Oristano 7 Ottobre 2013
Cari amici,
credo che ciascuno di
noi, chi più chi meno, abbia avuto a che fare con la cravatta. Anche se non
usata con l’abbigliamento di tutti i giorni, essa, in determinate occasioni,
risulta essere praticamente d’obbligo. Ecco per Voi una delle mie solite riflessioni,
oggi destinata proprio a questo elegante accessorio, partendo dalla sue origini
e seguendone la successiva evoluzione. Buona lettura.
Esistono diverse
versioni sull’origine della cravatta. Il bisogno di coprire il collo l’uomo lo
ha avuto certamente sin dagli inizi dell'umanità e lo fece sicuramente legandosi
un pezzo di pelle o di stoffa intorno al collo soprattutto per proteggersi dal
freddo d’inverno e per assorbire il sudore d’estate.
Gli studi archeologici
hanno messo in luce che in Cina i primi ad indossare un tipo di fazzoletto
annodato intorno al collo furono i militari; alcuni archeologi, circa 30 anni
fa trovarono, nella tomba dell’imperatore cinese Qin Shih-huang-di (259-221
a.C.), un esercito di 7500 soldati lavorati in terracotta, tutti con un
fazzoletto annodato al collo. Nell’impero romano una pezza di stoffa
assimilabile alla cravatta veniva indossata dai legionari romani già nel II
secolo dopo Cristo. Ne troviamo una raffigurazione sulla Colonna di Traiano del
113 d.C. eretta per celebrare le vittorie di Traiano sui Daci fra il 101 ed il
106 d.C. Anche gli oratori romani facevano uso di panni avvolti intorno al
collo: Essi pare usassero questa “copertura” per scaldare le corde vocali. Difficile,
quindi, individuare il Popolo che per primo fece uso di questo interessante
accessorio: vari studi e ricerche hanno attribuito ora ai cinesi, ora ai romani
la primogenitura. Più semplice risulta,
invece, l’attribuzione dell’invenzione della “moderna cravatta” che, come lo
stesso termine dice, è da riconoscere ai croati, la popolazione dell'Europa
orientale.
Fu infatti, l’esercito dei
mercenari croati, al servizio del re di Francia, durante la Guerra dei
Trent'anni (1618-1648) combattuta tra Svezia e Francia, a inventare l’usanza di
legarsi una semplice striscia di seta intorno alla gola, con un nodo
particolare. La “novità”, messa in uso dall’agile cavalleria croata, conquistò
i raffinati parigini, e soprattutto le parigine: questo caratteristico
accessorio, cioè quel fazzoletto di seta annodato in modo elegante intorno al
collo, diventò un oggetto di culto. I Croati, considerati la più bella armata
in quel periodo, con quel particolare ornamento che essi chiamavano “podgutnica”
oppure podgutnjak (quello che si mette sotto la gola) sedussero l’Europa. Questo
nuovo e gradito accessorio si diffuse rapidamente in tutto il mondo e iniziò a chiamarsi
proprio “cravatta”, nome che lo identificava in onore del popolo che l’aveva
inventato. In realtà questo fazzoletto annodato non poteva ancora definirsi
una vera e propria “cravatta” nel senso
moderno del termine, ma un suo "antesignano" progenitore. I modelli
più simili, e quindi precursori della cravatta moderna, apparvero intorno al
1650. In quel periodo la “cravatta a punta” era sinonimo di alta classe e
costituiva simbolo di immensa ricchezza, basti pensare che il re inglese Carlo
II indossava una cravatta costata oltre 20 sterline già nel 1660. Per farVi
un'idea tenete presente che a quell'epoca una rendita "annua" di 2
sterline era considerata un introito di buon livello.
In Francia, per la sua
originalità, la cravatta fu accolta dai Parigini come un simbolo del progresso.
Durante la Rivoluzione francese, i nobili indossavano una cravatta bianca, che
era lunga, leggera, arrotolata intorno al collo e con le estremità annodate sul
davanti a farfalla: i tessuti più frequenti erano mussola e merletto, anche se
le ultime naturalmente riservate ad una clientela più ricca. I rivoluzionari,
in controtendenza, indossavano delle cravatte nere come segno di protesta.
Molto presto, il nuovo dettaglio diventò un simbolo della cultura, della moda e
dell’eleganza tra la nobiltà e la borghesia di tutta la vecchia Europa. Fra i
primi ad indossarla, quale accanito modaiolo, fu il re inglese Carlo I. Cravatte
famose furono quelle di Giacomo II e Carlo II d'Inghilterra: il primo spese ben
36 scellini per quella destinata al suo "outfit" da incoronazione,
mentre in un ritratto esposto nell'Abbazia di Westminster Carlo II porta una
cravatta lunga 86 cm e larga 15.
