Oristano 22 novembre 2025
Cari amici,
La terra su cui viviamo,
vecchia di milioni di anni, nel corso della sua esistenza ha avuto non pochi
cambiamenti climatici. Anche nel lontano passato, si sono alternati cicli
naturali di riscaldamento e raffreddamento, con notevoli variazioni di clima. Ciò
dimostra che i “CAMBIAMENTI CLIMATICI” si ripetono nel tempo. Si, anche quelli
di oggi, che sono fonte di grande preoccupazione, stanno modificando in modo pericoloso
l’equilibrio prima esistente. Il cambiamento in corso, però, a detta degli
esperti, si sta verificando ad una velocità senza precedenti, con l'aumento
delle temperature globali e la concentrazione di gas serra ai massimi livelli
degli ultimi due milioni di anni, principalmente a causa delle attività umane.
In passato, così
affermano gli studiosi, intere civiltà scomparvero dalla faccia della terra
proprio a causa delle forti variazioni climatiche, incompatibili per il
proseguimento della vita nei luoghi fortemente colpiti dai cambiamenti, con
allagamenti, desertificazioni e altri cambiamenti insopportabili. Una delle grandi
civiltà che nel passato scomparve, per esempio, fu quella del popolo dei “MAYA”,
e le cause della loro scomparsa non sono mai state chiarite con certezza, anche
se, quasi sempre, le cause possono essere attribuite ai cambiamenti climatici.
Focalizzando l’attenzione
sui “MAYA”, un nuovo studio, pubblicato su Science Advances da un gruppo di
ricercatori statunitensi, messicani e britannici, guidati dall’University of
Cambridge, relativamente alla loro scomparsa, rilancia con forza un’ipotesi
già discussa negli anni ’90, ovvero che la causa principale che li fece
scomparire sia proprio da attribuire ai cambiamenti climatici avvenuti in quel
periodo. Quali le prove rinvenute dai ricercatori? Quelle trovate nascoste
nelle stalagmiti presenti sul fondo di un’antica grotta messicana.
Amici, capire le
motivazioni della fine della civiltà Maya, una delle più raffinate e potenti
del mondo antico, avvenuta fra l’871 e il 1021 d.C., è uno dei quesiti che per
lungo tempo hanno tormentato gli studiosi. Essi si sono a lungo domandati: perché
gli abitanti smisero improvvisamente di costruire i loro magnifici monumenti? E
perché le grandi città-stato disseminate nello Yucatán e nel Guatemala furono
progressivamente abbandonate, portando a un drastico calo della popolazione?
Lo studio prima
menzionato, pubblicato il 13 agosto su Science Advances, rilancia con forza proprio
l’ipotesi prima citata: che fu un importante “shock climatico" a portare
al collasso di quella grande civiltà. Oggi, infatti, si dà per certo, in base
ai ritrovamenti prima evidenziati, che a distruggere la civiltà dei Maya furono
proprio i terribili cambiamenti climatici, con l’arrivo di siccità prolungate,
ripetute e devastanti, che prima misero in difficoltà la popolazione, fino ad
infliggere il colpo di grazia che li fece quasi scomparire.
Il gruppo di ricerca e
studio, coordinato dal paleoclimatologo Daniel H. James del Godwin
Laboratory di Cambridge, per arrivare a questa certezza, ha esplorato meticolosamente
le GRUTAS TZABNAH, le antichissime grotte nella penisola messicana dello
Yucatán, poco distanti da importanti siti Maya come Chichén Itzá. Qui, nascosto
nelle viscere della roccia, hanno trovato uno straordinario archivio naturale
del clima passato: una stalagmite che ha conservato, strato dopo strato, le
tracce chimiche delle precipitazioni di secoli fa.
È noto che una stalagmite
si forma quando l’acqua che gocciola dal soffitto di una grotta deposita sul
pavimento i minerali in essa disciolti; lentamente ma inesorabilmente, con il
passare dei secoli, i minerali contenuti si accumulano, fino a formare grandi
strutture che s’innalzano dal basso verso l’alto, al contrario delle stalattiti
che pendono dalla volta delle grotte. Analizzando la stalagmite catalogata come
Tzab06-1, gli scienziati hanno scoperto delle vere e proprie “cicatrici
chimiche” lasciate dalle siccità. Al completamento dei
minuziosi studi, i dati analizzati dai ricercatori hanno evidenziato con
chiarezza che in meno di due secoli si erano verificati almeno otto periodi di
siccità estrema, ciascuno durato oltre 3 anni, con quello più lungo durato
addirittura 13 anni! Per i Maya fu una catastrofe! Per essi, dipendenti da
complessi sistemi idrici artificiali e da un’agricoltura strettamente legata al
ciclo delle piogge, questa sequenza eccezionalmente negativa fu un disastro. La
scarsità dei raccolti provocò carestie, malnutrizione, conflitti interni e
guerre per il controllo delle risorse residue, sconvolgendo pesantemente la
struttura sociale.
In una carestia così
accentuata, con il popolo che era in costante conflitto, le potenti élite
religiose e politiche, che fondavano il loro prestigio sulla capacità di
garantire ordine e prosperità, iniziarono a perdere credibilità e potenza. La
popolazione era arrivata oramai allo stremo, mentre il commercio si disgregava.
Dopo una iniziale resistenza, alla fine, con il popolo oramai alla fame, privato
anche del minimo sostentamento e in
presenza di una inesistente coesione sociale, le grandi città vennero
progressivamente abbandonate.
Cari amici, i MAYA, una
volta abbandonate le grandi città, cercarono nuova vita spostandosi altrove per
sopravvivere. Fu un lento sgretolamento della loro civiltà. La mancanza di una
valida soluzione agricola, oltre a quella di stabilità sociale ed economica,
portò, nel giro di pochi decenni, all'abbandono quasi totale delle grandi città
Maya tra il IX e il X secolo. Seppure non fu un'estinzione totale, la civiltà
Maya subì un forte, triste declino; i superstiti cercarono di salvare la loro
cultura trasferendosi in altre aree, in
particolare nella penisola dello Yucatan. Ma era ben poco, rispetto al loro
grande passato!
A domani.
Mario










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