Oristano 23 agosto 2024
Cari amici,
C’è in giro la
convinzione che lo “STREET FOOD” sia un veloce modo moderno di mangiare,
originato da una vita frenetica, condotta in alienanti città dove si vive
sempre di corsa, col cuore in gola, carichi di stress! Un pasto veloce, senza godere di quella
naturale “pausa pranzo” casalinga, che in precedenza consentiva di condurre una
vita che noi oggi, con invidia, consideriamo “al rallentatore”. Invece, il così
detto Street Food non è assolutamente un’invenzione moderna, ma affonda le sue
radici addirittura nel Medioevo. Questa bella storia l’ho scoperta su Internet,
grazie ad un articolo scritto da Antonio Maria Guerra.
Antonio Maria Guerra,
food & wine writer, cuoco e sommelier AIS (Associazione Italiana
Sommelier) è un grande cultore dell’alimentazione, profondamente convinto che
il cibo sia una forma d'arte, vera e propria espressione creativa; cura con
attenzione il suo sito personale di cultura enogastronomica, che costituisce il
compendio delle sue conoscenze e passioni. Sul “pezzo” che ho avuto il piacere
di leggere, tornando indietro nel tempo, per la precisione al Trecento –
Quattrocento, Antonio parla di un particolare cibo da strada, il “LAMPREDOTTO”,
costituito da un panino farcito con interiora di bovino.
Indubbiamente il LAMPREDOTTO
è una preparazione povera, ma non per questo poco gustosa. Una specialità
squisita, seppure sinonimo di grande povertà. Di certo un’alimentazione ben
diversa dalle magnifiche tavole imbandite dalle classi nobili dell’epoca, specchio
una società in cui il ceto più abbiente poteva permettersi banchetti fastosi,
impreziositi da prelibatezze di ogni tipo, mentre quello più povero doveva
arrangiarsi con gli scarti. Necessità che, però, alimentarono la fantasia del
popolino che riuscì a realizzare ricette povere ma di gusto.
Fu proprio questa
necessità alimentare a portare allo sviluppo della lavorazione delle interiora
bovine, tra le quali il cosiddetto abomaso: il principale ingrediente del LAMPREDOTTO.
Numerose testimonianze attestano la vendita di quest’ultimo presso i mercati
fiorentini già nel Medioevo, epoca in cui, come già detto, erano soprattutto
gli strati più umili della popolazione a mangiarlo. Una curiosità: sembrerebbe,
anche se non esistono certezze in merito, che il nome lampredotto fu coniato
proprio in quel periodo, quando la pietanza divenne il sostituto economico
della lampreda, un pesce che, allora, era presente anche nell’Arno e non
mancava mai dalla tavola dei nobili.
A confezionare questi
panini ben farciti con le interiora erano i “TRIPPAI”, veri e propri
“artigiani del gusto”, che con grande sensibilità ed esperienza, riuscivano a
soddisfare le esigenze del popolino, in modo eccellente. I Trippai divennero dei
professionisti importanti, tanto che nel Quattrocento venne costituita la loro
corporazione. Essi, si muovevano a Firenze spingendo dei semplici carretti di
legno, attrezzati per servire il pubblico. Non di rado il mestiere veniva
trasmesso da padre in figlio, dando vita ad una tradizione che perdura ancora
oggi, anche se i carri sono stati sostituiti da piccole strutture, i cosiddetti
banchini.
A noi, curiosi
protagonisti del Terzo Millennio, viene da chiederci: Come avveniva la
preparazione del lampredotto? A spiegarlo è stato Orazio, titolare (di quarta
generazione) del Trippaio Del Porcellino, in attività fin dal 1893 e
situato in pieno centro cittadino. Si comincia con la cottura della carne in un
brodo vegetale a base di sedano, carote e cipolla. A parte viene preparato un
soffritto al quale, una volta dorato, sono aggiunti progressivamente vino
rosso, bietola (per la variante “in zimino”), il lampredotto bollito ed infine
del pomodoro. Quando il composto è finalmente cotto, lo si serve all’interno
del tipico panino morbido di forma tonda, il “Semelle”. Non di rado capita che
il tutto sia ulteriormente insaporito grazie all’aggiunta della tradizionale
salsa verde toscana, realizzata con abbondante prezzemolo, mollica di pane
raffermo, uova, aglio, acciughe, aceto (e/o limone), olio di oliva, sale e pepe.
Cari amici, oggi, come
conferma Orazio, grazie al passa parola ed ai social, in tanti vogliono provare
il Lampredotto, rendendolo di fatto un simbolo della gastronomia locale.
Insomma, il Lampredotto, ben prima che fosse coniato il termine STREET FOOD,
contribuì a sfamare generazioni di fiorentini, che gustavano con grande piacere
un panino farcito con le interiora di bovino. Una preparazione povera, ma non
per questo poco gustosa! Il Presente, non dimentichiamolo mai, affonda le sue
radici nel passato!
A domani.
Mario
1 commento:
È SEMPLICEMENTE MERAVIGLIOSO
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