Ormai il nuovo
accessorio aveva conquistato tutta Europa, estendendosi anche alla maggior
parte delle colonie sul continente americano. Il prototipo della cravatta
attuale ebbe origine proprio in America e risale al 1700. Inizialmente era
sostanzialmente una bandana annodata a fiocco e, strano ma vero, fu un pugile a
renderla popolare: James Belcher.
Nell’Europa dei primi dell’Ottocento
questo accessorio spopolò alla grande e fu motivo di competizione (in
particolare fra il bianco e il nero), con aggiunte e varianti di colore anche
di cattivo gusto. Lord George Bryan Brummel, che come ben sappiamo è stato un
dandy leggendario che aborriva ogni esagerazione, oltre che un grande stilista,
sosteneva che l'eleganza non va a braccetto con ridicolaggini ed esagerazioni.
Il Lord aveva un look molto personale con frac blu, panciotto, pantaloni beige,
stivali neri e fazzoletto da collo bianco. Pensate che era tanto attento al
proprio look da cambiare fazzoletto nel caso in cui il primo tentativo di nodo
risultasse di brutto effetto. Inutile specificare che possedesse una quantità
impressionante di fazzoletti da collo candidi ed inamidati! Intorno al 1820
cominciarono a fare la loro comparsa le cravatte con motivi e disegni sempre
più colorati: questo comportò l’uscita di scena della cravatta nera che rimase
solo come accessorio da indossare con lo smoking. In seguito, all'inizio del XIX
secolo, sempre Lord Brummel introdusse una moda innovativa, quella della
cravatta bianca, da lui amata e indossata perennemente; questo particolare
accessorio, non trovò, però, terreno fertile e veniva indossata quasi esclusivamente
con il frac nero, cosa che avviene ancora oggi. La storia della cravatta è,
però, ancora lunga: siamo soltanto ai primi passi e, per diventare quello che
conosciamo oggi, ha ancora un bel po’ di strada da percorrere.
I primi modelli di
cravatte simili a quelle attuali furono quelle indossate nei college o nei club
inglesi. L’usanza nacque nel 1880, quando i membri dell’Exeter College di
Oxford presero i nastri dei loro cappelli di paglia e se li legarono intorno al
collo con un semplice nodo, creando, di fatto, la prima vera
cravatta da club. Il 25 giugno 1880 ordinarono ad un sarto di produrre dei
nastri appositi con i colori del club. Diedero così il via ad una moda che
contagiò presto club e college inglesi. Dal 1924 la cravatta divenne quella che
conosciamo oggi: fu Jesse Langsdorf (New York) a trovare la soluzione giusta
per la produzione, tagliando il tessuto con un angolo di 45° rispetto al
drittofilo e impiegando tre strisce di seta da cucire successivamente. L'idea
venne brevettata ed esportata in tutto il mondo. Ancora oggi le cravatte di
qualità sono create con il medesimo procedimento.
Esaminando i materiali
usati per confezionarle possiamo mettere in evidenza che il più adatto e sicuramente
più gradito è la seta, ma si usano anche il cachemire, il lino ed altri
tessuti. Non è facilissimo valutare la qualità di una
cravatta. La prima prova necessaria è quella del tatto:
toccando il tessuto o la seta lasciate che sia il vostro corpo a darvi un
parere sulla qualità, basatevi semplicemente sulla sensazione. Un
altro particolare da osservare sono le cuciture: le cravatte di buona qualità
sono costituite da tre pezzi separati, poi cuciti insieme con una macchina per
cucito, sempre. Un volta scelta la cravatta più appropriata resta da sciogliere
“il nodo” del posizionamento: annodare la cravatta nel modo giusto. Nel
tempo nacquero vari modi di annodare la cravatta e questo diede vita a vere e
proprie gare di eleganza: naturalmente più complicato e ben fatto era il nodo,
maggior rispetto ed ammirazione si otteneva da parte dei propri amici (e nemici)
in alta società. Lord Brummell, che come sappiamo influenzò notevolmente la
moda, impersonando la definizione di "gentiluomo inglese" del suo
tempo, pare impiegò una volta un'intera mattinata solamente per farsi fare per
bene alla cravatta un nuovo tipo di nodo appena ideato!
