Oristano 6 settembre 2021
Cari amici,
Oggi voglio parlare con
Voi di un frutto tanto presente e diffuso in Sardegna ma purtroppo poco utilizzato,
che troviamo in quasi tutte le campagne ma che viene abbondantemente snobbato
da chi ci passa vicino, forse per la sua “presenza spinosa”, che ci riempie la
pelle di minuscoli, fastidiosi aghi. Ecco, voglio parlarvi del “Fico d’India”, pianta tanto trascurata e vilipesa, ma che in passato, ai tempi della civiltà
contadina, era ben più apprezzata di oggi per la sua utilità e versatilità. Vediamo
meglio, insieme, questa pianta che fa parte di quelle “grasse”.
Il Fico D’India, il cui
nome scientifico è Opuntia ficus indica, appartiene alla Famiglia delle Cactacee;
molto diffuso nelle zone mediterranee, nella nostra isola è utilizzato spesso
per segnare i confini tra le varie proprietà. Originario del Messico, il
ficodindia era ritenuto sacro dagli Aztechi, che lo chiamavano Nopal; coltivata per millenni e ibridata a tal punto da perdere le grosse spine che
caratterizzano le altre specie di Opuntia, questa pianta era venerata come un dio. Giunto in
Europa intorno al 1493, al ritorno della spedizione di Colombo, il ficodindia venne impiegato nelle prime cure contro lo scorbuto per via dell’alto contenuto
di vitamina C presente all’interno suoi frutti.
La pianta risulta formata
da più fusti appiattiti ovaliformi, chiamati cladodi, che crescono in più
elementi uno sull’altro e danno alla
pianta un aspetto di piccolo albero. Lunghi da trenta a cinquanta cm, verdi per
la presenza di clorofilla, i cladodi sostituiscono le foglie nella fotosintesi
clorofilliana; I cladodi sono ricoperti da una cuticola cerosa all’esterno, forte e resistente, che limita la
traspirazione e protegge dall’attacco dei parassiti, oltre ad essere una riserva d’acqua per la
pianta. L’interno dei cladodi è composto da un reticolo fibroso legnoso,
composto da fasci di vasi che si intrecciano a forma di rombo. Dopo tre o
quattro anni i cladodi alla base della
pianta diventano legnosi e più tondeggianti, trasformandosi praticamente in una
specie di tronco, somigliante a quello di altre piante.
Da teneri e immaturi i cladodi
sono commestibili e si possono cucinare in diversi modi; sono anche usati come
foraggio verde nell'alimentazione del bestiame nei periodi di siccità, tagliati
a pezzetti e miscelati con crusche e sfarinati vari. I fiori, che spuntano alla
sommità dei frutti verdi nel mese di maggio giugno, possono essere di colori
diversi e ne indicano la varietà. I frutti sono ricoperti di numerosissime
spine, raccolte a mazzetti, alquanto fastidiose in quanto volano ad un semplice
alito di vento. I frutti di questa pianta, che portano lo stesso nome, da
inizialmente verdi con la maturazione si colorano; sono di forma tondeggiante
ovale (a forma di barilotto) e contengono una polpa molto dolce, variamente
colorata (in giallo, arancione, rosso o bianco a seconda della varietà), ma
piena di semi.
Il frutto del ficodindia è
costituito da una polpa succosa e carnosa molto ricca di acqua, zuccheri,
vitamine e sostanze minerali. Le proprietà di questo frutto sono davvero tante;
ricco di vitamine, soprattutto vitamina C e minerali tra cui potassio e
magnesio, contiene inoltre molte fibre che aiutano la peristalsi intestinale
contrastando il problema della stitichezza. Chi consuma regolarmente questi
frutti (dopo essere stati privati dei semi), quando sono di stagione, potrà notare che
nel giro di poco tempo un notevole miglioramento delle proprie funzioni
intestinali.
Sempre grazie alla
presenza delle fibre, i fichi d’india aumentano il senso di sazietà, risultando
utili, inoltre, per assimilare meno grassi e zuccheri, tenendo a bada così glicemia
e sovrappeso. Ecco perché vengono spesso consigliati come spuntino per chi è a
dieta e vuole perdere i chili di troppo. E i suoi vantaggi non finiscono qui. I
fichi d’india favoriscono la diuresi, riducendo il rischio di calcoli renali e
in alcuni casi addirittura favorendo l’eliminazione di quelli già presenti;
sono ricchissimi di antiossidanti, sostanze utili al nostro corpo per
combattere i radicali liberi e l’invecchiamento cellulare.
Con i prodotti ricavati
dalla pianta del ficodindia si possono preparare succhi, marmellate, gelati,
granite, sciroppi, frittelle, risotti e molto altro. Ottimo anche il gel
estratto dalle pale, da utilizzare non solo per uso interno ma anche da
applicare sulla pelle (come cicatrizzante e disinfettante), risultando essere
un vero e proprio cosmetico naturale; estratti di fichi d’india si utilizzano
anche per arricchire creme e shampoo, in quanto sembra che possano contribuire
ad una maggiore crescita dei capelli.
In Sicilia, a differenza
della Sardegna, il ficodindia e largamente utilizzato; le pale giovani,
opportunamente preparate, vengono panate e fritte, oppure spolverate con
zucchero impalpabile per essere servite come dessert. Possono anche essere
usate nella pasta fresca, dove le foglie disidratate vengono macinate e
addizionate all’impasto di farina e uova. Inoltre, prelevando dal cuore della
pala il gel verdognolo e trasparente contenuto al suo interno e aggiungendo a
questo alcuni pezzetti delle pale giovani, è possibile ottenere dei frullati
ricchi di sostanze benefiche e vitamine in grado di stimolare il sistema
immunitario: il ß-carotene, che il nostro corpo trasforma in Vitamina A, e i
flavonoidi che aiutano a proteggere la pelle, i polmoni e l’intestino; le
vitamine del complesso B, come tiamina, riboflavina, niacina, vitamina B6 e
acido pantotenico, sono invece essenziali per sostenere il metabolismo
cellulare e la produzione di enzimi nel nostro corpo.
Cari amici, anche in
Sardegna in passato (quando ero ragazzo) il ficodindia era un frutto ricercato,
dato che rappresentava un alimento base, dal quale si ricavavano marmellate, sapa
per i dolci e cibo per alimentare non solo la cucina di casa ma anche gli
animali da cortile (galline e maiali). Credo davvero che il ficodindia non
meriti di essere stato collocato nel dimenticatoio!
A domani.
Mario
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