Oristano 26 aprile 2025
Cari amici,
Nel mio post su questo
blog del 9 maggio del 2014, ho parlato a lungo dei “modi di dire”, delle
espressioni spesso taglienti che i sardi utilizzano nella loro particolare lingua. Chi è particolarmente
curioso può andare a leggere quanto scrissi allora cliccando sul seguente link:
http://amicomario.blogspot.com/2014/05/la-cultura-del-popolo-sardo-attraverso.html.
Si, in realtà la saggezza dei sardi la troviamo in una miriade di modi di dire,
proverbi (dicius), che riguardano tutte le manifestazioni della vita:
dall’amore all’odio, dalla religione alla vita quotidiana, dalle annate buone a
quelle cattive, dal rimpianto per non
aver colto un’occasione, alla troppa fretta nel fare le cose.
I proverbi sardi, i DICIUS, credo che siano nati per sintetizzare la passata esperienza dei nostri antenati e poterla così trasmettere
ai posteri: le brevi e spesso taglienti affermazioni contenute sono la
sintesi di un processo di vita, la risultante, a volte amara, di un errore da
non ripetere. Per testimoniare l'alto valore attribuito ai proverbi nella
civiltà isolana, il grande glottologo Giovanni Spano li raccolse, nel secolo
scorso, dalla viva voce del popolo e li pubblicò in appendice al suo
Vocabolario sardo-italiano. Egli sosteneva che: “Ogni proverbio è
un’avvertenza, è il maestro del presente e del futuro. E’ pure un conforto
nelle disgrazie, sentendosi naturalmente citare dagli amici per lenirle, o da
se stessi per rassegnarvisi…”.
Questa riflessione, come accennato prima, la feci
oltre DIECI (10) anni fa e la ripeto ancora oggi, evidenziando in modo particolare un detto
apparentemente semplice ma che in realtà non lo è: “SESI MANNU PO DE BADAS”. Questo detto, è di certo non riferito all’altezza fisica della persona in questione, ma alla sua scarsa “grandezza” interiore,
intesa questa come abilità, conoscenza di vita e capacità relazionale nei confronti degli altri.
Un’espressione, insomma, usata spesso per definire un soggetto poco capace, del quale, in
particolare, era necessario non doversi o potersi fidare.
Il sardo, amici, non è
solo una lingua complessa, è uno strumento, non certo fisico ma verbale, capace, all'occasione, di colpire, di tagliare come un coltello affilato (come una “LEPPA”),
utilizzato per definire, meglio ancora per scuotere, chi appare
inadatto alla mansione di cui la tagliente espressione parla. Un’arma
sicuramente efficace, che io considero un capolavoro di saggezza popolare,
intrecciata ad una sottile, ma affilatissima, ironia. Quello di cui voglio
parlare con Voi oggi, tagliente lo è proprio in modo forte, un detto che
avvilisce, che squalifica, che dà un serio voto di bocciatura, alla persona
definita “Mannu po de badas”.
Per i sardi, cari lettori, è stato un vero dramma la decisione presa dal Governo nazionale, di tagliare la lingua sarda per “imporre”
l’italiano! Lo si è fatto con la forza, fin dagli inizi del secolo scorso, vietando sia nelle scuole che
nella Pubblica Amministrazione l’uso del sardo. Oggi, sono pochissimi quelli
appartenenti alle nuove generazioni che conoscono bene la lingua sarda. Un
errore che noi sardi stiamo pagando alquanto caro! I giovani di oggi credo che
non si rendano conto della perdita di questo patrimonio, della nostra identità, che sta andando in
malora, Per loro, ormai, risulta davvero difficile comprendere la fine ironia della nostra amata lingua, con i suoi DICIUS, tra cui proprio il detto “Sesi mannu po de badas”!
Chi di loro, magari per caso, scoprirà questo detto, non faticherà troppo a intuirne il significato: la traduzione, infatti, è quasi
matematica: mannu vuol dire “grande”, po de badas significa “invano” o “per
niente”, per cui, tradotto alla lettera, il detto identifica qualcuno che è
“grande per niente”, ovvero invano! Ecco, qui arriva la stoccata: il proverbio viene usato per
descrivere persone – quasi sempre uomini, ma la parità di genere nell’ironia
sarda è ancora in discussione – che sfoggiano un fisico imponente, magari due
spalle larghe come un armadio a quattro ante, ma che, ahimè, non brillano
esattamente per arguzia!
Cari amici lettori, nella nostra amata lingua sarda il soggetto così classificato, a fronte di una prestante presenza
fisica, appare sì un gigante, ma solo in altezza e robustezza! Un quintale di
muscoli, certo, ma incapace di qualsiasi altra valida mansione da affidargli! Il
soggetto “Mannu po de badas” è, insomma, un’accozzaglia di muscoli, un mulo
forzuto, ma incapace di progettare e realizzare un’azione valida e positiva. Che
peccato che la lingua sarda sia quasi diventata una lingua perduta! In questo
ruvido detto la lingua sarda, intrisa di una millenaria cultura, evidenzia tutto il suo valore: l’essere
una vera “Leppa tagliente”, capace di colpire, col suo bonario cinismo, anche
se espresso con un ironico sorriso!
A domani.
Mario
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