mercoledì, ottobre 15, 2025

NEL TERZO MILLENNIO IPERTECNOLOGICO, È IN AUMENTO LA “SINDROME DELLA STANCHEZZA CRONICA”. È LO STRESS LA CAUSA PRINCIPALE?


Oristano 15 ottobre 2025

Cari amici,

Viviamo un inizio di millennio caratterizzato da un ritmo lavorativo pesante, esagerato, che causa indubbiamente GRANDE STRESS, Ebbene, in questo caotico mondo che stiamo vivendo cresce un male alquanto pericoloso: “La sindrome da stanchezza cronica (CFS)”, nota anche come encefalomielite mialgica (ME) o malattia da intolleranza sistemica allo sforzo (SEID), che è una patologia complessa e debilitante. È caratterizzata da una stanchezza profonda e persistente (per almeno sei mesi) che non migliora con il riposo e può peggiorare drasticamente anche dopo sforzi minimi, sia fisici che mentali.

Imputato principale risulta essere LO STRESS, accreditato come una delle principali cause della stanchezza cronica, soprattutto quando è prolungato e supera le capacità del corpo di “recuperare”. Lo stress cronico può esaurire le riserve energetiche del corpo e del sistema nervoso, portando a sintomi come affaticamento persistente. Gli studi sull’argomento affermano che la stanchezza cronica può anche avere altre cause, pure genetiche, o legate a stili di vita irregolari, ma sta di fatto che lo stress è certamente la causa principale.

Questo pericoloso disturbo si manifesta con una spossatezza estrema, oltre a creare una serie di sintomi che variano da persona a persona e possono fluttuare in intensità: si va dal malessere post-sforzo (PEM), che è il sintomo cardine, che peggiora in modo sproporzionato dopo un'attività fisica o mentale (il recupero può richiedere ore, giorni o anche settimane), ai dolori muscolari (mialgia) e articolari (artralgia), senza segni di infiammazione o gonfiore, mal di testa o emicranie e anche importanti disturbi del sonno: il sonno può non risultare ristoratore anche dopo aver dormito per molte ore. Si possono quindi verificare insonnia o ipersonnia.

Questo male evidenzia anche problemi cognitivi: questi sono spesso descritti come "nebbia cerebrale", che includono difficoltà di concentrazione, di memoria a breve termine, nel trovare le parole e nel multitasking; altri sintomi derivanti sono: un collegato mal di gola, l’ingrossamento e il dolore dei linfonodi cervicali o ascellari, una certa sensibilità alla luce, al rumore e agli odori, oltre a vertigini e problemi gastrointestinali. Insomma, è un male che colpisce in modo disomogeneo e tende a manifestarsi più frequentemente tra i 40 e i 50 anni e in modo predominante nelle donne, che rappresentano il 60-85% dei casi.

La sindrome da stanchezza cronica, però, può essere presente anche nei bambini: l'età più colpita è quella compresa tra i 13 e i 15 anni; spesso, le cause sono multifattoriali e la patologia può nascondere o coesistere con altre condizioni mediche. La diagnosi in questi casi è complessa e si basa sull'esclusione di altre patologie che possono presentare sintomi simili, come anemia, ipotiroidismo, diabete o disturbi psicologici. La diagnosi non comprende test specifici e viene formulata in base a criteri clinici ben definiti, che richiedono la presenza dei sintomi principali per almeno sei mesi.

Amici, ci domandiamo: Come combattere la stanchezza cronica? Quali strategie psicologiche e abitudini sane possiamo mettere in atto? Innanzitutto partire dalla gestione dello stress e dei pensieri: la psicoterapia può aiutare a gestire lo stress legato a lavoro e relazioni, a rifigurare pensieri e schemi disfunzionali che possono produrre dispendio di energie con ruminazioni o senso di inadeguatezza, inutilità, impotenza e inefficacia;

Inoltre, è necessario applicare la psico-educazione relativamente all’igiene del sonno e del riposo: un percorso psicologico può aiutare a riflettere sulla necessità di prendersi spazi di riposo e sulla cura di buone prassi e routine che favoriscano l’addormentamento e il sonno; anche praticare la mindfulness e le tecniche di rilassamento risulta positivo: percorsi psicologici improntati su specifiche tecniche possono favorire la capacità di creare spazi di riflessione, dialogo con la propria interiorità, ascolto delle proprie emozioni, individuazione di schemi cognitivi disfunzionali. Infine, non trascurare l’ascolto e la cura di sé e del corpo: lo spazio della psicoterapia può diventare un invito a rallentare, fermarsi, mettersi in ascolto dei propri bisogni, desideri, delle emozioni e delle sensazioni. Un percorso, comunque, non facile!

Cari amici, mai trascurare lo stress, può portarci a vivere situazioni irreversibili!

A domani.

Mario

 

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