E’ bene sapere che esistono
85 modi per annodare una cravatta! Sembra incredibile vero? Eppure è così. Fino
al 1900 esisteva un unico modo per fare il nodo; dagli anni trenta, grazie ad
Edoardo principe di Galles, ne nacquero altri due e nel 1989 se ne scoprì un
quarto: in cinquanta anni di storia della cravatta erano universalmente
conosciuti solo 4 modi di annodarla. Da questo nasce la
sfida di due fisici di Cambridge i quali, volendo slegare il mondo della moda
dal tabù del nodo, analizzarono tutte le possibilità fisiche di “creazione del
nodo”, arrivando alla clamorosa cifra di 85. Da specificare, però, che sulla
base dei criteri estetici, come simmetria ed equilibrio, espressi in termini
matematici, solo 13 di questi possono
essere definiti eleganti.
Ecco, per soddisfare la
Vostra curiosità, ho riportato i nodi principali.
L’evoluzione che nel
tempo ha portato l’antico fazzoletto da collo a diventare la “cravatta lunga”
che abitualmente portiamo tutti i giorni, ha creato anche una variante
collaterale, sotto certi aspetti “più vicina” alle origini: la cravatta a
farfalla, detta altrimenti anche cravattino o farfallino. La
sua storia risale al 1870, periodo in cui assunse le sembianze attuali. La
cravatta a farfalla, però, non riuscì a spopolare come la sua sorella maggiore
e, con il passare del tempo, perse terreno in favore della cravatta più
tradizionale. Oggi, quasi, non esiste più: in buona parte questo
"errore" è dovuto all'incapacità di allacciarlo della maggior parte
degli uomini. Il “Farfallino”, definito dai più teatrale, buffo e poco
"coprente" (forse proprio per “coprire” l’incapacità di annodarlo), è
riservato solo a particolari occasioni. Un vero peccato, in quanto potrebbe
dare a chi lo indossa anche non pochi vantaggi: è meno sporchevole, fa
risaltare i pregi della camicia e, per chi non ama la cravatta, sarebbe un completamento
ottimale. Senza dimenticare che, per gli uomini di carattere, esso è anche un
eccellente modo per attirare verso di se l'attenzione dei presenti!
Il variegato mondo della cravatta non si
esaurisce, però, con queste due varianti: eccone una terza, il Cache-Col.
Il Cache-Col non è esattamente una vera e propria cravatta: potrebbe essere definito
“una via di mezzo”, una terza via, un accessorio che, anche chi non ama la
formalità di una cravatta, può completare con questo accessorio una mise più
sportiva e meno classica. Il Cache-Col, infatti, consente di giocare con le
associazioni di colore, creando degli effetti positivi rispetto ad un
abbigliamento più ingessato. Abituali utilizzatori di questo accessorio sono
produttori cinematografici, miliardari, scrittori di libri d'intrattenimento, e,
in casi eccezionali, ma solo durante il fine settimana, anche gli ufficiali britannici
di Sua Maestà. Il Cache-Col dona un'eleganza informale innegabile, lontana
dalla classe della cravatta, ma comunque consigliabile a chi volesse mantenere
un minimo di classe anche nei momenti di relax.
Le cravatte sono
accessori particolarmente distintivi per l’uomo: dietro ai loro colori, alla
loro forma ed ai loro disegni si nascondono non pochi significati. Per
soddisfare la Vostra curiosità ecco alcune delle informazioni più importanti da
tenere in considerazione scegliendo una cravatta.
Regimental.
Le cravatte Regimental non devono essere confuse con le cravatte a righe. Dal
punto di vista estetico pare non ci siano troppe differenze, ma i significati
lo sono certamente. Le “Regimental” sono
originarie dei club e dei college inglesi, come visto in precedenza. Indossare
una cravatta con i colori di un reggimento, di un college o di un club è indice
di appartenenza a tali istituzioni. Acquistare questo genere di cravatte senza conoscerne
il significato può essere imbarazzante: immaginatevi se un italiano, incontrando
un socio d'affari inglese, vestisse una cravatta con i colori di un famoso club
di cui non è affatto membro, mentre, in realtà lo fosse il socio inglese! Gli
inglesi conoscono molto bene i colori utilizzati dai club, pertanto il rischio
di fare una gaffe, soprattutto in Gran Bretagna, è piuttosto alto.
