mercoledì, novembre 29, 2017

SPIARE I COLLEGHI IN UFFICIO? SI PUÒ, ANZI SI DEVE! UNA NUOVA LEGGE NON SOLO AUTORIZZA MA PREMIA CHI SEGNALA ABUSI E IRREGOLARITÀ.



Oristano 29 Novembre 2017
Cari amici,
La recente, difficile, approvazione della legge sul “whistleblowing” (liberamente tradotto in ‘fare la spia’) è finalmente giunta in porto. Servirà a proteggere (sia nella privata che nella pubblica amministrazione) i colleghi seri e operosi, che prima per paura tacevano; essi non potranno essere licenziati se denunceranno soprusi ed angherie messe in atto dal datore di lavoro. Insomma la legge va a premiare la delazione. Una volta, quand’ero bambino, fare la spia era considerato qualcosa di disdicevole, tanto che c’erano diversi proverbi coniati apposta per farne passare la voglia, tipo “chi fa la spia non è figlio di Maria, non è figlio di Gesù, quando muore va laggiù…”. Insomma ci hanno insegnato, fin da bambini, che fare la spia era una marachella da piccoli e un fatto grave da grandi.
Questo concetto è rimasto valido per lungo tempo, anche fino agli inizi del terzo Millennio, in quanto le cose non sono mai cambiate. Fino all’altro giorno, però. Ora una nuova legge ha “rivoltato la frittata”, nel senso che ora fare la spia nel mondo del lavoro non solo non è considerato disdicevole, ma addirittura è ritenuto un atto da premiare. È stata chiamata legge sul whistleblowing, termine inglese che letteralmente significa soffiatore di fischietti, e nei Paesi anglosassoni è da anni un anticorpo utilissimo contro la corruzione e le diverse ruberie. Nei giorni scorsi la Camera dei Deputati, dopo tre anni di gestazione parlamentare, ha approvato la legge a grande maggioranza, 357 sì 46 no e 15 astenuti.
L’introduzione anche in Italia di una norma di legge come questa è frutto, forse, del costante aumento dei comportamenti illeciti, che hanno superato ogni limite di decenza sia nell’amministrazione pubblica che in quella privata, con un crescendo di truffe, corruzione e irregolarità di ogni tipo, ora talmente diffuse che un sano rimedio bisognava pur trovarlo. Ecco allora che l’atto dello Spiare, fatto da parte dei colleghi onesti, purché fatto a fin di bene, viene incoraggiato dalla legge, incentivato e protetto. Lo scopo è quello di far uscire allo scoperto quei comportamenti illeciti, prima menzionati, che quotidianamente vengono messi in atto sia nella pubblica che nella privata amministrazione.
Il presupposto della legge recentemente varata è che nessuno meglio di chi lavora dentro una struttura, pubblica o privata che sia, può avere la sensibilità per capire se una prassi messa in atto sia regolare o meno, se un dato comportamento sia consono alla funzione svolta o se sia, invece, effettuato con uno scopo recondito. Raffaele Cantone, numero uno dell’Anac (Autorità Nazionale Anti Corruzione), ha parlato di “norma di civiltà” perché “chi segnala illeciti di cui è venuto a conoscenza sul luogo di lavoro non può essere lasciato solo, esposto al rischio di minacce, ritorsioni e perfino di perdere il posto di lavoro come invece è tristemente successo in questi anni”.
Il pregio principale della nuova legge, oltre ad essere estesa anche al settore privato, è che introduce garanzie certe per tutelare chi fa il proprio dovere. Nella legge è prevista la “nullità degli atti ritorsivi subiti dal segnalante da parte del datore di lavoro”, così come multe salate per chi effettua discriminazioni o non inoltra le segnalazioni all'organo di competenza. Il principio base della legge è che “il dipendente che segnala al responsabile della prevenzione della corruzione dell'Ente cui appartiene, all'Autorità nazionale anticorruzione (Anac), all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza non possa essere mai - per motivi collegati alla segnalazione – essere soggetto a misure ritorsive, come sanzioni, licenziamenti o demansionamenti”.
Le possibili misure discriminatore messe in atto dovranno essere comunicate dall'interessato, o dai sindacati, all'Anac. A questa autorità, infatti, viene affidato il compito di elaborare le linee guida “relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni”, che comunque sono strutturate per garantire la massima riservatezza dell'identità del segnalante. Sempre l’Anac potrà fare multe fino a 50 mila euro al datore di lavoro che ha discriminato il dipendente “fischiatore” o che non ha verificato la segnalazione.
Insomma, una legge che cerca di stroncare la consolidata prassi del “silenzio e dell’omertà”, nata negli uffici per il timore di ritorsioni, stante il vecchio detto “fatti gli affari tuoi che è sempre meglio”. Da oggi invece, contrariamente a prima, “è messo a carico del datore di lavoro (Pubblico in particolare) l’onere di dimostrare che le eventuali misure discriminatorie o ritorsive, adottate nei confronti di chi ha segnalato irregolarità, sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione stessa”. Dunque, gli eventuali “atti discriminatori o ritorsivi adottati dal datore di lavoro sono nulli”.
E, cosa importante, viene sancito anche il diritto al denunciante di essere reintegrato nel posto di lavoro e risarcito per i danni economici o di carriera subiti.
Cari amici, questa legge è sicuramente un valido strumento aggiuntivo contro il malaffare e, si spera, che riesca a funzionare davvero. Adesso, la legge protettiva contro la corruzione, la malversazione, l’evasione fiscale e quant’altro c'è, ma perchè diventi concretamente operativa serve la reale volontà dei cittadini onesti a denunciare chi pratica il malaffare.

A domani.
Mario



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