Oristano 26 Luglio 2012
Cari amici,
La conseguente rete globale di contatti e transazioni, in particolar modo quelle di natura economica, che consentono trasferimenti senza limiti di capitali in tempo reale in tutte le parti del mondo, ha aperto le porte a quei “grandi possessori di capitali” che, forti di una potenza finanziaria spesso più grande di quella di uno Stato grande come gli USA, sono in grado di costruire o distruggere a piacimento l’economia anche di un intero Continente.
Questo immenso “oligopolio finanziario privato”, frutto di fortune accumulate non sempre in modo pulito e lecito, è capace di incutere paura e terrore in quella grande schiera di tradizionali investitori privati che, saggiamente, cercano di mettere a frutto i risparmi di una vita. Le borse di tutto il mondo sono state, così, aggredite e dominate dai” grandi falchi internazionali”, facendo crescere di giorno in giorno la paura in quel parco di buoi/colombe, che per tanti anni diede linfa vitale alle Borse. Cari amici, è la “FIDUCIA” quella che è venuta a mancare, causando, come conseguenza, una serie di danni non facili da quantificare totalmente. La crisi che avvolge oggi il mondo, ed in particolare l’Europa è proprio una crisi di fiducia!
Anthony Giddens, uno dei maggiori sociologi del nostro tempo, nel suo libro "Consequence of Modernity" (1990) afferma che una delle più importanti novità della modernità, portate dalla “globalizzazione”, è il cosi detto "disembedding", termine inglese che teoricamente significa distaccarsi, svincolarsi, ovvero quello del problema del “distacco”, dello scollamento degli avvenimenti sia dal tempo che dallo spazio. Lo spazio socio-economico, infatti, non è più definito dai confini spaziali e temporali entro i quali uno si muove. Ad aver prodotto questa possibilità sono i sistemi esperti (ossia l'insieme di tecnologie che permettono le nostre azioni) che via via si sono svincolate dal tempo, dallo spazio e dal controllo del singolo, al quale non resta che fidarsi di essi. Proprio la necessità di fidarsi, derivante dalla mancanza di un reale controllo, genera insicurezza, contro la quale Giddens propone la riscoperta di una fiducia ontologica e di una modernità riflessiva. Giddens è convinto che l'economia stia diventando sempre più mondiale e dipendente dalle interconnessioni dei diversi mercati nazionali e regionali: gli scambi commerciali a livello mondiale sono maggiori rispetto al passato e includono sempre più prodotti, servizi e soprattutto capitale finanziario. Secondo il sociologo inglese, la caratteristica principale dell'economia attuale è proprio il trasferimento elettronico dei capitali che ha generato quel nuovo tipo di denaro definito da Giddens come “new global electronic money”. Oggi i nuovi luoghi degli scambi economici sono virtuali, online. Mancando gli spazi fisici di scambio, amplificando enormemente quelli virtuali, come ritrovare la capacità di darsi l’un l’altro quella fiducia senza la quale l’uomo difficilmente può sopravvivere? Non è facile.
Crisi di fiducia, quindi, sempre più presente che ha finanziariamente come prima conseguenza un anomalo rialzo dello spread, cioè quel differenziale tra il tasso migliore pagato per finanziare lo Stato ritenuto più sicuro e quello per finanziare il proprio. Correlazione reale quella tra crisi di fiducia e spread, ma “avere paura” in realtà non serve. La paura, lo sappiamo, cambia volto alla realtà: avere paura significa sopravalutare il male e sottovalutare il bene, falsare il dato reale. Di conseguenza chi si è spaventato delle previsioni vende i propri titoli in borsa, temendo il peggio, facendo cosi aumentare i rendimenti. Quando c’è una corsa alla vendita il prezzo continua a scendere e conseguentemente i rendimenti, per chi compra, continuano ad aumentare. Chi acquista in genere è un individuo più coraggioso e lungimirante: ha pagato un prezzo più basso e spera che in futuro, rivendendo, ci guadagnerà. Il mercato, però, non è composto solo da singoli investitori che possiamo definire alcuni “furbi” ed altri “pavidi”, ci sono altri numerosissimi operatori (aziende e rappresentanti di Istituzioni collettive), anche se non tutti dispongono delle stesse informazioni, né della stessa spregiudicatezza. Il risultato è che basta un minimo segnale di sfiducia per provocare facilmente movimenti consistenti di vendita di titoli considerati rischiosi per acquistarne altri ritenuti più sicuri.
Le richiamate crisi di sfiducia, inoltre, alimentano fortemente l’accennata speculazione internazionale, che ha una capacità finanziaria di enorme peso. Basta diffondere “ad hoc” informazioni allarmistiche per scatenare il panico: si può cosi acquistare quando tutti vendono lucrando forti e drogati guadagni. E’ possibile fermare il fenomeno? E’ possibile fare realisticamente qualcosa? Non molto. Innanzi tutto sarebbe necessario dare segnali di fiducia e autorevolezza, mai di paura.
Per fermare lo spread sarebbe necessario dotarsi di strumenti diversi da quelli oggi possibili. L’economia europea, basata sull’Euro, “moneta zoppa” perché non rappresenta una reale Europa Unita, non è in grado di gestire con autorità (non uso volutamente il termine autorevolezza) i debiti sovrani dei singoli Stati, nettamente diversi per consistenza e costi. Solo una Autorità europea superiore, gestendo in modo centralizzato questa massa enorme di debiti sarebbe in grado di alleviarne i costi, spezzando quell’infernale girone dei tassi che, costantemente lievitando, ne mettono in serio pericolo la restituzione. L’Europa oggi, l’ho sostenuto non poche altre volte, è un processo incompiuto, non è uno stato federale ne un’unione di Stati, ma qualcosa che, restando a metà percorso, può solo abortire. Si abortire. Perchè in una fase indefinita, come quella che stiamo attraversando, l’egoismo dei singoli stati (Germania in primis) sovrasta il bene comune, “l’interesse collettivo” di un’Europa unita che tutti vogliono a parole ma non con i fatti. Che la normalizzazione dei rendimenti dei debiti pubblici sovrani avvenga con l’emissione di Eurobond o di altri marchingegni finanziari poco importa, quella che manca è un’Europa che parli con un’unica voce, che dica al resto del mondo che è una realtà unica, forte e coesa, capace di dire la sua senza usare mille linguaggi, incomprensibili e contrastanti, come nella costruzione della torre di Babele. Un’Europa operativa vera sarebbe, davvero, capace di far abbassare la cresta alla speculazione internazionale, causa prima di quello spread altalenante che sta portando alla rovina Stati e famiglie.
L’Europa di oggi è malata ma il medico, come anticamente sostenuto, può essere solo Lei. Essa deve curarsi da sola, con la forza degli Stati che la compongono, perché altrimenti è meglio tornare al passato: ogni Stato per conto suo, archiviando l’Euro e tornando alle autonomie ed alle monete nazionali. Oggi le continue e proclamate rassicurazioni, per quanto dotte, dei rappresentanti dei singoli Stati sono solo l’aspirina che momentaneamente fa abbassare la febbre ma non cura il male. Per “guarire” servono antibiotici forti: ripetute iniezioni di fiducia, date quotidianamente, e senza interruzioni. Solo dopo, a guarigione avvenuta, potrà rinascere una nuova Europa-Nazione, unita e Stato federale, capace di competere ad armi pari con il resto del mondo.
Grazie della Vostra attenzione.
Mario
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