Gli italiani e il fisco...
Oristano 10 settembre 2020
Cari amici,
Che il nostro fisco sia
altamente iniquo, è una realtà che è così chiara e lampante che non vi è
bisogno di affermarlo. Ma l’iniquità, come ben sappiamo, porta diverse conseguenze
negative, tra cui la più importante è certamente l’evasione. A dimostrarlo
bastano le statistiche: negli ultimi venti anni, dal 2000 al 2019, il fisco ha
cercato di recuperare oltre mille miliardi di imposte evase, ma
nonostante i perversi meccanismi messi in atto per il recupero, solo il 13,3%
di questa montagna di soldi si è recuperata, arrivando poi nelle casse dello
Stato.
A rendere pubblici gli
ultimi dati è stata la Corte dei Conti, che utilizzando i dati dell'Agenzia
delle entrate-Riscossione, l'ex Equitalia, ha evidenziato un tasso di recupero ancora
modesto, seppure più elevato che negli anni passati. La cronistoria evidenzia:
un recupero del 28% registrato nel 2000, fino a scendere al 4,97% e all'1,88%
del 2018 e del 2019. Percentuali certo troppo basse, ma anche influenzate dai
meccanismi di rateazione introdotti dal Governo negli ultimi anni.
Focalizzando l’analisi sull’ultimo
quinquennio, si vedono dei progressi, seppure modesti: la quota riscossa passa
dal 10,8% del 2010-14 al 12,5% del 2015-19. E non per tutti è uguale: sale dal
7,7 al 9% per i ruoli fiscali, dal 21,9 al 25,5% per quelli dell’Inps e rimane
al 30,5% per i tributi di Comuni e Regioni.
L’analisi statistica ha messo
in luce che il recupero delle imposte evase, per dolo, errore o necessità, negli
ultimi 20 anni (fino al 2019) (pari come detto ad un ammontare di oltre mille
miliardi di euro), alla fine è stato del solo al 13,3% di detto importo. Punto
particolarmente dolente il fatto che le cartelle superiori ai 100 mila euro
hanno avuto una percentuale di incasso reale che si ferma appena al 2,7%.
Nella relazione della
Corte si legge: «Si deduce che verso i contribuenti più importanti si
riscuotono mediamente 2.700 euro per ogni 100mila iscritti a ruolo». Non
solo: dell’immenso importo di imposte ancora da incassare, che ammonta precisamente
a 954 miliardi di euro, tra imprese fallite, contribuenti morti e nullatenenti,
solo 79,6 miliardi risulterebbero effettivamente recuperabili. Questo sta a
significare che vi è un’urgente necessità di mettere mano ad una seria riforma
del fisco.
Si, amici, un Fisco che
fa fatica a recuperare quanto dovuto, dimostra la necessità dell’avvio in tempi
brevi di una vera riforma. Il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto
Maria Ruffini, in un’intervista recente ha proposto di riscrivere le regole per
«sfrondare» una giungla normativa: «Innanzitutto bisogna fare 5 testi
unici per riunire organicamente una materia immensa, di cui nemmeno gli esperti
conoscono i confini. Non si conosce neppure con esattezza il numero delle leggi
in materia fiscale oggi in vigore: dovrebbero essere circa 800».
Fino a che non venga
emanata una seria riforma risulta difficile parlare di riduzione del prelievo
fiscale, anche se nei progetti sul tavolo del Tesoro circola l’idea di un
meccanismo che potrebbe favorire i redditi medi. E sulla necessità di una urgente
riforma fiscale insistono associazioni datoriali e sindacali.
Cari amici, un fisco
iniquo non facilità certo la lealtà fiscale, ma invita all’evasione. Anche i
vari tentativi fatti finora non sono riusciti a scalfire l'enorme mole di
imposte evase; non sono bastate né le sanatorie degli ultimi anni né i 5,7
milioni di avvisi e gli 1,8 milioni di solleciti spediti ai contribuenti. Alle
intimazioni nel 2019 si sono aggiunti anche 429 mila pignoramenti e 270 mila
fermi amministrativi; le cosiddette ganasce fiscali l'anno scorso sono
triplicate rispetto ai 12 mesi precedenti, mentre i pignoramenti sono aumentati
di oltre il 40%. Ma nonostante tutta questa guerra, gli sforzi del fisco non
sono serviti a diminuire l’immenso stock di tributi rimasti da incassare.
Credo che ora, con le
ulteriori grandi difficoltà create da Coronavirus, il compito per il nostro
fisco stia diventando sempre più arduo!
A domani.
Mario
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