Oristano
15 Novembre 2017
Cari amici,
Che straordinario computer che è il nostro cervello! Nella nostra mente, vero super computer, c’è un grandissimo archivio (la nostra
memoria) costituito da tutta una serie di “schedari”, che ci permettono di ricordare,
di attingere in ogni momento della giornata, ad un data base di grande spessore. Questo straordinario, immenso serbatoio di
dati, è ordinato in modo particolarissimo: gestito a scomparti, praticamente
come se si utilizzassero tutta una serie di cassetti; questi vengono gestiti
per importanza, disponibili, a seconda del momento o delle necessità, in tutto o in parte. Si, proprio così, pensate, ad
esempio, che c'è addirittura un cassetto particolare, un cassetto segreto, che resta chiuso, indisponibile,
se viene ritenuto necessario. Insomma, non uno scomparto come gli altri, aperto alle nostre necessità quotidiane, ma che, per la nostra massima protezione, rimane ermeticamente chiuso, in quanto
custodisce, abilmente occultati, i ricordi negativi, quelli legati ad esempio a
dei traumi da noi vissuti.
Ad individuare questo
particolare scomparto riservato del
nostro cervello è stato uno studio condotto da un team di ricercatori dell'Università
di Cambridge, successivamente pubblicato sulla rivista Nature Communications e intitolato «Hippocampal GABA enables
inhibitory control over unwanted thoughts». Lo studio ha rilevato che il cervello, per
poter abilmente occultare in questo particolare cassetto/cassaforte che
custodisce i brutti ricordi, utilizza una chiave particolare, costituita
da un messaggero cerebrale chiamato GABA (Acido Gamma-Amminobutirrico), che
agisce sul magazzino della memoria: l'ippocampo. Questa chiave viene adoperata
dal cervello quando vuole nascondere, rinchiudere i brutti ricordi, i pensieri e
i drammi vissuti, in quanto spiacevoli e ritenuti per il soggetto fonte di
preoccupazioni e di stress.
Lo studio è riuscito a penetrare
dentro questo cassetto, attraverso l’utilizzo delle tecniche di risonanza
magnetica. Il modo in cui operano i circuiti nervosi che lo controllano non è
ancora molto chiaro, ma la ricerca ha messo in evidenza come, in presenza di un
suo possibile mal-funzionamento, i ricordi negativi possano riaffiorare, a
ondate, tormentando la vita di chi soffre di particolari patologie: come i disturbi
post traumatici da stress, la schizofrenia, l’ansia o la depressione.
Michael Anderson, uno
dei coordinatori dell’interessante ricerca, ha affermato: "la nostra capacità di
controllare i pensieri è fondamentale per il nostro benessere. Quando
quest'abilità viene meno, infatti, possono insorgere alcuni tra i più
debilitanti disturbi mentali". Questo curioso meccanismo, concepito dal
cervello per la nostra salvaguardia, in effetti funziona come un ripostiglio
dove accantonare le cose che non ci piacciono più, che ci hanno turbato, fatto
del male. Il modo in cui operano i circuiti nervosi che controllano questi
passaggi non è ancora chiaro, ma la ricerca continua.
È proprio attraverso la
«chiave
chimica» prima richiamata che, consentendo al nostro cervello di “nascondere”,
di mettere da parte i brutti ricordi, riusciamo a mantenerci più sereni. Il
problema, come accennato, sorge invece quando questo meccanismo si inceppa e
funziona male, in quanto la fuoruscita dalla scatola-serbatoio dei brutti ricordi, può creare
ansia, disturbo post traumatico da stress, depressione e schizofrenia, tutti
disturbi legati proprio al riaffiorare e rivivere queste memorie negative.
Cari amici, personalmente
questa notizia non mi ha meravigliato più di tanto, ma ha solo contribuito a
farmi conoscere più a fondo un problema da me personalmente già vissuto. Alcuni
di Voi lo sanno ma molti altri no. In
passato, precisamente il 5 Aprile del 1991, con la mia auto (un’Alfa 75 nuova
con appena 6 mesi di vita) mentre per lavoro viaggiavo da Oristano diretto a
Ghilarza per incontrare un cliente della Banca per cui lavoravo, ebbi un
terribile incidente stradale: uno scontro frontale con un’auto che mi venne
addosso e che rischiò di mandarmi all’altro mondo. Fortunatamente mi salvai.
Senza entrare nei dettagli
dell’incidente, sicuramente terrificante se pensate che dai verbali della
polizia stradale risultò che lo scontro era avvenuto tra due auto che andavano
una a 120 e l’altra a 140 chilometri all’ora! Ebbene, posso dirvi che nella mia
mente i dettagli di questo dramma vissuto sono rimasti nascosti, ben custoditi nel famoso cassetto segreto. Nonostante
siano passati oltre 26 anni, nulla mi è mai riapparso di quei momenti,
nonostante abbia cercato di sforzarmi per ricordare, per capire esattamente come l’incidente potesse
essere successo. I miei ricordi passano da un istante prima dell’impatto (è
lucido il ricordo di aver salutato un amico, dopo averlo sorpassato un istante
prima dello scontro) al flash della visione del parabrezza anteriore della mia
auto in frantumi, che mi si presentò mentre mi risvegliavo in ospedale a
Ghilarza.
Il tempo passa, cari amici,
a anche oggi, a distanza di tanti anni, il mio cervello continua a custodire gelosamente
tutte le fasi critiche di quell’incidente senza farmele rivedere. Ora, dopo aver
letto dei recenti studi su questo particolare sistema cerebrale di protezione,
capisco ancora meglio il perché di questo meccanismo: davvero incredibilmente protettivo e interessante.
Termino il colloquio quotidiano con Voi, cari amici, con una convinzione che per me è una certezza: l’uomo potrà costruire computer anche mille volte superiori a quelli
attuali, ma mai riuscirà ad eguagliare il nostro straordinario cervello, frutto della
incommensurabile potenza di Dio.
A domani.
Mario
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