Oristano 13 luglio 2020
Cari amici,
C’è un verbo che stenta
ad affermarsi, nonostante una necessità non più rinviabile: “RICICLARE”.
Senza il recupero dei numerosissimi materiali che quotidianamente utilizziamo (una volta arrivati a fine vita),
se continuiamo a SPRECARE in modo indifferenziato, senza pensare a ciò che
perdiamo ed all'inquinamento che andiamo a creare, che ci piaccia o no stiamo avvelenando il mondo in
maniera irreversibile, e saremo costretti a vivere (non so ancora per quanto
tempo) su questa terra che assomiglierà più ad una pattumiera che ad un
giardino vivibile.
Su questo blog ho parlato
a lungo di questo problema, e, se per alcuni “scarti” il riciclo appare muoversi
nella giusta direzione, c’è un settore particolare di “rifiuti” che stenta più
di altri ad essere preso in seria considerazione, ed è quello dei rifiuti
elettrici ed elettronici, i così detti RAEE.
Rifiuti particolari, contenenti tra l’altro delle
materie prime preziosissime, gettate via con indifferenza in discarica, senza pensare
al recupero. Stando al “Global E-Waste Monitor 2020”, recentemente
pubblicato dalle Nazioni Unite, i numeri evidenziati sul mancato recupero
appaiono implacabili: addirittura sconcertanti!
Si, perché in tutto il
mondo nel 2019 sono stati prodotti complessivamente 53,6 milioni di tonnellate di
rifiuti elettronici (con un aumento del 21% in soli cinque anni), e di questa
montagna di rifiuti solamente il 17,4% (classificati come Raee) è stato
raccolto e riciclato, tutto il resto è finito in discarica. Una vera follia, se
pensiamo che questi “rifiuti” contengono oro, argento, rame, platino e altri
materiali recuperabili di alto valore, prudenzialmente valutati in oltre 57
miliardi di dollari! Una cifra davvero pazzesca, se pensiamo che è superiore al
PIL della maggior parte dei Paesi industrializzati. Eppure ogni raccomandazione,
fatta per stimolare il recupero, fino ad oggi e sempre caduta nel vuoto.
Inoltre, poiché la
produzione di materiale elettronico è in costante ascesa (si prevede che questi
rifiuti raggiungeranno 74 milioni di tonnellate entro il 2030), oltre alla
perdita ancora maggiore di materie prime di valore, è la sostenibilità
ambientale e sociale ad apparire sempre più minacciata. L’usa e getta è ormai
parte integrante del nostro DNA, e la voglia di nuovo, a prescindere dalla
funzionalità è sempre più in auge. Per esempio, un recente studio ha rivelato
che un televisore progettato per durare 25 anni viene sostituito in media dopo
poco più di 7 e che gli smartphone, seppure progettati per una vita di circa 2
anni, vengono cambiati molto prima, spesso prima di un anno.
L’analisi fatta dal
Global E-Waste (riportata da GreenReport.it) prima citata, ha spiegato che “i
rifiuti elettronici dell’anno scorso (2019) pesavano sostanzialmente più di
tutti gli adulti presenti in Europa, oppure come ben 350 navi da crociera delle
dimensioni della Queen Mary 2, insomma, abbastanza per formare una linea lunga
125 km"!
Doreen Bogdan-Martin,
direttore dell’Ufficio per lo sviluppo delle telecomunicazioni (International
Telecommunication Union - ITU), ha commentato gli ultimi risultati spiegando
che “Le quantità di rifiuti elettronici stanno aumentando 3 volte più
velocemente della popolazione mondiale e il 13% più velocemente del PIL
mondiale negli ultimi cinque anni. Questo forte aumento sta creando notevoli
pressioni ambientali e sanitarie, e dimostra l’urgenza di combinare la quarta
rivoluzione industriale con l’economia circolare.
Ecco altri dati preoccupanti rilevati
dal Global E-Waste Monitor 2020. Una corretta gestione dei rifiuti elettronici sarebbe
un importante aiuto per cercare di mitigare il riscaldamento globale; basti pensare che nel 2019,
circa 98 Mt di equivalenti di CO2 sono stati rilasciati nell’atmosfera
da frigoriferi e condizionatori d’aria scartati, contribuendo all’incirca allo
0,3 per cento delle emissioni globali di gas serra e, in termini pro capite, i
rifiuti elettronici scartati l’anno scorso sono stati in media di 7,3 kg per
ogni uomo, donna e bambino sulla Terra. Dati che davvero dovrebbero far riflettere.
Cari amici, un’ultima
considerazione. Nelle case degli europei, c’è un vero e proprio tesoro
nascosto. È costituito dagli smartphone “ibernati”, telefonini che non usiamo
più, ma che non buttiamo. Un tesoro sepolto in fondo ai cassetti, che, se
sfruttato, potrebbe far risparmiare all’Unione Europea oltre 1 miliardo di euro
l’anno, creando fino a 45 mila nuovi posti di lavoro ed evitando l’immissione
in atmosfera di 2 milioni di tonnellate di Co2 l’anno. Se fossero recuperati, infatti,
creerebbero grandi benefici, risparmiando come dicevamo prima l’estrazione di
ulteriori materie prime.
Si stima che a tutt'oggi
nell'UE ci siano almeno 700 milioni di dispositivi sepolti nei cassetti. In uno
scenario ipotetico, dove tutti questi cellulari dormienti venissero raccolti e
riciclati, si potrebbero recuperare circa 14.920 tonnellate tra oro, argento,
rame, palladio, cobalto e litio, un “pacchetto” del valore di oltre 1 miliardo
di euro. Tutte materie prime che oggi la UE è costretta ad importare, rimanendo
vittima delle fluttuazioni di mercato, dazi doganali e pressioni politiche.
Senza recupero e riciclo,
amici, continueremo ad inquinare il mondo in maniera irreversibile…
A domani.
Mario
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