Oristano
3 Luglio 2015
Cari amici,
ho già avuto modo di
parlare su questo blog del pericoloso inquinamento dei mari e degli oceani (chi
è curioso può andare a leggersi la mia riflessione del 14 Marzo di quest’anno).
In quell’articolo ricordavo che un recente studio dell’American Association for
the Advancement of Science (AAAS), aveva calcolato che finivano
in mare ogni anno, a causa della sconsiderata gestione dei rifiuti, circa 8
milioni di tonnellate di spazzatura, soprattutto plastica. E’ impressionante la
quantità di quest’ultimo prodotto che ogni anno si riversa, attraverso l’apporto
dei fiumi e la navigazione, in mare: gli oceani, ormai, ospitano addirittura
delle immense isole galleggianti di plastica! Danno doppiamente deprecabile, perché
la plastica, anziché essere riciclata e trasformata in risorsa, risulta invece un pericoloso
inquinante di lunga durata, un terribile pericolo per la sopravvivenza delle
varie specie. Gli scienziati hanno da tempo lanciato l’allarme.
I fondali del mar
Mediterraneo sono diventati una vera e
propria discarica di rifiuti, dove c’è di tutto: bottiglie e sacchetti di
plastica, reti da pesca, metalli arrugginiti, vetro, carta, ceramica e molto
altro. Recentemente un Team Internazionale di scienziati e ricercatori dell’Università
delle Azzorre, ha effettuato una ricerca (tra mar Mediterraneo,
Atlantico ed Artico), che ha appurato come sui fondali marini, in particolare
nel Mediterraneo, è presente un’altissima concentrazione di rifiuti, suscettibile
di creare danni non solo all’ambiente ma anche di incidere negativamente sulla
sopravvivenza di molte specie animali e vegetali che abitano nelle profondità marine.
Una situazione
drammatica quella rilevata, che interessa una superficie molto ampia, interessando
sia le zone costiere che quelle a grande distanza dalla costa ed a profondità
variabili tra i 35 e i 4.500 metri. In alcuni punti, spiegano gli scienziati,
sono stati estratti più rifiuti che biomassa. I rifiuti presenti nei fondali
del nostro Mediterraneo, tra l’altro, non sono costituiti solo da residui di
plastica, vetro e metalli: vi sarebbero anche depositi di scorie di ogni tipo, depositate
negli anni, come ad esempio i residui di carbone bruciato dai battelli del
XVIII secolo, che si è accumulato formando enormi depositi. La causa
dell’ingente ammasso dei rifiuti, sempre secondo gli esperti, è da ricercarsi
nei cosiddetti canyon sottomarini, che veicolano per mezzo delle correnti i
rifiuti, creando dei particolari canali che spingono l’immondizia in profondità,
incanalandola fino a 4.500 metri!
Nonostante i ripetuti moniti
sui pericoli ambientali sempre più concreti, un’inarrestabile catena di
rifiuti, costituita da pneumatici, elettrodomestici, fusti, rottami ferrosi e
plastica di ogni tipo continua ad essere riversata in mare. Sui nostri
bagnasciuga, dopo le mareggiate dell’inverno, possiamo ammirarne, durante le
nostre passeggiate primaverili, un discreto campionario: in media si trovano 17
rifiuti ogni 100 metri quadri. I curiosi possono sbizzarrirsi e fare l’elenco:
bottiglie, tappi, secchi rotti di plastica, stoviglie e migliaia di mozziconi
di sigaretta che, abbandonati sulla sabbia, non si disfano mica in poco tempo.
Molti rifiuti, soprattutto plastici, galleggiano nell’acqua, pronti a
riprendere la via del largo, spinti dalle correnti.
La plastica, comunque, continua
a farla da padrona, con una percentuale che sfiora il 90%. Giorgio Zampetti,
responsabile scientifico di Legambiente, così commenta: «La grande quantità di rifiuti
che abbiamo trovato lungo il nostro viaggio rende l’idea di quello che
nascondono i fondali marini. I rifiuti galleggianti costituiscono solo una
minima parte del problema: si stima che il 70% dei rifiuti che entra
nell’ecosistema marino affondi».
I danni che i rifiuti generano
nell’ecosistema marino sono ingentissimi, a cominciare dalla fauna. Tartarughe marine,
uccelli e mammiferi possono restare intrappolati, o morire per soffocamento e
complicazioni dovute all’ingestione accidentale di oggetti scambiati per cibo.
Inoltre il microlitter, le particelle di plastica di dimensioni inferiori ai
cinque millimetri che restano in sospensione a varie profondità, costituiscono
un pericolo mortale per la fauna marina, in quanto vengono ingerite molto
facilmente senza che l’animale se ne accorga. I pesci predatori, poi, possono
scambiare buste o altri oggetti fluttuanti con le prede, restando soffocati.
Nel Mediterraneo occidentale, l’ingestione di rifiuti causa la morte del 79,6%
delle tartarughe marine.
Cari amici, nonostante
gli appelli delle Associazioni e Organizzazioni volte alla tutela dell’ambiente
e le campagne di sensibilizzazione (per esempio la Giornata della Terra,
celebrata il 22 Aprile di ogni anno), la situazione appare sempre più critica. Il
mare nel giro di un secolo è diventato una grande discarica a cielo aperto: basti
pensare, l’ho detto altre volte e lo ripeto, che nell’Oceano Pacifico, tra le
Hawaii e la California, c’è il Pacific
Trash Vortex, un’isola galleggiante di spazzatura grande quanto il Texas.
Fare pulizia di questo
enorme letamaio non sarà facile ma è urgente: un’operazione da studiare e
portare a termine in gran fretta! Gli oltre 8 i milioni di tonnellate di
materiali di ogni genere che l’uomo scarica ogni anno nei mari del mondo, continuando
di questo passo, porteranno l’ecosistema alla rovina. Le generazioni future
saranno, per nostra colpa, a rischio. Quello scaricato nei mari è un enorme
scrigno di immondizia che lasciamo in eredità alle nuove generazioni.
A
ben pensare non è esattamente un tesoro in fondo al mare!
Ciao, a domani.
Mario
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