornito nei pubblici esercizi obbligatoriamente in bustina, come imposto a bar e ristoranti da un Decreto Legislativo del 2004, emesso in attuazione di una Direttiva Europea del 2001.
Si, amici, oggi parliamo proprio dell’utilizzo dello zucchero, quello fornito nei pubblici esercizi obbligatoriamente in bustina, come imposto a bar e ristoranti da un Decreto Legislativo del 2004, emesso in attuazione di una Direttiva Europea del 2001.
Secondo la nuova norma
di legge “lo zucchero di fabbrica e lo zucchero bianco possono essere posti in
vendita o somministrati solo se preconfezionati”. Dopo l’approvazione
di questa norma, la cui violazione avrebbe comportato multe che vanno dai 2.000
ai 6.000 euro, sono dunque sparite le zuccheriere apribili e, per
paura di sbagliare, anche quelle più recenti, quelle col beccuccio-erogatore,
predisposte dall’esercente e senza possibilità di manipolazione da parte del
cliente, che si limita esclusivamente a versare lo zucchero dal beccuccio.
La Federazione Italiana
Pubblici Esercizi, attraverso il suo ufficio studi, ha calcolato che gli
sprechi, conseguenti all'eliminazione delle zuccheriere dai banconi, sono stati
molteplici: l’uso delle bustine genera ben 14mila tonnellate di rifiuti
aggiuntivi e 64 milioni di euro di maggiori costi a carico sia di consumatori che dei
pubblici esercizi. La Federazione ha comparato i consumi di zucchero in bustina
con quelli precedenti in zuccheriera (che consentivano di dosare perfettamente
la quantità di zucchero necessaria), rilevando dati che sorprendono non poco: un
consumo annuo di 46,3 milioni di kg contro i precedenti 32,4 milioni che,
tradotti in moneta sonante, evidenziano un costo di 92,6 milioni di euro per lo
zucchero in bustine contro i 29,2 milioni di euro per quello fornito in precedenza con le
zuccheriere.
Sulla diatriba venutasi
a creare è intervenuto anche il Ministero delle Attività Produttive che, con la
nota 769422 del 28 Maggio 2004, ha precisato che la legge 'ha vietato l'uso delle zuccheriere con coperchio apribile”, mentre
le zuccheriere dosatrici con beccuccio dovrebbero
risultare conformi. Tuttavia un chiarimento
ufficiale, preciso e insindacabile, non è mai stato espresso.
In effetti, come sostiene
Aldo Cursano, Vice Presidente vicario della FIPE, «Non ci sono ad oggi evidenze tali che dimostrino che l'uso delle
tradizionali zuccheriere comporti rischi sul piano della sicurezza alimentare.
Riteniamo che la norma che le vieta sia solo un modo per far aumentare il
consumo, anzi lo spreco di zucchero. FIPE ribadisce la propria responsabilità
sociale contro lo spreco e mette al centro la salute dei consumatori, fermo
restando che gli esercenti devono essere liberi di scegliere le modalità di
servizio da offrire ai clienti».
Lo spreco accertato,
come appare chiaro, è da ritenersi punitivo e quindi da eliminare. Quella
miriade di bustine utilizzate nei bar e nei ristoranti italiani, sono una
pillola amara e difficile da digerire, sia per i maggiori costi derivanti che
per l’inquinamento aggiuntivo! Costi più alti per baristi e ristoratori,
costretti a pagare, come ha notato qualcuno, 14 euro per 5 kg di zucchero in
bustina, quando prima pagavano poco meno di 5 euro per la stessa quantità di
zucchero sfuso; costi che ovviamente sono stati ribaltati sul
consumatore finale.
Cari amici, il decreto
che voleva salvaguardare l’igiene alimentare si è praticamente rivelato un
boomerang: non solo perché ha fatto lievitare i costi, ma ha fatto crescere
anche i rifiuti. “La disparità di consumi e costi” – ha denunciato, ancora la
FIPE - “insieme all’incremento dell’indifferenziato, si deve soprattutto al
fatto che i clienti al bar spesso non usano tutto lo zucchero contenuto nelle
bustine, zucchero che, non venendo riutilizzato, viene gettato via”. Che cosa,
allora, è necessario fare per rimediare a qualcosa che potrebbe essere
cambiata? In primo luogo cercare di fare chiarezza.
Dovrebbe essere il
Ministero dello Sviluppo Economico a fornire quanto prima il giusto
chiarimento uffciale; dire, senza giri di parole, se le zuccheriere non apribili dal
cliente (quelle, come evidenziato prima, col beccuccio-dosatore), quelle
preparate dall’esercente e non manipolabili dal consumatore, sono in perfetta
regola con le nuove normative. In questo modo cesserebbe o diminuirebbe l’incremento
dell’indifferenziato, ponendo fine anche all’ingente spreco di una risorsa come
lo zucchero che, contenuto nelle bustine, in gran parte non viene utilizzato ma gettato via.
Nel frattempo la
bustine di zucchero hanno invaso bar e ristoranti, senza altri competitori; poi,
grazie alla lungimiranza dei maghi della comunicazione, hanno anche alimentato
un business insperato: la pubblicità nelle 2 facce della bustina. Ormai sono
tutte personalizzate, molte da collezione: con i numeri del Lotto, da
matrimonio (da utilizzare nelle bomboniere o nelle wedding bags), come
segnaposto o da offrire personalizzate agli ospiti al momento del caffè; esistono
anche le “bustine politicizzate”: ne esistono con l’effigie di Benito Mussolini e i simboli
e motti del fascismo, per esempio, libere di circolare in bar e caffè, dove, si
dice, vadano letteralmente a ruba. Potenza della pubblicità!
Insomma, amici, come
accennavo all’inizio in ogni operazione economica, bella o brutta che sia, c’è
sempre chi ci guadagna e chi ci rimette…
A domani.
Mario
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