Oristano 14 aprile 2021
Cari amici,
Il mare, quell'immensa coltre liquida che ricopre in
gran parte il nostro pianeta, immenso serbatoio che da sempre è fonte primaria di cibo, appare oggi liberamente oltraggiato da "pistoleri senza scrupoli", come nel vecchio Far West! Le ultime rilevazioni hanno messo in evidenza che in
mare “non ci sono più pesci”, a causa dello scorrazzare illegale delle aziende di pesca pesca, che, in maniera intensiva, stanno portando
a distruzione la più grande riserva mondiale di cibo. Alcune specie importanti della fauna marina sono
pressoché scomparse, come ad esempio la popolazione del tonno rosso del Pacifico, che negli ultimi anni ha subito un crollo del 97 per cento, e non è la sola
specie in grave pericolo. Il problema è serio, perché preleviamo dal mare più
di quello che dovremmo, stravolgendo il ciclo naturale, in particolare con l’utilizzo
dei micidiali metodi della pesca intensiva illegale, assolutamente distruttiva, che spreca
in maniera assurda un bene che invece dovremmo tutelare e preservare.
Senza un efficace
controllo, senza dare il tempo alle specie di riprodursi regolarmente,
prelevando dal mare ad un ritmo superiore a quello della ricrescita naturale,
sarà impossibile ricostituire questa indispensabile riserva. È un problema
importante, che dovrebbe farci preoccupare, ma che nessuno sembra avvertire:
finché gli scafali e i banchi frigo dei supermercati saranno pieni, i
consumatori non si pongono il problema! Eppure gli oceani continuano ad essere
ogni giorno più depredati e vuotati. La grande responsabilità di questo disastro è da
attribuire alla pesca irregolare, assolutamente fuori misura, che compromette ogni giorno
di più le riserve ittiche mondiali di cibo prodotto dal mare.
La responsabilità maggiore, indubbiamente,
è dei Governi (in particolare quelli dei Paesi industrializzati) che invece di tutelare
questo immenso patrimonio ittico, patrimonio dell’umanità, lo lasciano sfruttare
quasi in esclusiva a pochissime grosse società ittiche, dotate dei più avanzati
sistemi di pesca che fanno man bassa di tutto, salvando il pesce commerciabile
ed eliminando lo scarto, quello di poco pregio. Ed è proprio a causa delle
attività di pesca predatorie e distruttive che gli oceani si stanno spopolando
ad un ritmo velocissimo. Un terzo delle specie ittiche destinate al commercio,
evidenziano i ricercatori, viene pescata in modo insostenibile.
Uno studio condotto da un
team di ricercatori dell’University of British Columbia ha voluto
analizzare la situazione, nella speranza di sensibilizzare il maggior numero
possibile di persone e istituzioni. Per farlo ha considerato la situazione di
152 Paesi e quanto scoperto lascia a dir poco sgomenti. Le nazioni
geograficamente lontane dagli oceani risulta che avrebbero elargito qualcosa
come 22 miliardi di dollari (il 63 per cento dei sussidi riservati
all’industria della pesca) a una infinità di imprese che, spesso incuranti dei
divieti, avrebbero cagionato agli ecosistemi marini danni incalcolabili.
Gli incentivi erogati,
evidenziano sempre gli esperti dell’University of British Columbia, sarebbero
persino in aumento. In appena 10 anni i finanziamenti elargiti sono cresciuti
del 6 per cento, e hanno agevolato ulteriormente pratiche non sostenibili. Un
esempio che chiarisce il problema è quello delle flotte di pesca cinesi, che saccheggiano
sistematicamente le acque territoriali di una moltitudine di nazioni, riuscendo
così a portare a casa il 50 per cento del pesce pescato annualmente nel mondo!
Amici, hanno voglia i
consumatori di vedere in TV reclamizzato il pesce rinveniente da “pesca
sostenibile”: quanto affermato è una vera e propria truffa alla loro
fiducia, in quanto è difficile accertare in realtà cosa sia questa
sostenibilità; le grandi aziende si fregiano del bollino 'pesca sostenibile' o
'salva delfini', ma senza reali, autentici controlli in mare, le dichiarazioni
lasciano il tempo che trovano. Ci chiediamo, allora, ma esiste davvero la pesca
sostenibile? Al momento attuale è difficile dirlo, perché la visione romantica
dei mari è solo utopia! A parte la plastica, che fa danni enormi per conto suo,
si è aggiunta la pesca massiccia e predatoria, una vera razzia della
popolazione marina senza distinzioni (il 40% del pescato globale è
inutilizzato, sprecato o non contabilizzato).
Cari amici, salvaguardare
la natura pare proprio che non importi a nessuno. La domanda di pesce sulle
tavole mondiali aumenta e bisogna soddisfarla, a qualunque costo (lo stesso
discorso vale per la carne). L’egoismo della generazione attuale imperversa, e mangiare meglio oggi
sembra l’imperativo da rispettare: che ci frega delle generazioni future se domani mangeranno
poco e male? Una vera vergogna, un egoismo senza ritorno. Quali allora le possibili soluzioni?
Una soluzione realmente positiva di cambiamento possibile appare
al momento alquanto difficile da trovare. L’iniziativa dovrebbe partire in modo forte dai
Governi, che dovrebbero aumentare le aree marine protette dove vietare la pesca
all'interno, aumentare i fermi pesca per consentire la ripopolazione naturale delle specie
e infine educare il mondo ad utilizzare un’alimentazione più varia, tale da consentire di consumare meno pesce (e
meno carne), abbassando così la crescente domanda mondiale. In teoria una soluzione è possibile,
ma personalmente credo che sia solo utopistica nella realtà.
A domani.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento