Oristano 15 settembre 2020
Cari amici,
Di recente un
interessante articolo apparso su “La Civiltà Cattolica” ha affrontato un
problema importante: quello sullo stato della ‘condizione femminile’
nei conventi, dove le suore, quel grande esercito di donne consacrate, vive una
vita monacale di completa dedizione a Dio; sono le suore, quelle donne che, dopo
aver abbandonato la vita laica e gli affetti familiari, si sono rinchiuse in
convento, lasciando il mondo e i suoi richiami. I conventi sono ‘Un mondo
ampio e variegato’, costituito da tante Congregazioni, che ha resistito ai
secoli e che ancora oggi risulta abbastanza numeroso, con la presenza di vocazioni,
ancora superiori a quelle dei preti, i ‘consacrati’ al maschile.
L’autorevole rivista dei Gesuiti,
interessante e qualificata voce che qualche volta esce anche fuori dal coro, ha
deciso per la prima volta di affrontare un tema tanto spinoso: lo stato delle
donne professe all’interno della Chiesa. Oggi, nel Terzo Millennio, questo
grande esercito femminile, composto di donne che hanno deciso di consacrare la
loro vita a Dio mettendosi al servizio del Vangelo e abbandonando gli affetti
terreni, godono della giusta dignità e hanno riconosciuti i loro diritti? In
realtà no.
Questo numeroso e
variegato mondo, fatto di donne dedite in toto al servizio della Chiesa, oggi
può essere considerato un “gigante dai piedi d’argilla”. Le suore, considerate ‘un
ibrido’, soggetti consacrati subordinati però al mondo maschile (quello dei
sacerdoti), sono tuttavia molto apprezzate all’esterno, a volte ammirate ma
anche compatite; Tanti le ricordano come antiche maestre dei primi anni di vita
o delicate presenze negli ospedali. Taluni le rimpiangono come angeli che non
si lamentano mai, altri invece le considerano manipolatrici di anziani e
sfortunati di ogni genere e di ogni età, magari per convincerli a cedere alla
Chiesa il loro patrimonio.
Se all’inizio le suore, abbandonando
il mondo e scegliendo di amare Dio, rinunciando in questo modo al matrimonio e
alla possibilità di avere propri figli per esercitare una maternità universale
forte e disinteressata, hanno rappresentato nei secoli passati un’anticipazione
dell’emancipazione femminile, per altri versi questa ‘emancipazione è
sempre rimasta una chimera; questo per il principale motivo che gli uomini di
chiesa, seppure consacrati anch’essi a Dio, hanno sempre inteso conservare i
loro privilegi rispetto alle donne, abusando in vario modo del loro potere.
Senza voler calcare la
mano sul problema dell’abuso sessuale (che esiste), c’è da prendere atto,
comunque, che non poche suore sono utilizzate come vere ‘donne di servizio’ dagli
ecclesiastici, che negano loro, spesso, l’accesso alla cultura, alla
specializzazione professionale per tutte e non soltanto per alcune, a
discrezione dei superiori o delle superiore. Già, perché gli abusi di matrice
maschile verso le suore ci sono sempre stati, e mica solo da parte del potere
maschile.
A creare subordinazione, sudditanza
a queste donne consacrate, con soprusi di ogni genere, sono anche le loro Superiore
Generali. L’articolo di Civiltà Cattolica ha cercato di mettere in luce proprio
gli abusi di autorità che si consumano all’interno degli ordini e congregazioni
femminili, dove non di rado capita che sia la relativa Superiora Generale ad esercitare
un potere assoluto, assurdo e alienante. Questo mondo di donne consacrate è
rimasto per secoli nell’ombra, venendo in parte alla luce solo con il Concilio
Vaticano II, che dispose per ogni ordine e congregazione, maschile e femminile,
un rinnovamento profondo sia spirituale che culturale per rispondere alle sfide
dei tempi nuovi.
Eppure, finora poco è cambiato.
L’aggiornamento richiesto dal Concilio è stato in parte ostacolato e in parte
ignorato specialmente negli Istituti femminili, che potevano vantare il più
alto numero di aderenti. Le statistiche ufficiali della Chiesa hanno sempre
documentato cifre doppie per le suore rispetto al numero dei preti. Ma ora le
diminuite vocazioni femminili, gli abbandoni, le crisi di identità che colpiscono
molte suore, hanno di fatto dimezzato il numero delle suore. Per frenare
l’emorragia non basta una ristrutturazione superficiale della vita consacrata
femminile, ma ci vuole una svolta profonda.
Si deve a Papa Francesco
un tentativo importante per cercare di portare a termine il vero rinnovamento
della vita consacrata femminile, per la quale occorre applicare l’invito del
Vangelo a non mettere vino nuovo in otri vecchi. Mettere ordine e
giustizia nei meccanismi di comando previsti è un passo necessario per
imprimere una svolta reale, ha ribadito il Papa.
Cari amici, La Civiltà
Cattolica, ha messo il dito su una piaga dolente che la Chiesa deve
assolutamente curare. Anche in campo femminile le vocazioni languono e gli abbandono
della vita religiosa aumentano, creando in queste donne votate a Dio ulteriori
sofferenze difficile da guarire. Il cardinale João Braz de Aviz, Prefetto
della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita
apostolica, parlando della tragica condizione in cui vengono a trovarsi queste
religiose, ha confermato che in molti casi, quando esse dopo le angherie subite
decidono di lasciare, non solo non hanno ricevuto alcun aiuto, ma si è
addirittura cercato di impedire loro di trovare una sistemazione. Il problema è
diventato così grave che “Papa Francesco ha deciso di costruire una casa
per coloro che, soprattutto straniere, non hanno un posto dove andare”.
È tempo che anche la
Chiesa dia alle donne la dovuta, giusta dignità, riconoscendo loro quei diritti
inalienabili che spettano indistintamente a tutti.
A domani, amici.
Mario
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