Oristano 10 Ottobre
2013
Cari amici,
La Processione notturna de su Jesus,
opera giovanile del grande pittore Carlo Contini, è stata restituita al pubblico dopo un faticoso
lavoro di restauro, durato circa un anno, ed effettuato sapientemente dalla
ditta oristanese “Restauro Arborense” di Rita Fodde e Anna Sanna, sotto
la supervisione della Soprintendenza per i beni culturali. Il restauro del quadro,
un olio su tela di circa 3 metri per due, donato nel 2004 al Comune dalla
precedente proprietaria, la signora Beatrice Porta Utzeri, è stato commissionato
dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Oristano ed ha consentito di
esporre nuovamente al pubblico un’opera straordinaria. In
occasione delle “Giornate Europee del Patrimonio”, nella sala più importante
della Pinacoteca Comunale di Oristano, intitolata proprio a Carlo Contini, la
superba Processione notturna de Su Jesus, la grande tela dipinta dal
giovane Lelletto nel 1925, ad appena 23 anni, è tornata a mostrare al pubblico
oristanese il suo originario splendore.
“La Processione notturna de Su Jesus, oggi
orgogliosamente importante bene pubblico di proprietà del Comune di Oristano
(il
quadro in precedenza per diverso tempo era stato esposto all’Hospitalis Sancti
Antoni e poi, in attesa dell’intervento di restauro, all’Ufficio tecnico
comunale, in piazza Eleonora), è un’opera capitale nel percorso artistico del
grande pittore Carlo Contini. Il quadro rappresenta una straordinaria opera di sintesi
dell'artista, la sua esperienza formativa romana arricchita dall'esperienza successiva
veneziana: sintesi formativa che mette le basi per i successivi sviluppi artistici
dell’autore. Opera pittorica connotata dai colori forti, che può definirsi un quadro
antesignano di quell’epopea per immagini dalla forte valenza cromo-luministica,
che caratterizzerà la successiva produzione dell’artista fino alla sua estrema
attività degli anni Sessanta, come ha spiegato ampiamente il critico d’arte Ivo
Serafino Fenu. Il grande dipinto del giovane Lelletto
Contini segna, dunque, una tappa importante della sua carriera artistica che,
come sostiene il critico Fenu, “…trattasi di un'opera capitale nel suo
percorso artistico, perché segna l’ingresso dell’artista nell’età matura”.
Il defatigante lavoro
di restauro ha impegnato a fondo le due capaci restauratrici Sanna e Fodde: i colori ad olio
risultavano fortemente alterati dall’ossidazione delle vernice protettiva, che
oltre ad aver inglobato polvere e sporcizia avevano determinato l’oscuramento
della tonalità cromatica originale. Inoltre sul dipinto erano presenti anche
leggere screpolature, concentrate maggiormente nell’angolo destro del quadro
dove è dipinto il cielo notturno, dove risultava evidente un’essicazione non
omogenea del colore. La città ha potuto vedere tutte le fasi di restauro, ha
potuto osservare come il grande dipinto tornava lentamente a risplendere con i
suoi originali colori, in quanto il Teatro “San Martino”, luogo dove si è
svolta l’opera delle restauratrici, è stato aperto al pubblico settimanalmente.
“La
scelta del San Martino, dove il quadro è stato custodito accuratamente e
protetto da un sistema d’allarme, è stata fatta per consentire agli oristanesi
di poter apprezzare le fasi di restauro” ha spiegato il
Sindaco Tendas durante una conferenza stampa. “Questa è la dimostrazione che dalla cultura può derivare lavoro ed
economia e Oristano crede e vuole investire in questo ambito” ha proseguito
il Sindaco.
Il Sindaco Tendas e le
restauratrici, alle cui premurose cure è stato affidato il compito di
restituire al dipinto i colori e la luce originaria, hanno concordato le
modalità che hanno consentito le visite guidate, che sono state numerose,
grazie anche alla collaborazione prestata dall’Associazione culturale Morsi d’Arte.
Il quadro, dopo un primo passaggio nel laboratorio di restauro, è stato
collocato al primo piano del teatro S. Martino, dove la tela è stata smontata dalla
cornice e dal telaio (strutture queste che sono state oggetto di
disinfestazione e consolidamento ligneo) e sottoposta a una serie di azioni di
recupero: pulitura, fermatura degli strati pittorici, risanamento di una
piccola lesione, ricostruzione delle lacune, reintegrazione pittorica,
verniciatura finale e infine rimontaggio degli elementi e ricollocazione dell’opera
nella sede originale.
