Oristano
27 Luglio 2015
Cari amici,
il trasmettere agli
altri, da parte dell’uomo, la sintesi degli avvenimenti del suo vissuto e di
quello della Comunità di appartenenza, in sintesi il raccontare, in particolare
alle nuove generazioni, gli avvenimenti del passato, risale certamente alle
sue origini. Raccontare, inizialmente in via orale, era un modo di “trasmettere il
sapere”, di far sapere ai figli le gesta dei padri. Era un modo di trasmettere “Virtute
e canoscenza”, usando le parole di Dante (Inferno, Canto 26°), e gli esempi non
mancano: dai papiri della civiltà egizia ai racconti di Omero, dalle favole per
bambini ai fumetti per piccoli e grandi (Topolino, Tex e Diabolik, tanto per
fare un esempio), da Carosello a Facebook.
La tecnica orale del
narrare era stata adottata dall’uomo ben prima della nascita
della scrittura. Nella “preistoria”, quando le Comunità erano ancora dei
piccoli clan, il narratore era solitamente una persona anziana molto influente,
come il saggio del villaggio o il sacerdote; nelle Comunità sarde dell’interno,
ad esempio, poteva essere “su Prob'homine”, il saggio mediatore dei conflitti,
che godeva di potere e rispetto da parte degli altri membri del clan. Il
racconto, normalmente riferito agli avvenimenti buoni o cattivi della Comunità (azioni
di caccia o difesa del territorio, oppure sgarri o vendette), era un modo per
rinsaldare l’amicizia e la coesione tra i diversi membri della Comunità.
Col passare del tempo,
con la scrittura prima ed i libri poi, i racconti si sono evoluti, riportando e
archiviando il pensiero di uomini illustri, particolarmente capaci e colti,
diventando un vero e proprio deposito culturale. Di generazione in generazione
la comunicazione storica dei fatti ha continuato la sua veloce evoluzione,
utilizzando mezzi e sistemi mai prima immaginati. Dai libri e dalle rappresentazioni
teatrali si è passati alle opere musicali, al cinema, alla radio e alla
televisione, per arrivare poi ad Internet ed al rivoluzionario mondo digitale.
Questo salto evolutivo
ha fatto sì che i nuovi modi di comunicare, dalla cultura fine a se stessa si
siano spostati anche sul filone commerciale, utilizzando la
narrazione-comunicazione anche a scopo di marketing pubblicitario. L’evoluzione
narrativa, quindi, sfruttando l’abitudine dell’uomo ad utilizzare “le storie”
per migliorare la conoscenza, ha portato il vecchio racconto del “C’era
una volta…” a trasformarsi anche in potente veicolo commerciale di
propaganda di vendita. Proprio questo ‘moderno raccontare’ in stile commerciale
ha preso il nome di “Storytelling”.
Storytelling è una
parola formata da due sillabe di origine inglese (story e telling), e
letteralmente il termine può esser tradotto in italiano con le espressioni:
raccontare una storia, comunicazione narrativa o anche comunicazione creativa. Lo
storytelling è dunque l'atto del narrare, disciplina questa che usa i principi
della retorica e della narratologia. Nella sostanza, è questa una tecnica di
comunicazione commerciale che consiste nel raccontare
una storia per attirare l’attenzione di uno specifico pubblico, veicolandogli,
attraverso il racconto, un messaggio diretto a stimolare un desiderio e creare, nel destinatario del messaggio, persuasione
e piacere all’acquisto.
Nell'era della
Globalizzazione, dove la concorrenza è ormai senza frontiera alcuna, l’azienda
deve saper comunicare correttamente il proprio messaggio di vendita, ai fini
della produttività e del successo dell'azienda stessa; il messaggio deve essere
capace di “attrarre” meglio di quello degli altri, evitando che i più furbi,
anche se meno capaci, possano scavalcare, in gradimento e vendite, il
potenziale aziendale. Lo storytelling messo in atto da qualsiasi azienda deve
partire dall’utilizzo di due principi fondamentali: la creazione di una storia,
compatibile con il prodotto reclamizzato, e in grado di farlo distinguere dalla
massa dei prodotti concorrenti; deve, inoltre, essere capace di creare nel
consumatore del pathos emotivo,
attivando nel soggetto quella sensibilità culturale che fa “promuovere” il
prodotto e l’azienda che lo crea, collocando entrambi i soggetti ai vertici del
proprio gradimento.
Quale, dunque, il
potere delle storie (quindi dello Storytelling) nell'era del content
marketing? Non sempre è necessario che la storia debba obbligatoriamente avere
un lieto fine: l’elemento importante è invece un altro: il fatto che riesca ad
accrescere l’attenzione dell’utente verso il prodotto reclamizzato, e,
soprattutto, che egli abbia la percezione di autenticità del messaggio. La componente emotiva positiva è essenziale:
essa assicura al brand aziendale una posizione di spicco nella mente e nel
cuore del consumatore, fidelizzandolo e portandolo sempre di più dalla sua
parte.
Il percorso storico del
racconto, dunque, si è evoluto: ingrandendosi e trasformandosi, diventando una
vera e propria “testa d’ariete” anche nella comunicazione d’impresa. Tutto
questo è avvenuto quando i responsabili del marketing aziendale hanno capito
che il grande pubblico dei consumatori, più che gioire della elencazione matematica
dei grandi numeri (molto di Voi ricorderanno quando le réclame si basavano sul
numero dei pezzi venduti), sarebbe stato emotivamente più coinvolto dal
racconto di adeguate storie compatibili. Un esempio eclatante, ad esempio, fu lo
straordinario discorso pronunciato nel Giugno del 2005 da Steve Jobs
all’Università di Stanford; il fondatore della Apple in quell’occasione più che
di numeri parlò di formazione, di amore e di abbandono, di malattia e
guarigione, riuscendo a coinvolgere in modo fortemente emotivo il pubblico presente.
Cari amici, in
conclusione possiamo dire che l’uomo, più che dall’aridità dei numeri, è
stimolato dalla forza dei sentimenti, dal richiamo del cuore verso i valori
universalmente condivisi; valori capaci
di influenzarlo e di condizionarlo, anche nella pratica commerciale. Ecco il
motivo per cui le storie del “C’era una
volta…” sono entrate prepotentemente nel grande marketing strategico del
Terzo Millennio.
Come dice una celebre
frase di Muriel Rukeyser, poetessa e attivista statunitense (1913/1980), “L’universo
non è fatto di atomi, ma di piccole storie”.
Grazie, amici, a domani.
Mario
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