Oristano
17 Luglio 2015
Cari amici,
con la riflessione di
oggi, destinata all’Accidia, settimo
vizio capitale, termina l’analisi dei Vizi e delle Virtù, che ho voluto fare
con Voi su questo blog. A ben pensare questa chiacchierata ha messo in luce che
in effetti gli anni passano, così come i secoli ed i millenni, ma i vizi dell’uomo
non sono assolutamente spariti dalla faccia della terra! Anzi, alcuni, sotto certi
aspetti sono addirittura peggiorati. In effetti l’uomo è un essere vulnerabile
e difficilmente riuscirà mai a raggiungere la perfezione. Detto questo, ecco a
Voi ora la mia riflessione su quest’ultimo vizio: l’Accidia.
Nell'antica Grecia il
termine acedia (ἀκηδία) stava ad
indicare negligenza, indifferenza. Insomma, tradotto in pratica, il suo significato
esprime inattività, “mancanza di interesse”, ovvero il rifiuto, nei confronti
del mondo che ci circonda. Inattività sicuramente derivata, in chi ne è
colpito, dalla paura di affrontare la vita, restando inerte di fronte alle
prove che essa riserva, e incapace di affrontarla. Questo rinchiudersi nella
più totale inattività altro non è che la fuga da se stessi: restando
indifferenti, negligenti, abbattuti e scoraggiati, di fronte alle avversità
della vita.
L'uomo accidioso,
rifiutando di combattere, non riesce a padroneggiare la propria vita; le umane
vicende gli scivolano addosso senza reazione alcuna, quasi non lo
interessassero. Di fronte agli impegni, anche i più importanti, egli si arrende
senza svolgere il compito affidatogli, che sembra ergersi di fronte a lui
insuperabile, come la parete di una montagna. L’accidia, cari amici, è una vera
e propria pigrizia mentale, che porta l’uomo a percepire un profondo senso di
vuoto; nella sua mente albergano la noia e la svogliatezza, oltre ad una
incapacità di concentrazione mista a spossatezza e ansia. Egli vive la propria vita
privo di un vero punto di riferimento: gli manca un polo di attrazione che indichi
il giusto scopo da raggiungere! Egli vive la sua esistenza come sospeso in un
vuoto senza fine.
Chi è colpito dall’accidia,
pur sforzandosi, resta pigro, lento nell’attendere ai doveri familiari, trascurando
tutto e tutti, in preda ad un torpore mentale senza confini. L’accidia può essere anche definita “il disinteresse
per il presente e la mancanza di prospettive per il futuro”. Usando una
metafora potremmo paragonare l’accidioso all’anoressico, persona questa che, per
essere sempre “alla moda”, non mangia, quindi rifiuta in toto il cibo! Si,
il paragone è calzante, perché come esiste l’inappetenza fisica esiste anche quella mentale,
spirituale, qual è, appunto, l’accidia.
Come potremmo, in modo
figurato, definire l’accidia oggi? Semplicemente con l’immagine di un soggetto
che sbadiglia. Uno sbadiglio, in effetti, potrebbe essere la sua icona. Credo proprio di
si, perché lo sbadiglio rappresenta bene gli accidiosi: tutti quei soggetti
pigri, quelli che ciondolano in giro tutto il santo giorno senza combinare
niente, senza impegnarsi in nulla, colpiti da noia mortale! Un vizio, l’accidia,
più pericoloso degli altri sei, perché in apparenza pur sembrando vago e
indefinibile, sostanzialmente non lo è. Esso esprime un forte disagio
esistenziale, spesso anche contagioso. Un tempo l’Acedia era definita “il demone del mezzogiorno”, che
tentava nell’ora più calda i monaci delle prime comunità in Egitto. Oggi, in
Occidente, l’accidia è il demone notturno che minaccia ciascuno di noi col suo
vuoto, con la visione deformata e inappagante dello spazio che ci circonda.
Questo settimo vizio
capitale può anche essere definito “Malattia
della psiche e dell’anima”, perché rende incapaci di lavorare,
concentrarsi, stare al proprio posto. Vizio che fa sentire chi ne è colpito,
come schiacciato dalle situazioni. Oggi nel mondo moderno l’ossessivo modo di
vivere, compulsivo e iperattivo, genera grande insoddisfazione e sconforto,
costringendo il soggetto poco combattivo, debole, al rifiuto alla partecipazione. Oggi nessuno teoricamente risulta
immune dall’accidia: tutti siamo a rischio, schiacciati dall’angoscia della
vita moderna, fatta di vita compulsiva; ansia e angoscia create dai frenetici ritmi quotidiani, dallo zapping, dai
social network, dai messaggini o, ossessivamente, dall’ultima email o dal cellulare che squilla in continuazione.
In questo caotico
vivere moderno, alla fine ad assalirci è il vuoto interiore: magari inizialmente
sotto forma di malinconia, ma che si tramuta presto in sconforto; sintomo
quest’ultimo che ci nega la possibilità di vedere quanto di buono e di positivo
c'è intorno a noi, portandoci, invece verso il negativismo e il pessimismo. L'insoddisfazione
diventa allora il nostro pane quotidiano, impedendoci di affrontare la vita con grinta, arrendendoci insomma, e ipotecando
anche ogni futura possibilità di miglioramento.
Quali, allora, le
soluzioni per combattere l'accidia? Una sicuramente quella di ritrovare in noi stessi il
giusto equilibrio, la discrezione e la moderazione, che ci permetterebbero di dare “linfa
nuova” alla nostra vita, consentendoci di affrontarla senza paura. Si tratta, in
sintesi, di ritrovare quella giusta saggezza che mette in evidenza i propri
limiti ma anche le proprie risorse, permettendoci un reale dominio di noi stessi. Per
combattere l'accidia, insomma, bisogna ritrovare uno scopo e riprendere gusto a "vivere la vita",
quella unica e meravigliosa che il Signore, quando siamo nati, ci ha regalato.
Cari amici, al termine
di queste riflessioni con Voi sui vizi e sulle virtù, mi corre l’obbligo di
ringraziarvi tutti per l’attenzione che avete voluto dedicarmi. Abbiamo ripassato
insieme i valori delle virtù e i disvalori dei vizi (4 le virtù, 7 i vizi),
rivedendone pregi e difetti. Nella mia arroganza Vi proporrei di aggiungerne
uno di vizio: molto in auge in questo Terzo Millennio imperante: quello dell’Indifferenza!
Cercherò, presto, di
fare con Voi una chiacchierata anche su questo moderno “vizio”!
A domani.
Mario
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