“Il
restauro aveva come finalità il recupero del significato storico-artistico
dell’opera, attraverso il ripristino della leggibilità, garantendo, allo stesso
tempo, il mantenimento della sua integrità fisica”,
spiega la restauratrice Rita Fodde, che ricorda anche le difficoltà incontrate
prima di cominciare ad operare: “Il retro
della tela presentava diverse macchie di colore scuro, disposte soprattutto
lungo il lato sinistro, la cui natura risultava di difficile comprensione,
inoltre era presente una piccola lacerazione nell’angolo destro, visibile anche
sul davanti del dipinto. I colori ad olio utilizzati dall’autore, erano
fortemente alterati da una ossidazione della vernice protettiva, che aveva
anche oscurato la tonalità cromatica originale. Durante le indagini visive con
le lampade UV e le fasi di pulitura, sono state evidenziate alcune aree di
intervento pittorico, effettuate in tempi non lontanissimi, perché eseguite
sopra la vernice protettiva già ossidata e si è riscontrata la presenza di
ossido di piombo, che ha contribuito ad alterare in modo irreversibile alcune
caratteristiche cromatiche dell’opera”. Al
termine degli interventi – ha concluso la restauratrice – la superficie è stata
protetta con un film di vernice chetonica traslucida, somministrata per
nebulizzazione, la quale ha la proprietà di non modificare la sua natura nel
tempo, in seguito a fenomeni di ossidazione”.
Oggi l’opera appare
nuovamente in tutta la sua bellezza. In alto a destra si vede la luce
stagliarsi su un portico, che ha tutta l’aria di essere Su Brocciu. Poco più
sotto, in primo piano, i visi dei confratelli che in processione portano
la croce de Su Jesus. Una seconda processione si staglia sulla sinistra, una
fila di confratelli illuminati solo dalla luce fioca di una candela. Il resto
del paesaggio, che nasconde le vie dell’Oristano dell’inizio del secolo scorso,
è avvolto dalla notte, le cui ombre si intrecciano nella fioca luce che avvolge
tutto il quadro. Carlo Contini, Lelletto per i tanti oristanesi che lo hanno
conosciuto ed amato, avrà certamente apprezzato l’amore con cui uno dei suoi
quadri più significativi è stato ripristinato e riconsegnato alla fruibilità
dei suoi concittadini!
Per i giovani,
soprattutto, ecco un Suo breve ritratto che ripercorre a larghe tinte la Sua
straordinaria carriera di uomo e di artista.
Carlo Contini, nasce ad
Oristano il 13 Novembre del 1903. Frequenta le scuole superiori in Piazza Mannu
nel Regio Liceo Ginnasio, dove si diploma nel 1919. L’anno successivo vince una
borsa di studio indetta dal Comune di Oristano e si trasferisce a Roma dove
frequenta l'Accademia di Belle Arti. Studente modello si diploma giovanissimo: nel
1921 espone alla mostra collettiva “Biennale Romana”. Già dalle sue prime opere
sono visibili i temi ricorrenti della sua produzione ovvero, il ritratto, il
paesaggio e la natura morta. Nelle opere successive troviamo invece
l'affermazione di alcuni dei temi più cari della sua produzione che sono le
processioni, i costumi tipici di Oristano, oltre a scene di folclore
locale. Gran parte delle sue opere trattano il tema religioso.
Queste rappresentazioni sacre sono intrise di una forte partecipazione emozionale, da un grande
realismo ottenuto con l'applicazione di macchie di colore. Dopo questo primo
periodo romano di formazione artistica, fresco di studi e di esperienza,
“Lelletto” nel 1925, allora ventiduenne, si trasferisce a Venezia, dove può
completare la sua formazione ammirando e studiando le opere della scuola veneta
rinascimentale e barocca e dei pittori vedutisti. A Venezia avvia un suo studio
che tiene aperto dal 1925 al 1933. Arricchito dalle nuove esperienze fatte
nella città lagunare riprende in modo nuovo a ritrarre il suo ambiente
oristanese. Dall’Espressionismo dei ben noti “Confratelli” passò a ritrarre figure, ambienti e vita del “mondo
rurale” Oristanese. Nei “Confratelli” riesce ad esprimere in modo forte la rude
umanità sofferente, la fatica del quotidiano, che gli uomini rappresentati riescono
ad armonizzare ed amalgamare col ruolo sacro, interpretato nelle processioni e nei funerali.
