Oristano
13 Marzo 2015
Cari amici,
il visitatore che, conoscendo
l’Egitto, tornasse dopo una trentina d’anni in quei luoghi, osservando lo
straordinario cambiamento avvenuto potrebbe solo pensare ad un incredibile
miracolo. Non è facile, infatti, osservando le vaste estensioni di verde
produttivo, capire come una zona desertica, inospitale, e per questo da tempo abbandonata
dall’uomo, fosse potuta tornare così fertile, abitabile e produttiva; toccare
con mano quella meravigliosa trasformazione, non può che lasciare l’osservatore
davvero di stucco!
Eppure tutto questo è avvenuto
grazie alla caparbietà e lungimiranza di un intelligente egiziano, Ibrahim Abouleish, medico e ingegnere, che
dopo 21 anni di studi e formazione europea, decise di ritornare in patria per dare
un futuro a quelle terre abbandonate. Il suo pensiero era quello di farle
risorgere, e per realizzarlo ha studiato e messo in atto un innovativo progetto
di agricoltura biodinamica, chiamato SEKEM
(che in arabo significa “vitalità del sole”), creando una straordinaria e avveniristica
azienda agricola che oggi da lavoro a migliaia di persone. La sua storia è
davvero interessante.
Ibrahim, figlio di un
industriale egiziano del Cairo, è un giovane di larghe vedute: nonostante le
perplessità dei genitori, riesce ad andare in Europa per compiere gli studi
universitari; si ferma in Austria, dove, dopo essere diventato un promettente
ricercatore scientifico, mette su famiglia. Nel 1975, rientrato in visita
familiare in Egitto, si rende brutalmente conto della situazione tragica in cui
versava il suo popolo. Le condizioni di vita erano disastrose da vari punti di
vista: assenza di istruzione, agricoltura devastata e sempre più desertificata,
grossi problemi di irrigazione, dopo la costruzione della diga di Assuan.
Colpito profondamente
da questa situazione, due anni dopo Abuleish prese la decisione di rientrare
con la sua famiglia in Egitto, dove pensava di mettere a frutto la sua
esperienza in campo agricolo. La sua idea era un po’ folle: costruire un’oasi
verde e coltivata in pieno deserto, funzionante e produttiva, tale da costituire
anche un esempio per altre iniziative
simili, in grado di migliorare la precaria situazione generale.
Le immense difficoltà
che dovette affrontare, furono superate con grande caparbietà, come possiamo
leggere nell’interessante libro reperibile anche in Italia e che porta il
titolo di “SEKEM, un’iniziativa
biodinamica, cambia il volto del deserto egiziano”.
E’ il 1977 l’anno del
suo rientro, e Abuleish, dopo aver acquistato settanta ettari di deserto dal Demanio,
a circa 80 chilometri dalla capitale egiziana, inizia la sua avventura scavando
i primi pozzi per l’acqua. Le difficoltà iniziali sono tantissime: nel
suo percorso a ostacoli ha dovuto lottare contro le diffidenze dei beduini e i
loro costumi ancestrali, contro le autorità, che non comprendevano come un
piano così audace potesse essere realizzato, contro i mass media, le banche
locali, le squadre di operai edili, gli sceicchi e gli Imam, che addirittura lo
accusavano di essere antislamico e adoratore del sole! Ma non si diede mai per
vinto. Nonostante
tutti questi impedimenti e avversità riuscì ad andare avanti, grazie anche al
contributo di numerosi scienziati e uomini di cultura provenienti da ogni parte
del pianeta che al progetto Sekem hanno non solo creduto ma voluto partecipare.
Oggi Sekem è una realtà
molto concreta, lussureggiante, in grado di alimentare una vera Comunità locale
e internazionale al tempo stesso. Una realtà costituita da 20 mila ettari di ex
deserto coltivati, 85 aziende agroalimentari, 10 mila lavoratori impiegati, in
larga percentuale musulmani, ma anche ebrei e cristiani. Di questi il 40 % sono
donne. Aziende, quelle operanti, che sono delle vere e proprie “imprese economiche”,
che comprendono orticoltura, produzione di cotone, agricoltura, trasformazione
di prodotti alimentari, industria tessile e anche produzione farmaceutica.
Produzione, quella
messa in atto, che segue un percorso rigorosamente
biologico e biodinamico. Col metodo biologico, ad esempio, vengono coltivate
erbe officinali che sono poi trasformate in fitopreparati. La popolazione che
opera in questo ex deserto, oggi “rinato a vita nuova”, è una vera e propria
Comunità: a Sekem ci sono scuole materne ed elementari e una di formazione
professionale che prepara operai specializzati. Al suo interno vengono anche
organizzati tirocini aziendali nelle diverse professioni e istituzioni
socio-culturali (compreso un teatro) per i collaboratori. L’interessante e riuscito
esperimento di Abuleish è stato premiato nel 2003 a livello internazionale: gli
è stato attribuito il Right Livelihood
Award, noto anche come premio Nobel Alternativo.
Cari amici, mi ha
entusiasmato molto il progetto Sekem: a me sembra un modello di Comunità
perfetta, dove alla base del suo funzionamento c’è la valorizzazione dell’Associazionismo,
che crea reciproca fiducia e condivisione; modello, come afferma lo stesso Abuleish,
di «un’economia
basata sulla fratellanza», come possiamo leggere nel libro prima citato
a pagina 135. Una evoluzione di non poco conto, se paragonata alle leggi
selvagge ed egoistiche del liberismo economico oggi dominante. Scorrere il
libro e vedere le foto a colori del deserto pietroso trasformato in giardino lussureggiante,
con le abitazioni, la scuola, il teatro, i laboratori ecc. fa veramente
riflettere!
“Lo sviluppo
sostenibile è una delle più grandi sfide che l’uomo deve affrontare”, afferma Abouleish nel suo libro, e aggiunge: “significa la creazione di
condizioni di vita oggi, che consentano ancora alle future generazioni di
vivere con dignità”. Poi conclude dicendo: “Bisogna tornare alla natura
per restituire speranza e dignità alle persone”.
Ciao! A domani.
Mario
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