Colori
e Significati. Già nel 1700, quando presso le Corti
l'antenata della cravatta subiva le prime evoluzioni e i merletti imperavano,
cominciarono ad apparire fiocchi colorati d’azzurro e di giallo. Questi colori
avevano un profondo significato, l'azzurro era sinonimo di nobiltà, il giallo
rappresentava il potere. Pensate che in Cina chi osava sfoggiare il giallo
veniva addirittura decapitato. Vari esperti si sono cimentati in studi approfonditi
sui colori della cravatta: ne risulta che la cravatta ha rivestito, e ancora riveste,
il ruolo di “bandiera”, esibita
dall'uomo per comunicare le proprie emozioni ed i propri desideri, di essere e
di apparire. Ecco, allora scaturire una collocazione, una classificazione che,
per sommi capi possiamo così riepilogare: l’uomo decisionista si identifica dai
motivi rigati, quello diplomatico privilegia i modelli con stampe grigliate mentre
la cravatta nera è tipica di personaggi introversi, ermetici, che non vogliono
comunicare nulla di se stessi, spiazzando così l'interlocutore. Molti rampanti
banchieri di Wall Street optano invece per il giallo acidulo della "power
tie", mentre altri scivolano sui toni tranquilli del beige. I "polka
dot", quelli che volgarmente chiamiamo pois, sono un mélange fra chi non
vuole svelarsi ma desidera emergere facendo contenti tutti. Senza dimenticare i
modelli "conversational", ovvero creati per favorire l'approccio:
esempi immediati sono i piccoli disegni che riproducono un hobby, come le
forbici per il giardinaggio, le pipe per i fumatori o i vari collezionisti.
Quanto ai colori
dominanti, li possiamo così catalogare:
Rosso
=
playboy, infedele incallito
Azzurro
= nobiltà, disponibilità e rilassatezza
Blu
= poca fantasia
Verde
= riposante, tranquillo, è scelto dai politici centristi.
Insomma la cravatta continua
ad essere usata quale potente mezzo di comunicazione: eliminarla sarebbe un po'
come smettere di parlare. David Nieven diceva "Ditemi che ho sbagliato una battuta, ma non che ho sbagliato
cravatta" e, considerato che possedeva tre stanze zeppe di cravatte,
sicuramente aveva una precisa idea di ciò di cui parlava.
La dimensione della cravatta
va calibrata sul corpo di chi la indossa. Generalmente la sua lunghezza si
attesta intorno ai 150 cm, ma non sono rare delle cravatte denominate
"XL" lunghe anche 165 cm. Tale lunghezza è strettamente legata a due
fattori principali: l'altezza della persona che la indossa e il tipo di nodo utilizzato.
La prima influisce abbastanza sulla lunghezza della cravatta, in quanto per
uomini di altezza pari a 190 cm o superiore si consiglia una cravatta
"XL", in modo che dopo averla annodata arrivi circa all'altezza dei
pantaloni. Il secondo fattore influisce ancora di più, perché un nodo con più
passaggi rispetto ad uno più semplice, "impegnerà" più parte della
cravatta nel nodo, rendendola alla fine più corta. L'utilità
estetica della cravatta assolve anche al compito di nascondere la striscia
verticale di bottoni della camicia. Per finire ecco alcune curiosità.
Un senatore italiano
non può entrare in Senato senza la cravatta. Per sfida a questa regola, il
senatore Speroni indossava le cravatte più impensabili (con disegno di maiali,
texana di cuoio e così via). Verso la fine di luglio 2007, il ministro della
Salute, Livia Turco, emanò una circolare con cui esonerava i dipendenti
pubblici e privati dal mettere la cravatta, a causa del caldo eccessivo. L'uso
della cravatta, similmente a quello di altri indumenti ed accessori in grado di
penzolare, è pericolosissimo durante l'uso di alcuni macchinari, quali, ad
esempio, negli uffici, il distruggidocumenti, poiché questo indumento può
facilmente impigliarsi negli organi rotanti trascinando il busto ed il volto
dell'operatore contro la macchina stessa e le sue parti pericolose. Per questo in
alcuni stabilimenti può essere vietato indossare cravatte durante lo
svolgimento di alcune mansioni, oppure in prossimità di pericoli di questo
genere.
Cari amici, sembra
incredibile ma credo che in tanti ignorassimo la lunga, lunghissima storia di
un accessorio che, partendo dall’utilità pratica di coprire una parte del corpo
a sua salvaguardia, sia successivamente diventato un simbolo, un
identificativo, capace di inviare segnalare importanti per meglio conoscere chi
lo indossa!
Ora abbiamo uno
strumento in più per valutare, osservando chi indossa la cravatta, la
personalità del soggetto!
Grazie amici della
Vostra attenzione.
Mario
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