Le figure ritratte, pur nella loro diversità, conservano la stessa sacralità:
con il saio, con la zappa su una spalla o curvi sulla fisarmonica nel ballo
paesano: è evidente la forza della sofferenza, accettata con cristiana
rassegnazione!
Tziu Balloi Sanna, il
modello del suo famoso “Confratello in verde” (1949) possedeva la stessa
espressione fiera e religiosa anche alla guida del suo carretto, mentre
impugnava la frusta. Contini nel 1949, conversando con il collega Vincenzo
Schivo, così lo apostrofava descrivendo il suo percorso artistico: “Sono convinto che il folklore
sardo racchiuda dei valori inestimabili per la mia arte: si rapporta alle
esigenze coloristiche delle correnti moderne e richiama una tavolozza ardita e
smagliante. Non trovi interessante questo trapianto del folklore nella grande
composizione?”.
Il 1925, l’anno del suo
trasferimento a Venezia, è anche l’anno della nascita della
Scuola d'Arte Applicata, nella quale insegnavano grandi nomi di artisti del
tempo come Carmelo Floris e Ciusa Romagna, che insieme a Contini insegnava
Disegno e Storia dell'Arte. La prima "uscita al pubblico" di
Carlo Contini fu la partecipazione alla mostra collettiva, nel 1929, a
Cagliari. Dieci anni dopo, nel 1939, rientra definitivamente ad Oristano e apre
un atelier nel centro storico della città. In questi anni stringe
una forte amicizia con Giuseppe Biasi. Dal 1950, oltre che nella pittura, si cimenta
per passione anche nel campo della ceramica. Gli anni Cinquanta e Sessanta per
il “pittore” Contini coincidono con un particolare interesse per il neorealismo
e l’espressionismo. Nel 1957 Contini partecipa alla Mostra d'arte contemporanea
internazionale di Pistoia e alla Prima Biennale d'Arte di Nuoro e, nel 1959,
prende parte alla Prima Mostra Regionale delle Arti Figurative di Cagliari e
alla "Primavera sassarese". Negli anni’60 espone sia a livello
regionale che nazionale. Dal 1964 al 1967 partecipa annualmente all’annuale
rassegna "Settembre Oristanese".
I soggetti sacri sono
quelli che, in qualche modo, hanno attratto Contini in modo più forte e
pregnante. L’interesse per il sacro, la simbiosi tra sacro ed umano, è una
costante della sua pittura. Durante la non breve permanenza veneziana Lelletto,
completata la sua formazione artistica in modo sublime, diventa “attore di
primo piano” nel panorama artistico regionale e nazionale. Il pittore
oristanese diventa così una delle figure sarde più rappresentative del XX
secolo. La sua produzione artistica è stata notevole:
i suoi apprezzati lavori sono sparsi per il mondo e arricchiscono collezioni
private e pubbliche. Contini, rientrato definitivamente ad Oristano vi opererà a lungo, insegnando all'Istituto Statale d'arte, e continuando a dipingere, partecipando ad
innumerevoli mostre, esposizioni e concorsi di pittura, dedicandosi anche, con buoni
esiti, alla scultura. Scomparve, ancora giovane, lontano
dalla sua amata Oristano: muore a Pistoia, a causa di una grave malattia, nel 1970.
Oristano non lo ha
dimenticato: porta il suo nome l’Istituto d’Arte dove per anni ha insegnato e
anche la Pinacoteca cittadina, a Lui intitolata.
Ecco a Voi, cari amici,
il percorso artistico ed umano di uno dei “grandi” personaggi, della nostra
Oristano. Per la Vostra curiosità, in una delle mie prossime riflessioni, porterò alla Vostra attenzione un fatto curioso, ai
più sconosciuto, e che riguarda ancora Carlo Contini: la realizzazione del
quadro “Il Cristo di Nicodemo”, copia perfetta della scultura lignea allocata
nella Chiesa di S. Francesco, commissionataGli dal frati Francescani nel
periodo dell’ultima guerra mondiale, preoccupati per l'eventuale perdita dell’antica
scultura.
Per ora, cari amici,
grazie della Vostra attenzione!
Mario
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