sabato, settembre 05, 2020

TATUAGGI. COSA SPINGE LE PERSONE A TATUARSI? COSA SI CELA DIETRO QUESTO BISOGNO CHE APPARE SEMPRE PIÙ DIFFUSO?


Tatuaggi
Oristano 5 settembre 2020
Cari amici,
Sempre più persone si tatuano, lo possiamo constatare ogni giorno. Dietro a questo desiderio, che appare un vero e proprio bisogno, non c’è età che tenga: la diffusione ha contagiato tutte le età. I tatuaggi non sono un’invenzione moderna ma hanno origini antichissime e la scelta di tatuarsi, che risulta in costante aumento, è certamente motivata da un bisogno interiore, da un forte richiamo di natura psicologica, tanto da poter parlare di una vera e propria "Psicologia del tatuaggio".
Il tatuaggio nasce in epoca remota, usato da popolazioni antichissime. Anche la “Mummia di Similaun”, trovata tra i ghiacci delle Alpi nei primi anni ’90 e che ha un'età di circa 5.300 anni, né riportava uno sulla schiena. 
Il termine tatuaggio deriva da “ta-tau”, che in polinesiano significa “segno sulla pelle”. Nelle popolazioni primitive, tatuarsi costituiva un segno di integrazione sociale; presso i Maori della Nuova Zelanda tatuarsi il viso era un segno di distinzione, di rango. Il disegno, chiamato “moko”, rendeva l'individuo unico e inconfondibile, come le impronte digitali. In Europa la moda del tatuarsi fu introdotta nel Settecento, portata dall'esploratore inglese James Cook di ritorno da uno dei suoi leggendari viaggi nei Mari del Sud.
Col passare del tempo e il progredire delle civiltà, il tatuaggio venne relegato ad un ruolo marginale, nel senso che il tatuaggio divenne quasi un’esclusiva dei malavitosi, dei carcerati, delle prostitute e dei militari. Nel 1800 i tatuaggi erano considerati un segno inequivocabile dell'essere un soggetto 'fuori dal comune', ovvero un criminale o un deviante. Poi le mode cambiano e ciò che era considerato prima un segno di “devianza” diventò invece un segno positivo, gradito e significativo, tanto che la sua diffusione divenne sempre più massiccia, diventando un fenomeno di massa. 
Secondo una stima recente il 38 percento degli adulti, di età compresa tra 18 e 29 anni, ha almeno un tatuaggio.
Gli studiosi del comportamento umano si sono chiesti perché in una società tecnologica come la nostra, dove il cambiamento è costante e sempre più veloce (si cambia casa, lavoro e partner con estrema facilità), sentiamo invece il bisogno di lasciarci segni indelebili sulla pelle. La risposta che viene offerta dagli studiosi è che il tatuaggio abbia ripreso la sua funzione originaria: quella svolta nelle antiche società tribali, anche se reinterpretata secondo i nostri codici culturali; oggi il tatuaggio viene usato per abbellirsi, comunicare, come segno di appartenenza a un gruppo e anche per esorcizzare le paure.
Si, in realtà è possibile che la molla che spinge l’individuo a desiderare un tatuaggio sia quella di volersi distinguere da tutti gli altri; insomma, il bisogno di riaffermare a livello visivo la propria diversità, il fatto di essere un soggetto unico e diverso, rispetto alla massa “uniforme” che lo circonda. In questo modo la sua identità personale viene esibita dal tatuaggio, che “porta fuori” qualcosa che ha il piacere di evidenziare; insomma un modo di esteriorizzare il proprio modo di essere davanti agli altri.
Diverse, ovviamente, le motivazioni che portano a tatuarsi in base all’età. Gli over 40 che ricorrono al tatuaggio, infatti, lo fanno per motivi completamente diversi rispetto a quelle dei giovanissimi. Per gli adolescenti, il tatuaggio può essere un modo per affermare una personalità ancora in via di costruzione, mentre per un adulto, che invece già possiede una personalità ben strutturata, la scelta risponde al desiderio di fermare il tempo ad un momento della vita in cui è ancora possibile trasgredire.
Un’altra valida considerazione è questa. Mentre una volta chi si tatuava lo faceva per dimostrare grande sicurezza in sé stesso e disinteresse per il giudizio altrui, oggi, in particolare i ragazzi, scelgono il tatuaggio per esorcizzare la paura, l'insicurezza e la solitudine. Non a caso, in una società dove la famiglia e le comunità tradizionali sono in crisi, i segni tribali sono tra i preferiti. Anche la posizione del tatuaggio ha la sua importanza. Un tatuaggio collocato in una zona del corpo ben visibile, dà al disegno una sorta di dimensione pubblica; al contrario, quello disegnato nelle zone nascoste del corpo, risulta più riservato, da mostrare solo ai più intimi.
Anche le scelte delle zone da tatuare sono “diverse”, a seconda del sesso. Gli uomini preferiscono la schiena, la spalla e il braccio (più il destro). Le donne, la caviglia e il polso, adatti ai disegni più piccoli come fiori, rondini o delfini, che sono i prediletti dal sesso femminile. Il soggetto più tatuato in assoluto è il drago, punto di incontro tra cultura orientale e occidentale; secondo gli psicologi il drago è la metafora della forza originaria e generatrice, testimonia il desiderio di affermazione di chi lo porta. Esiste anche nella sua versione “minimalista”, la lucertola, che rimanda a un'immagine di sé più contenuta e controllata. Sempre in tema di rettili, anche il serpente è molto utilizzato e rappresenterebbe un simbolo fallico.
Cari amici, vedere oggi una persona con uno o più tatuaggi è un’esperienza abbastanza comune. Personalmente credo che, come in tutte le cose, c’è sempre un ritorno al passato, seppure rivisto e corretto secondo i nuovi canoni della vita comunitaria. 
Ancora oggi, quindi, così come nelle società antiche, alla base del tatuaggio c’è la volontà di comunicare al mondo la propria personalità; nei giovani il messaggio dato dal tatuaggio è quello di essere entrati nella prima maturità ai 18 anni, comunicando l’uscita dall'adolescenza; mentre negli adulti il tatuaggio denota il bisogno di distinguersi dalla massa informe circostante, che annulla le distinzioni e fa omologazione.
A domani.
Mario


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