Oristano
22 Novembre 2017
Cari amici,
Come Pandora, che una volta ricevuto dal dio
Ermes il famoso vaso, vinta dalla curiosità lo aprì, allo stesso modo, oggi,
all’improvviso, un moderno vaso di Pandora è stato scoperchiato facendone
fuoriuscire una miriade di antichi mali di natura sessuale rimasti a lungo
nell’ombra, ben custoditi e tenuti segreti. In quest’autunno eccezionalmente
caldo, certe notizie non fanno altro che arroventare ulteriormente il clima, e
ogni giorno che passa i giornali continuano a bombardarci di confessioni e di
sospetti, riguardanti le presunte (più o meno) violenze di carattere sessuale perpetrate
o subite (anche in tempi abbastanza lontani), da persone oggi socialmente note,
in particolare dello spettacolo e della politica.
A 360 gradi, ovvero in
tutto il mondo, i mezzi d’informazione non fanno altro che riportare interviste
che evidenziano tutta una serie di “comportamenti illeciti” di carattere
sessuale, rivolti a persone (in stragrande maggioranza donne) psicologicamente
subordinate e che, per paura delle possibili conseguenze, hanno sempre subito la
violenza tacendo.
Nessun settore pare sia rimasto immune: dalla politica (basta
sfogliare i quotidiani londinesi) al mondo dorato dello spettacolo (i media
americani sono quelli che bombardano più fortemente); in questo bailamme di
accuse anche l’Italia risulta ugualmente parte del gioco in campo. Lo scandalo venuto
alla luce, che nel campo dello spettacolo ha coinvolto tra i primi Harvey
Weinstein, il famoso produttore cinematografico e in campo politico il Vice
Primo Ministro inglese Damian Green, appare davvero di proporzioni davvero drammatiche.
Cari amici, le mie considerazioni di
oggi però, non vogliono essere una ripetizione o un’aggiunta di chicche al gossip ormai quotidiano
(non mi interessa sguazzare tra i nomi di Tizio, Caio, Sempronio, Drusilla o
Domitilla), ma solo riflettere, fare il punto su una situazione che purtroppo esiste, e che
pare anche aver raggiunto proporzioni ragguardevoli. Per entrare meglio nel
problema, per riflettere seriamente su questi “comportamenti illeciti”, e che come sappiamo possono
concretizzarsi in modi e maniere molto differenti (e, ovviamente, con diverso
peso e gravità), vorrei partire dal nostro Codice penale, andando a rivedere come sono considerati i reati di
questa natura e come sono puniti.
Ebbene, pur essendo a volte
sottile il confine tra violenza sessuale e atti di molestia, il nostro codice
sanziona in maniera molto differente le due diverse forme di violenza. Differenza
ribadita di recente anche dalla Corte di Cassazione, che già in passato ebbe
modo di fare dei chiari distinguo tra
il reato di violenza sessuale e quello di molestia, in modo da evitare
confusioni ed equivoci.
La disciplina
concernente i reati di violenza sessuale fu adeguata e modificata dal
legislatore italiano nel 1996, riformando così la vecchia normativa. In precedenza
la legge si preoccupava di tutelare più il buon costume e la moralità pubblica,
che il soggetto preda delle attenzioni sessuali. Oggi, al contrario, risulta più
tutelata la persona offesa, in quanto nei comportamenti illeciti che vengono rilevati non
rientrano solo gli atti di mera
congiunzione carnale, ma anche gli “atti
di libidine”, un tempo sanzionati più lievemente. Nel contesto attuale il nostro
codice penale valuta a parte solo le molestie,
tenendole separate dalla violenza sessuale. Risulta chiara in questo
modo la differenza tra violenza sessuale e molestia: la violenza comporta
un’invasione della sfera sessuale assolutamente maggiore rispetto alle semplici molestie,
che pure costituiscono reato.
"La molestia o il
disturbo alle persone" (regolata dall’art. 660 del codice penale), è considerata dunque una
forma meno grave di illecito penale, rispetto alle altre ipotesi che rientrano
tra i "delitti", tanto è vero che il legislatore ha previsto
pene ben più modeste: l'arresto fino a sei mesi o il pagamento di un'ammenda fino a 516 euro, "per chi, in un luogo pubblico o aperto
al pubblico, o con il telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo,
reca a taluno molestia o disturbo”.
Molto più severe, invece, le pene previste dal codice penale per la violenza sessuale: la reclusione da cinque a dieci anni, comminata a chi, mediante violenza, minaccia o abuso di autorità, costringe taluno a
compiere o subire atti sessuali. Il reato è contemplato dall'articolo 609 bis. C'è da precisare che per "atto sessuale" (concetto ribadito dalla
Cassazione) si intende quell’atto commesso da chiunque con la consapevolezza di compiere un’azione sessuale, costringe
o induce la vittima a subirlo contro il proprio volere. Perché sussista
questo reato deve esserci l'atto sessuale: poco conta il fine specifico di chi
lo ha messo in atto.
La Cassazione, ha inteso anche chiarire ancora meglio, precisando che costituiscono "atti sessuali" non solo tutte quelle forme imposte di congiunzione carnale, ma anche quel complesso di atti compiuti con strofinamenti e
toccamenti su parti intime, persino sopra i vestiti, e anche quegli atti che, pur
senza il contatto fisico diretto con la vittima, sono finalizzati a porre
in pericolo il bene primario della libertà (libera scelta) della persona
attraverso l'eccitazione o il soddisfacimento dell'istinto sessuale di chi
agisce.
Come anticipato prima,
la differenza tra i due reati (violenza sessuale e molestie) sta nel grado di
invasività della sfera intima della vittima, di gran lunga maggiore nel caso di
violenza sessuale. Ed infatti, secondo la Corte di Cassazione, in tema di reati
sessuali il toccamento non casuale di
una parte del corpo non considerata come zona erogena ma suscettibile di
eccitare il desiderio sessuale configura il delitto di violenza sessuale
tentata e non quello di molestia sessuale.
Detto aver detto questo,
cari amici, voglio chiudere questa riflessione odierna con una considerazione. Questo
improvviso “scoppio” di confessioni, avvenute anche ad oltre 20 anni dal
momento in cui sono state messe in atto, se da un lato dimostrano che “l’uomo
predatore” è sempre esistito, fanno anche riflettere non poco. Sono certo che buona
parte di queste confessioni sono vere e reali, e che il nascondimento, il silenzio, la sofferenza interiore trattenuta senza denunciare la violenza subita da parte delle vittime, è da attribuire a fattori come la paura che incute il potente, e quella di ulteriore danno alla propria immagine. Ciò non toglie, però, che in quel grande calderone di dichiarazioni tardive, in quel grande vaso di pandora che dicevo prima, ci siano finite anche
delle “fake news”, ovvero delle affermazioni esagerate o inventate, messe in campo per mettersi in mostra, per avere i
riflettori puntati addosso.
Non fraintendetemi: non
voglio condannare o assolvere nessuno: per condannare o assolvere ci sono i tribunali;
voglio solo dire che, come accade spesso, la verità ha due facce. È già successo e
succederà ancora, ma a volte per fare carriera prendere certe scorciattoie risulta più facile e scendere a compromessi o stimolarli sia più semplice e praticabile. Insomma a volte non è facile distinguere il lupo predatore dall'agnello provocatore.
A domani.
Mario
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