Oristano 30 luglio 2021
Cari amici,
I risparmiatori che nel
1986 sottoscrissero dei Buoni Fruttiferi presso gli sportelli delle
Poste Italiane, oggi si trovano nella condizione di vedere stracciato il contratto
sottoscritto, e ad incassare gli interessi sul proprio risparmio “dimezzati”.
Come chiaramente appare, si tratta di una “modifica unilaterale” degli accordi presi
a suo tempo sui tassi di rendimento. Questo fatto increscioso ha portato
migliaia di risparmiatori a non veder riconosciuto, dopo trent’anni, il diritto
di ricevere quanto pattuito all’origine, e le Poste Italiane sono ora sott’accusa,
tanto che Il caso è arrivato in Parlamento, portato dalla deputata Lucia Scanu.
“Si parla anche di svariate migliaia di euro”, ha precisato la parlamentare.
L’intervento dell’Onorevole
Scanu è avvenuto dopo la presa di posizione sul “Taglio degli interessi”
portata avanti dall’Adiconsum Sardegna, rappresentata da Giorgio Vargiu, con la
presentazione di un’interrogazione al Ministro dell’Economia e delle Finanze
Daniele Franco per fare chiarezza sulle questioni legate ai buoni fruttiferi
postali emessi da Poste Italiane dal 1986 e sottoscritti dai risparmiatori.
La Scanu ha chiesto “di
conoscere quali iniziative il Ministero intenda adottare per far sì che Poste
Italiane riprenda a rispettare le decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario
e, più in generale, atteso l’orientamento univoco, riconosca gli interessi
stabiliti per i buoni fruttiferi della serie Q/P per gli anni dal 21° al 30°
senza costringere gli investitori a ricorrere all’ABF e ai tribunali ordinari”.
Il problema , spinoso e controverso,
nasce dal Decreto Ministeriale, il numero 148 del 1986, che stabilì che la nuova
serie di buoni postali fruttiferi, denominata dalla lettera progressiva Q, avesse,
praticamente dimezzati, i tassi di rendimento, prevedendone l’estensione anche a
tutte le serie precedenti, Come ha precisato la deputata Scanu, “Secondo quanto
si evince dal parere della Corte Costituzionale tale disposizione
rappresenterebbe un ragionevole bilanciamento tra la tutela del risparmio e
un’esigenza di contenimento della spesa pubblica e la Cassazione con sentenza
n. 3963/2019 aveva escluso che Poste debba restituire i differenziali di
interessi relativi ai buoni emessi prima del 1.7.1986”.
Tuttavia per una
particolare serie, ossia quella denominata Q/P emessa tra il luglio del 1986 e
il 1995, Poste Italiane, per adeguarsi al nuovo corso, avrebbe dovuto stampare
dei nuovi buoni, con nuovi tassi e nuovi rendimenti; invece non lo fece,
riadattando i vecchi buoni della serie P con l’apposizione di un timbro indicante
i nuovi rendimenti; solo che, come hanno fatto rilevare le associazioni dei consumatori,
questa operazione è stata fatta male.
In molti casi, infatti,
Poste Italiane non ha timbrato i vecchi buoni, oppure la maggior parte delle
volte il timbro ha modificato solo la rendita dei primi venti anni, lasciando
immutata quella dal ventunesimo al trentesimo, e così, alla scadenza dei
trent’anni, Poste Italiane ha riconosciuto gli importi previsti dal decreto
1986, mentre i risparmiatori pretendevano che per gli ultimi dieci anni fossero
riconosciute le rendite stabilite dalla normativa precedente e indicate nei
buoni fruttiferi”.
Secondo quanto riferito
dalla parlamentare oristanese “sono migliaia i ricorsi che l’Arbitro bancario
finanziario riceve ogni anno in merito a questa problematica, ma il parere
dell’ABF non è vincolante, per questo motivo molti risparmiatori si sono
rivolti ai tribunali ordinari, dove i giudici hanno confermato l’orientamento
degli Arbitri bancari finanziari: per gli ultimi dieci anni i sottoscrittori
hanno diritto a ottenere i frutti stabiliti dalla legge pre-1986”.
Cari amici, come molti di
Voi sanno, ho trascorso la mia vita lavorativa facendo il manager bancario. Credo,
dunque, di capire bene il problema. Nel rapporto finanziario, quello che c’è
scritto vale sempre, sia che si tratti di interessi da riconoscere o interessi
da incassare. Nel caso in parola, a prescindere dal Decreto Ministeriale del
1986, c’è da dire che la Cassazione con la sentenza 6430 del 2016 ha stabilito
che ha più valore ciò che è scritto sul buono rispetto a quanto dettato da un
decreto ministeriale, soprattutto perché i risparmiatori non hanno avuto regolare
avviso, riguardo al cambiamento peggiorativo delle condizioni.
Insomma, la regola che
dovremmo sempre rispettare è che “Le regole del gioco non si cambiano a
gioco iniziato”.
A domani.
Mario
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