L'ITALIA NELLE SPIRE DELLA BUROCRAZIA |
Oristano 25 luglio 2021
Cari amici,
Ho sempre conosciuto, fin
da quando ero ragazzo (quindi vi parlo di oltre 50 anni fa), una burocrazia
fatta di potere e inefficienza, incapace ed elefantiaca, avvezza a vessare il cittadino, anziché cercare di dare servizio. In molte epoche politici di diversa
estrazione provarono a modificare questo sistema di potere, dannoso e facile
alla corruzione, ma senza ottenere risultati; hanno provato, di qualsiasi
colore politico fossero, a riempirsi la bocca con la parola “Semplificazione”, ma
credo senza speranza, agendo forse senza troppa convinzione, visto che col
passare del tempo poco o niente si è riusciti a modificare.
Oggi come ieri i tentavi
continuano, e il termine “Semplificazione” è il tema più ricorrente nei dibattiti
elettorali, istituzionali ed economici, ma i risultati a quanto pare ancora
mancano. C’è certamente un problema di fondo: la forte resistenza delle lobby
di potere all’interno della PA a conservare i poteri di accoglimento o di veto,
rifiutando di accettare una semplificazione, che avrebbe eliminato la loro elefantiaca,
perversa e dispersiva macchina burocratico-legislativa italiana.
Ai più appare scontato che se in tutto questo tempo la burocrazia è rimasta
arroccata nel suo dorato castello, le colpe fossero quelle evidenziate e che non
ci sia rimedio possibile.
Tuttavia, anche quando il Minotauro-macchina
burocratico-legislativa appare così forte e apparentemente invincibile,
bisogna assolutamente trovare un Teseo che riesca a sconfiggerlo! Operazione
a dir poco necessaria e improrogabile, in quanto la sua permanenza è capace di allontanare l’Italia
dalla competizione europea e mondiale; continuare a tenere vivo e oliato questo
perverso meccanismo, porta principale della corruzione, della scarsa
competitività del sistema produttivo-Italia, e della ormai più che crescente,
intollerabile insofferenza da parte dei cittadino verso questo Stato
burocratico ed elefantiaco, farà fallire il sistema Italia.
Amici, tutto quello che
si è tentato finora (pochissime le riforme realmente varate) non ha prodotto
che gocce in un mare; leggi rivelatesi superflue, decreti “Sblocca Italia” e
molto altro, che in pratica poco o nulla hanno inciso sullo status quo. Eppure
i futuro dell’Italia e di tutti noi italiani, se vogliamo stare al passo con
gli altri Paesi, è solo uno: liberarci di questo cancro e arrivare quanto prima
possibile alla “Semplificazione”. Semplificazione intesa in
tutti i campi della Pubblica Amministrazione, compreso “il digitale”, che in
Italia presenta carenze davvero profonde. Siamo un Paese dove le infrastrutture tecnologiche sono assolutamente insufficienti, in quanto ovunque è ampiamente presente il digital divide. I vantaggi, d’altro
canto, dello strumento digitale sono elevatissimi, tanto che non occorre
enumerarli, così come le potenzialità di sviluppo dei servizi e dell’economia
in ambito digitale.
Come scrive Gisella
Finocchiaro in un suo articolo apparso il 13 maggio del 2020 sul portale
del nuovo Osservatorio Riparte l’Italia, “per semplificare non basta
il machete, ci vorrebbe un caterpillar”! Proprio durante il Lockdown è emersa
prepotentemente l’esigenza di semplificazione. Per sopperire e rimediare, molto
è stato realizzato con norme “in deroga”, quasi che applicare le norme
ordinarie rendesse impossibile il raggiungimento di quell’obiettivo per il
quale le stesse norme erano state prefigurate! E questo è accaduto anche nel
digitale, per esempio con il decreto liquidità che ha introdotto
semplificazioni per la forma scritta, a partire dai contratti bancari. L’emergenza è stata
l’occasione per cercare di semplificare, ma per raggiungere lo scopo in via
definitiva è necessario rivoluzionare l’intero apparato burocratico, dove per
avere un qualsiasi ok, sono necessarie troppe firme di troppi responsabili di
uffici che si combattono a vicenda per dimostrare il loro effimero potere.
Si, amici, alla rigidità
dello strumento si aggiunge la naturale ritrosia del burocrate ad abbondonare
modelli di comportamento e abitudini consolidate da tempo immemorabile. Lo
sanno bene quelli che hanno frequenti contatti con la Pubblica Amministrazione
quanto siano deleterie le procedure inutilmente complesse e farraginose, con la
richiesta di quintali di documenti che potrebbero essere evitati se le varie
branche della strutture pubbliche dialogassero tra di loro. Nessuno vuole dismettere
prassi seguite per anni in tutte le varie branche pubbliche.
È necessario, amici, un
nuovo approccio corretto è più funzionale, il cosiddetto “functional approach”,
ma funzionerebbe, però, solo se ci fosse la capacità di accantonare la prassi,
superare l’abitudine consolidata al “sedare mota et quieta non movere”. Occorre
rimuovere gli ostacoli di ordine culturale che rendono l’applicazione delle
norme inutilmente complicata e semplificare le norme che rendono le procedure
inutilmente complesse. Tutto ciò, in particolare, con l’avvento massiccio del
digitale nella pubblica amministrazione. Fino ad oggi il legislatore ha spesso
richiesto più garanzie formali nel digitale di quante non ne richiedesse
nell’analogico, anche per una certa diffidenza verso il nuovo. Cercando di
imparare dall’emergenza, non è forse ora di cambiare approccio?
Cari amici, è tempo di svecchiare
l’ottocentesca burocrazia che avviluppa l’Italia come un cancro. La semplificazione consentirebbe un passo
verso il nuovo, una competizione alla pari con gli altri Stati e un antidoto
alla corruzione, sempre imperante. Ora occorre, senza perdere ulteriore tempo,
semplificare, sia nell’analogico che nel digitale. Ciò richiede un investimento
nell’educazione e nella consapevolezza dei nuovi burocrati. Il rischio,
altrimenti, è quello di creare o addirittura di consolidare una nuova
burocrazia che continuerebbe ad avallare il detto di Tomasi di Lampedusa: “Cambiare
tutto per non cambiare nulla”.
A domani.
Mario
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