Oristano 14 novembre 2020
Cari amici,
Miniere e minatori, sono
strutture e figure che, ormai è luogo comune, appartengono al passato. Il minatore, figura in auge fino al secolo scorso, oggi costituisce un semplice ricordo del passato, da leggere sui libri. Le miniere, con gallerie insicure, gabbie con i
cardellini per le fughe di gas, luoghi invasi da facce sporche, carrelli pesanti, ascensori
malsicuri per scendere nelle viscere della terra, sono solo un lontano ricordo. La
Sardegna, e l’Iglesiente in particolare, sanno bene tutto questo, perché l'attività estrattiva per oltre un secolo è stata praticamente l’unica industria presente in quel territorio. Poi, lentamente ma inesorabilmente, tutto questo cessò, facendo diventare quel territorio un deserto privo di lavoro e quelle miniere luoghi di
archeologia industriale.
Si, amici, l’attività estrattiva col passare del tempo è diventata obsoleta un po' ovunque e oggi sembra qualcosa che appartiene al passato, buona solo
per essere raccontata alle generazioni successive, ma a quanto pare non è ancora detta l'ultima parola. Se da
un lato la chiusura delle miniere fu decretata proprio per la salvaguardia
ambientale, per avere un mondo più green, oggi la necessaria strada verso la
sostenibilità ha ribaltato quel concetto di chiusura precedente, per una motivazione
molto seria, che addirittura appare urgente e necessaria: la ricerca di materie prime e
terre rare, indispensabili per la transizione energetica e la lotta al
cambiamento climatico. Insomma, a quanto pare, l’industria estrattiva non ha
ancora esaurito la sua funzione.
La figura del minatore
tornerà dunque in auge, perché l’abbandono da parte dei Paesi occidentali dell’estrazione
mineraria (quindi anche delle terre rare che sono presenti un po’ dappertutto)
ha creato nel mondo un forte e potente monopolio: quello della Cina. Questa
nazione dagli occhi a mandorla ha continuato imperterrita le estrazioni
minerarie, e ora Pechino sui prodotti pregiati estratti ha stabilito un controllo
ferreo, come nel caso dei metalli rari; da notare che questa potenza è oggi il
più grande produttore di 18 minerali critici, e quasi monopolista (più del 70%
del mercato) di altri cinque, tra cui le terre rare.
La recente notizia dell’introduzione
da parte di Pechino di una nuova legge per il controllo sulle esportazioni in
nome della sicurezza nazionale, ha immediatamente allertato sia l’UE che gli
USA. Il pericolo percepito è che la Cina possa, per motivazioni interne e in
risposta alle mosse effettuate dell’amministrazione Trump, decretare severe
limitazioni o addirittura un vero e proprio embargo sulle esportazioni delle
terre rare e di altri importanti metalli, essendo oggi praticamente monopolista
di molti di questi. La preoccupazione è grande e la corsa ad uscire dalla pericolosa
dipendenza cinese è subito iniziata, dando vita ad un nuovo capitolo di forte
competizione internazionale in campo minerario, che ha preso il via sia in Europa che negli Stati Uniti,
impegnati a svincolarsi dalla pericolosa e inaffidabile dipendenza dalla Cina e
dalla rete delle sue supply chain: quella sui metalli rari, necessari per la
manifattura di prodotti cruciali per la transizione energetica e digitale.
In Europa si lavora già
alacremente. L'Europa ha costante bisogno di terre rare ed è decisa a dire
basta alla totale dipendenza dalla Cina. Ed ecco la decisione presa: entro il
2025 si tornerà a scavare, pronti a riconvertire le miniere dove prima si
estraeva il carbone. Maroš Šefčovič, Commissario UE per le relazioni
inter-istituzionali e le prospettive strategiche, che coordina il lavoro
sull’Alleanza europea per le batterie, in un’intervista per Euractiv.com, ha così
commentato: “Oggi in Europa ci sono circa 200.000 persone esperte nell’industria
mineraria del carbone, e alcune delle competenze nell’estrazione del carbone
potrebbero davvero risultare molto utili per queste nuove industrie estrattive”.
Šefčovič ha spiegato che
le progettualità più avanzate sono quelli relativi al litio “perché iniziate
prima”. Ma ora l’obiettivo numero uno dell’Alleanza europea per le materie
prime è quello di concentrarsi sulle terre rare e sui magneti. I perché sono
semplici e drammatici insieme: “Le terre rare sono assolutamente fondamentali
per l’energia solare ed eolica, ma anche per i motori elettrici e quasi tutti
gli ecosistemi digitali. Saranno il primo punto focale. E quando si tratta di
permessi, investimenti o ricerca e innovazione, e strumenti finanziari, stiamo
mettendo in atto tutte queste diverse cose”, ha ribadito Šefčovič.
Cari amici, le dipendenze
dalle strutture monopolistiche sono sempre altamente pericolose: lo sono sempre state, e oggi la
dipendenza da un Paese come la Cina risulta effettivamente di grande
rischiosità. Nel frattempo, si può comunque mettere mano al riciclo. Anche in
questo campo da parte della Commissione UE c’è “grande attenzione
all’estrazione mineraria urbana”. Se si raccogliessero tutti i vecchi cellulari
che abbiamo nei cassetti, si potrebbero costruire quattro milioni di batterie
per auto solo con il cobalto. C’è anche un enorme potenziale con i rifiuti
elettronici; ogni anno, l’UE genera circa 9,9 milioni di tonnellate di rifiuti
di apparecchiature elettriche ed elettroniche, mentre circa il 30% viene
raccolto e riciclato. Ma il recupero di materie prime da questi rifiuti
elettronici è inferiore all’1% perché non disponiamo della tecnologia e dei
processi industriali necessari. L’Europa è pronta a finanziare la ricerca e l’innovazione
per sviluppare questi processi.
Se son rose fioriranno, e
potrà raggiungersi quell’auspicata indipendenza, sganciandoci dalle pericolose
forniture del monopolio cinese.
A domani.
Mario
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