Oristano 11 aprile 2021
Cari amici,
L'origine del “Brindisi”,
ovvero il rito di alzare i bicchieri al cielo per augurare salute e prosperità,
ha radici lontane, che affondano nei secoli. L’Enciclopedia Britannica, nella
sua edizione del 1910, relativamente a questa usanza, dice: "L'usanza
di bere ‘alla salute’ dei vivi deriva molto probabilmente dall'antico rito
religioso di bere in onore degli dèi e dei defunti. Ai pasti i greci e i romani
versavano libagioni agli dèi, e ai banchetti cerimoniali bevevano in onore
degli dèi e dei defunti", aggiungendo: "Il bere alla salute
dei vivi dev'essere stato strettamente collegato a queste usanze che in
sostanza equivalevano a libagioni".
Un rito antico, dunque, legato
soprattutto al vino, bevanda che crea buonumore, euforia, rinsalda amicizie e
crea afflato e solidarietà. L’utilizzo del vino, parte essenziale del rito, nasce
sicuramente dall’idea dell’uomo che per primo, dopo averlo confezionato, lo
assaggiò e ringraziò gli dei per avergli concesso quel piacere, dopo aver
coltivato la vite e gustato il prodotto derivato, quel succo d’uva che
avvicinava ancor più l’uomo agli dei dell’Olimpo, che bevevano nettare e
ambrosia. Nell’antico mondo romano, il vino era usato proprio per libare agli
dei; erano cerimonie alquanto partecipate, che acquistavano anche l'aspetto di orge.
La formalità di alzare i
calici nel brindisi non è cambiata col passare del tempo, tant’è che anche oggi
il rituale appare ancora lo stesso. Con l'avvento del Cristianesimo, che ripete
il gesto fatto da Gesù nell’ultima cena, l’alzare il calice ha assunto la funzione
puramente liturgica, con il grande mistero della Transustanziazione, cioè della
trasformazione del vino in sangue e del pane in carne divina, da allora offerti
ogni volta a Dio Padre per la salvezza del genere umano.
Tra il 1500 e il 1600 il
termine "brindisi" entra nel nostro idioma. Forse è di derivazione
spagnola, forse tedesca, ma è opinione comune che il termine indica una forma di
saluto, un augurio per onorare o festeggiare qualcosa o qualcuno, pronunciato
in un gruppo di persone levando il calice, e talvolta toccando reciprocamente i
bicchieri prima di bere. "Prosit", termine latino, è ancora usato in
Germania e certamente la sua origine deriva dalla presenza delle legioni romane
che, durante la loro occupazione, brindavano con il vino delle viti da loro
impiantate.
Amici, dopo millenni e
migliaia di brindisi espressi sotto forma di cerimoniali religiosi, sociali,
intimi, teatrali, solenni, oggi se ne eseguono ancora infiniti e di ogni
genere, e, pensate, anche gli astemi sollevano i calici speranzosi, per
scongiurare ogni tristezza e per augurare un sereno futuro attraverso le mille
bollicine spumeggianti! Ogni nazione ha le sue parole di brindisi: in Italia
diciamo “cin cin” o “alla salute”; in Germania come detto “Prosit”, in Spagna
si dice “salud”, in Francia “santé”, in Gran Bretagna e in tutti i Paesi di
lingua inglese “cheers”; in Russia “Na zdorovje”, in Giappone “Kampai”, in
Brasile “sayde” o “viva”; in Portogallo “saúde”, in Svezia e Norvegia “skål”,
in Olanda “proost”.
Oggi, però, cari amici, vorrei affrontare con Voi un problemino che ha, anch’esso, la sua
importanza: conosciamo davvero le regole precise che dovremmo utilizzare
brindando? Proviamo a fare un piccolo ripasso. Partiamo dal primo passo: come
si stappa la bottiglia. Prima di brindare, il vino va aperto e versato nei
bicchieri. A seconda del vino le modalità sono differenti. Un vino da
meditazione va stappato togliendo delicatamente il tappo di sughero con l’apposito
cavatappi; una volta tolto con delicatezza il tappo, annusarlo, poi pulire il
collo interno della bottiglia da eventuali residui con un tovagliolo (detto in
gergo tecnico “torciolo”) e versare una piccola quantità di vino nel proprio bicchiere
per controllare che vada bene. Se non ha difetti, si versa il vino agli ospiti.
Se, invece, la bottiglia
è di spumante la procedura cambia. Togliere la copertura del tappo, poi
allargare la gabbietta, senza toglierla del tutto, in modo da evitare l’immediata
fuoriuscita del tappo. Ora con l’altra mano afferrate il corpo della bottiglia,
inclinandola da 30 a 45 gradi, tenendo sempre il tappo con il pollice
dell’altra mano. Girare progressivamente la bottiglia per far fuoriuscire il
tappo, non viceversa. E non fare mai il botto, il tappo uscendo deve solo
“sussurrare”.
Vediamo ora come, e partendo da chi, servire
il vino ai commensali. Di norma si servono prima le donne, a cominciare da
quelle “con più primavere”, per poi procedere con le più giovani e terminare
con gli uomini, anche in questo caso sulla base dell’importanza e dell’età. Gli
ultimi a essere serviti, di solito, sono i padroni di casa. Attenzione però: se
al vostro tavolo sono presenti personalità ecclesiastiche, militari o politiche
vanno servite per prime. La bottiglia va tenuta dal basso e mai dal collo, e
quest’ultimo, quando servite il vino, non deve mai toccare il calice. Finito di
servire la quantità desiderata (un terzo del bicchiere), ruotare la bottiglia
lievemente sul suo asse, facendo attenzione che non goccioli: per questo è
meglio tenere nell’altra mano una salvietta. Il vino va versato lentamente stando
alle spalle del commensale sul lato destro.
Chi attende di essere
servito deve sapere come tenere il calice: il bicchiere di vino va tenuto dallo
stelo o dalla base, su questo non si discute. Una volta terminato il rito del
versamento nei bicchieri, arriva il momento tanto atteso: il brindisi. Il
galateo prevede che spetti al padrone di casa proporre il primo brindisi
durante l’aperitivo; poi sarà uno degli ospiti a proporre il secondo brindisi
durante il dessert, per ringraziare il padrone di casa. Per chiamare un
brindisi ci si alza in piedi e si cerca di ottenere l’attenzione di tutti, ma
senza picchiettare il bicchiere con una posata come se fosse una campana!
Per brindare si porta il
bicchiere in alto con la mano destra, rivolti verso il destinatario, poi riabbassalo
pronunciando qualche parola di augurio o di elogio. Galateo vuole che si eviti
di far tintinnare i bicchieri uno con l’altro (creerebbe troppa confusione). Curiosamente
l’origine di far tintinnare con forza i bicchieri, risale al Medioevo;
all’epoca i bicchieri (che usualmente erano di metallo) si facevano tintinnare
vigorosamente, in modo da far cadere qualche goccia del proprio vino nel
bicchiere degli altri commensali per assicurarsi, così, che la bevanda non
fosse stata avvelenata! Un’ultima raccomandazione: non iniziare mai a bere se
prima non si è brindato.
Gli astemi? È buona
regola che anche loro partecipino al brindisi, facendo cin cin con il calice
riempito di vino, ma senza bere. Vietato brindare con l’acqua, è credenza
popolare che porti sfortuna. Allo stesso modo, non si brinda mai con il
bicchiere vuoto e nemmeno alla “propria” salute, si commetterebbe il peccato
capitale di superbia. Ecco, amici, la bella storia del brindisi, e, alle prossime feste, cercheremo di festeggiarlo in piena regola!
A domani.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento