Oristano 20 novembre 2025
Cari amici,
Viviamo in un'era ipertecnologica,
nella quale, in particolare il cellulare, sta sempre più fagocitando la
nostra mente, diventandone in buona parte il sostituto. Ciò, in realtà, sta
pericolosamente aumentando la dipendenza
da questo strumento tecnologico, arrivando a compromettere seriamente l’utilizzo
delle nostre capacità mentali. L’abitudine a ricorrere al nostro smartphone aumenta
giorno dopo giorno, e, in apparenza, ci gratifica, liberandoci dallo sforzo di impegnare
la nostra mente nelle diverse ricerche. Si, lo smartphone è progettato proprio per
essere accattivante e, in un certo senso, risultando soddisfacente.
Il nostro smartphone
ci accompagna notte e giorno. Ogni notifica, ogni "mi piace" su un
post, ogni messaggio ricevuto, innescano nel nostro cervello una piccola
scarica di dopamina, il neurotrasmettitore associato al piacere e alla
gratificazione. Questo meccanismo di ricompensa intermittente ci spinge a
controllare continuamente il telefono, creando un circolo vizioso che può facilmente
sfociare in una vera e propria dipendenza. Le conseguenze, però, non sono di
poco conto: alimentano il circolo vizioso della dopamina, mettendo a rischio la
nostra salute mentale.
I primi, pericolosi
sintomi sono l’ansia e stress. La costante necessità di essere online e di non
perdersi nulla (la famosa FOMO, Fear Of Missing Out) innesca il circuito
che ci crea ansia. L'idea di non avere il telefono a portata di mano, o di non
poter rispondere immediatamente a un messaggio, può provocare uno stato di
stress continuo. Che dire, poi, della nostra capacità di concentrazione: la
nostra attenzione, frammentata dalle continue notifiche, diventa meno profonda.
L'abitudine a passare rapidamente da un'app all'altra riduce la nostra capacità
di concentrazione su un singolo compito per lunghi periodi, con un impatto
negativo sulla produttività e sull'apprendimento.
Il celebre psichiatra VITTORINO
ANDREOLI, nel suo nuovo libro “Ciascun uomo può cambiare. Breviario
per riscoprire la nostra civiltà (edizioni Solferino)”, lancia un
appello urgente e visionario: recuperare i principi fondanti dell’umanesimo per
non perdere l’anima della nostra civiltà. Il suo è un dialogo intimo sul
cambiamento, la bellezza, la rabbia collettiva e il potere della fragilità: «Il
cervello va tenuto acceso, non in tasca. È il cellulare che va messo via. La
mente deve tornare a essere il centro dell’esistenza». Andreoli, da
buon psichiatra, sottolinea che il nostro straordinario cervello, non può e non
deve essere trascurato, messo da parte dall'uso continuo e smodato dello
smartphone; bisogna riportare la mente al centro dell'esistenza, invece di
delegare le funzioni a questo tecnologico dispositivo.
Amici, nel libro Andreoli
avverte che LO SMARTPHONE, erede del cellulare, rischia seriamente di
sostituire il nostro cervello, trasformandolo in uno strumento che memorizza e
calcola, ma non produce pensieri originali o sentimenti complessi. Iniziare la
giornata con l'uso dello smartphone, ad
esempio appena svegli, può sommergere il cervello con troppe informazioni
banali o stressanti, generando ansia e tecnostress. La sua presenza costante ci
disconnette dal mondo: Si rischia di vivere un'esperienza superficiale, basata
sulle emozioni mediate dal digitale, facendoci perdere la capacità di creare
legami affettivi profondi, ovvero i "sentimenti", che richiedono un
cervello che elabora e non solo reagisce agli stimoli.
Se, invece, riprendiamo
ad utilizzare seriamente il nostro cervello, ne ricaveremo grandi benefici: inizieremo
a riscoprire e coltivare le sue grandi capacità, attraverso la riflessione,
l'interazione e l'attività intellettuale, piuttosto che continuare ad affidarci
alla passività di un dispositivo elettronico pieno di notizie ma di certo senz’anima.
I principi su cui poggia la nostra identità umana (giustizia, bellezza, senso
del limite, rispetto della vita), con l’uso smodato della tecnologia stanno
scomparendo. E con essi, il nostro futuro.
Cari amici, il libro di
Vittorino Andreoli prima citato, è, anche a mio avviso, un’analisi
profondamente umana, non solo un saggio psicologico; insomma, è una vera
liturgia dell’esistenza: un percorso quotidiano per invitare a riconnetterci
con le radici dell’umanesimo, ritrovare orientamento, rieducarci, utilizzando
sempre il nostro immenso, inimitabile cervello, vera forza della nostra vita! Scrive
Andreoli nel libro: «L’idea è che ciascun uomo può cambiare, davvero. E
che la civiltà, se la vogliamo, può ancora rinascere. Ma dobbiamo tornare a
prenderci cura del pensiero, della parola, della relazione. Siamo nati per
essere grandi. Non c’è scritto da nessuna parte che dobbiamo rimpicciolirci.
Basta davvero poco: una scintilla, una lettura, un gesto. È da lì che si
comincia. Sempre». Parole sante, amici lettori!
A domani.
Mario








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