sabato, ottobre 29, 2022

LO STRESS CI STA TRASFORMANDO IN ROBOT SENZA GIOIA E VITA PRIVATA! POSSIAMO, TUTTAVIA, ANCHE RALLENTARE, CALMARCI, USANDO IL “QUIET QUITTING”.


Oristano 29 ottobre 2022

Cari amici,

La vita lavorativa moderna sta diventando ogni giorno più stressante. Oramai si lavora a ritmi incessanti, senza pause, con orari altamente flessibili, che comprendono festivi e ore notturne, oltre a reperibilità sette giorni su sette. Da anni ormai ci hanno convinto che il futuro passa dal progresso, e la realizzazione di questo comporta sacrifici che dobbiamo affrontare sacrificando tutto: famiglia, hobby e tempo libero, diventando in questo modo schiavi del lavoro senza alternative, ovvero, come dei robot: esseri umani che vivono per lavorare, anziché lavorare per vivere. Ma, se non vogliamo continuare su questa strada alienante, un rimedio c’è.

Un nuovo, particolare approccio al lavoro, è quello raccomandato dai Paesi anglosassoni, dove quella che pareva una semplice tendenza social, si è presto trasformata in realtà: un nuovo approccio al lavoro che è stato definito “Zeitgeist”, ovvero spirito dei tempi.  è un nuovo approccio al lavoro che insegna a disinnescare, lasciar correre l’impegno stressante, a non sovraccaricare, a respirare senza affanno. La risultante di questo nuovo comportamento nel lavoro è stata chiamata “QUIET QUITTING”.

Questo Quiet quitting, termine inglese che tradotto in italiano significa “abbandono silenzioso”, altro non è che l'antidoto al “BURNOUT” (altro termine inglese che tradotto in italiano significa “bruciato”, “scoppiato”, “esaurito”), ovvero colpito da esaurimento professionale. il nuovo approccio al lavoro suggerito, il Quiet Quitting, sta rivoluzionando la precedente cultura del lavoro. Ora, dopo due anni di pandemia, una guerra, il caro vita, l'inflazione e i venti di burrasca che la crisi energetica promette di scatenare già da questo inverno, la cultura del lavoro e del sacrificio a tutti i costi non esercita più quell'irresistibile fascino di un tempo.

Dopo decenni in cui pareva che il futuro dovesse coincidere necessariamente con il progresso, ora che anche la globalizzazione ha dimostrato la propria fallibilità e si preparano nuovi equilibri mondiali, la sensazione di imponderabilità prevale su tutto. Che fare allora? Riflettere sulla nuova situazione e cercare di ridimensionare il proprio impegno. Ridimensionarlo correggendo il convincimento che il nostro lavoro sia l’unico elemento che stabilisce il nostro valore personale. Allora che fare? Dare corpo al “QUIET QUITTING”, iniziando a ritirarci lentamente dal superlavoro.

Insomma, in parole povere, "Non certo abbandonare completamente il lavoro”, ma "quel di più", che sta diventando sempre più pesante, sempre più coinvolgente, allontanandoci da affetti, hobby e impegno sociale. Insomma, ridare valore a sé stessi, come persone e non come macchine di produzione! Arrivare a questa consapevolezza significa aver raggiunto la convinzione che nessuno dovrebbe spingersi al burnout per un salario, di qualsiasi importo sia, che causa stress o preoccupazione personale, riducendoci a semplici macchine produttive. Capire, insomma che il gioco non vale la candela!

Il fenomeno del Quiet quitting, come spiega il professor Anthony Klotz, docente associato presso la School of Management dell'Università del College di Londra, in realtà è sempre esistito, con la differenza che un tempo si chiamava coasting e consisteva nel limitarsi a timbrare il cartellino, facendo dentro-fuori dal lavoro all'esatto orario di entrata e uscita, niente straordinari, niente preoccupazioni. "Sebbene il problema attuale riguardi una generazione alquanto diversa - sostiene il professore – le nuove dinamiche, le recenti tendenze si ricollegano, seppure con nomi diversi, alle precedenti forme di disimpegno, abbandono, ritiro".

"Stiamo assistendo a un momento di ridefinizione delle priorità con l'abbandono silenzioso: la riduzione del lavoro nella vita delle persone per fare spazio alla famiglia, agli amici e agli hobby” - afferma con convinzione il professor Klotz; “le persone vogliono una carriera, ma vogliono (anche) una vita ricca e sana anche al di fuori del lavoro".

Cari amici, personalmente posso dirvi che ho provato sulla mia pelle il “BURNOUT”, e la mia vera fortuna è derivata dal fatto che, quando il mio malessere era arrivato al top, avendo già maturato il diritto a pensione, ho deciso, senza indugi di sorta, di riacquistare immediatamente la mia libertà! Sappiate che, dopo, ho fatto ancora tante cose belle nella mia vita, portando avanti progetti di vita straordinari!

A domani.

Mario

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