Oristano 12 settembre 2021
Cari amici,
Con l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, il “made in Italy alimentare” ha subìto in
tempi brevissimi un forte crollo, stimato in oltre il 30 per cento. Con la
Brexit gli abitanti dell’Oltremanica stanno praticamente abbandonando la dieta
mediterranea, a causa del rialzo del costo dei prodotti. Le esportazioni di pasta
italiana sono calati di circa il 28 per cento, e, a seguire, la salsa di
pomodoro Made in Italy, l’olio extravergine di oliva, i formaggi e il vino.
L’analisi impietosa, fatta dalla Coldiretti fa presupporre preoccupazioni
addirittura crescenti.
L’abbandono della dieta
mediterranea da parte dei britannici non è certamente dovuta al mancato gradimento
per i nostri prodotti, che rimane alto, ma a pesare non poco sull’export
alimentare italiano nel Regno Unito, sono le difficoltà burocratiche e
amministrative sorte con l’uscita dall’UE; le criticità maggiori, osserva la
Coldiretti, «riguardano le procedure doganali e l’aumento dei costi di
trasporto dovuti a ritardi e ai maggiori controlli». Tali difficoltà mettono a
rischio i 3,4 miliardi di euro delle nostre esportazioni agroalimentari
Oltremanica.
Il Regno Unito si
classificava, prima della Brexit, al quarto posto tra i partner commerciali del
nostro Belpaese per cibo e bevande, subito dopo Germania, Francia e Stati Uniti;
ora sarà tutto da verificare che cosa cambierà nelle relazioni tra Italia e
Regno Unito. La Coldiretti, inoltre, sottolinea un’altra preoccupazione, non
legata strettamente alla Brexit: quella della contraffazione dei prodotti
alimentari. Da tempo un flusso sostitutivo di cibi e vini contraffatti, che imitano
malamente gli originali italiani, imperversa Oltremanica; il danno per l’Italia
è doppio, perché si perde un mercato e per di più si rovina la reputazione dei
nostri prodotti, visto che molti consumatori stranieri sono inconsapevoli e si
fanno una cattiva opinione dei prodotti scadenti che credono italiani. Ogni anno
nel mondo il falso Made in Italy fattura una somma enorme, circa 100 miliardi
di euro.
Cari amici, credo che gli
inglesi per primi abbiano constatato con grande tristezza il rincaro del
prodotto made in Italy, a cui da tempo si erano affezionati, data la loro
bontà. Fino all’uscita dalla Brexit a Londra ogni sabato mattina nella North
End Road, zona centrale di Londra ormai diventata multi-etnica, si potevano
contare file di venditori nel frequentato mercatino sempre affollato di gente.
C'era di tutto, dalla frutta e verdura a tanti altri prodotti alimentari. La
particolarità è che tutte le bancarelle funzionano allo stesso modo: si compra
a quantità fisse e prezzo fisso. Sopra i banconi ci sono ciotole tutte uguali,
ognuna contiene circa 1 kg di frutta o verdura, e ognuna costava 1 sterlina:
non importa se erano avocado egiziani, kiwi calabresi o mele italiane.
Dal giorno di Capodanno,
però, una pesante tegola è caduta sui clienti del mercatino: massaie, famiglie,
pensionati che vanno a fare la spesa low cost, hanno trovato ad attenderli
un'amara sorpresa: un bel pezzo di cartone con sopra il prezzo di ogni singolo cestino,
rigorosamente scritto a mano! Segnava 1,5 sterline. Se 50 pence in fondo sono
spiccioli e il costo rimane imbattibile rispetto a qualsiasi supermercato, è
comunque un rincaro del 50 per cento! Al mercatino di North End Road di Londra
c'è stata la fiammata di inflazione da Brexit più grossa d'Inghilterra.
Rincari, amici, tutti derivati
dalla Brexit, dall’uscita dall’Unione Europea. Il Belpaese era, come detto, uno
dei principali fornitori alimentari del Regno Unito: dai mercatini ai grandi
supermercati da Tesco a Sainsbury's. Le difficoltà, attese e previste per la
Brexit, con i controlli alla frontiera e i rallentamenti, per camion e treni,
hanno fatto crollare l'export alimentare italiano: -38,3 per cento. Il rincaro
della spesa è la conseguenza della difficoltà delle merci importate ad arrivare
nel Regno Unito. Il dato è stato calcolato dalla Coldiretti sulla base dei dati
Istat relativi al commercio estero nel mese di gennaio 2021, il primo dopo
l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea.
“I prodotti italiani più
esportati in Gran Bretagna – ha sottolineato la Coldiretti – sono nell’ordine
gli alimentari e i prodotti industriali, che pagano un conto salato alla Brexit, ma a diminuire
sono anche le importazioni in Italia da Oltremanica che si riducono addirittura
del 70,3% e riguardano soprattutto mezzi di trasporto, prodotti chimici, macchinari ed apparecchiature tecnologiche.
Dopo il vino, con il
prosecco in testa, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più
venduti in Gran Bretagna ci sono i derivati del pomodoro, ma rilevante è anche
il ruolo della pasta, dei formaggi, dei salumi, dell’olio d’oliva e il crescente flusso di
Grana Padano e Parmigiano Reggiano. “Una voce dell’export importante che – come sostiene la Coldiretti – rischia di essere messo a rischio dalle tensioni alle
frontiere che possono trasformarsi in ritardi, particolarmente dannosi
soprattutto per i prodotti deperibili come gli alimentari”.
Cari amici, il commercio internazionale si regge su equilibri spesso difficili, basta poco per creare fratture poi difficilmente sanabili. La speranza è che vinca la bontà del nostro apprezzato made in Italy, e possa continuare a rappresentare, nel mondo, il meglio in campo alimentare.
A domani.
Mario
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