Oristano 3 Luglio 2012
Cari amici,
non è un segreto per nessuno che in Italia il calcio è malato da tempo. Gli scandali del passato sembra non abbiano insegnato niente a nessuno, come i recenti arresti hanno dimostrato, coinvolgendo anche persone ad alto livello che mai l’uomo della strada avrebbe pensato, considerati i più che lauti emolumenti percepiti. Ma tant’è.
Sull’altro versante, quello della nostra situazione economica, le cose non vanno certamente meglio. Ai rigidi e a volte terribili provvedimenti presi, e che hanno portato milioni di famiglie sull’orlo della bancarotta, non è corrisposto un altrettanto comportamento responsabile teso a “cambiare rotta”, da parte di chi, continuando a beneficiare di compensi stratosferici, in gran parte di provenienza pubblica, avrebbe invece potuto e dovuto assumere. Parlo dei nostri rappresentanti in Parlamento, dei grandi manager sia delle Pubbliche Amministrazioni che delle Aziende private, direttamente o indirettamente, tempo per tempo, sostenute dalla troppo caritatevole mano pubblica.
Quando tutto questo succede in periodi di “vacche grasse” l’attenzione sui misfatti è meno forte e “molto” passa inosservato. Quando, invece, la corruzione, gli sprechi, l’arroganza del potere avvengono in periodi di “vacche magre”, come quello che stiamo attraversando, l'indignata opinione pubblica ha tutto il diritto di ribellarsi. Adeguare i comportamenti ai tempi è sempre stato un consiglio da prendere in considerazione. Non si può pensare che la ruota giri sempre in un solo senso: a volte questa ruota non solo rallenta fino a fermarsi ma è possibile che possa anche tornare indietro. La storia ci insegna che ai tempi bisogna adeguarsi e costantemente rinnovarsi, altrimenti è la fine.
Nel recente incontro al Quirinale con i nostri giocatori della Nazionale, reduci dalla terribile sconfitta subita dagli spagnoli alla finale dei campionati europei EURO 2012, ha tra l’altro detto: "Quando parliamo di rinnovamento, di cambiamento, a volte mi sento chiedere se sto parlando del calcio o dell'Italia. Beh, i discorsi si somigliano molto...”.
Il calcio per l’Italia è sempre stato un fattore importante. La gioia della Domenica calcistica ha in passato regalato a tante famiglie la possibilità di sognare, dimenticando le amarezze della settimana: come salari modesti, problemi economici, emigrazione e quant’altro. Poi anche il calcio pulito si è pian piano sporcato. Chi già ne era beneficiario con contratti milionari ha voluto aggiungere “sporchi guadagni” fatti con le combine, annullando e distruggendo il calcio pulito. Non c’è limite al marciume, purtroppo, il Dio Danaro è ormai l’unico a cui prestare attenzione, a cui inchinarsi.
L’occasione di questa riflessione mi da la possibilità anche di dire la mia sul numero di stranieri presenti nei vari club, a partire dalla massima divisione. Se è pur vero che “vincere a tutti i costi” è ormai l’imperativo di ogni azione della nostra vita, non solo nel calcio, e anche vero che vincere a certe condizioni non è proprio appagante. Cosa ci troviamo di bello in una vittoria di un nostro prestigioso club se questa è stata raggiunta con un alto numero di “stranieri” presenti in squadra? Credo poco. La mia considerazione non è di matrice “razzista”, assolutamente no. Il fatto è che in questi ultimi anni l’orgasmo per il “campione” straniero ha fatto dimenticare i nostri: non si pensato a seminare, accontentandoci di comprare il prodotto pronto, confezionato dagli altri! Non si data importanza ai vivai, al calcio giovanile, non si è incentivato, anche nei piccoli centri, il gioco del calcio “pulito”, fin dalla più tenera età. Questo, a mio avviso è stato un errore molto grande.
Rinnovamento necessario, dice il nostro Presidente Napolitano ed ha ragione. Rinnovamento che deve partire proprio dai giovani, dai nostri giovani. Solo cosi eviteremo di continuare a “comprare” dai vivai degli altri, lasciando inaridire i nostri.
Dando uno sguardo, invece, alla nostra situazione economica le cose cambiano di poco. Sono molto giorni, ormai, che tutte le campane mediatiche non fanno altro che battere i rintocchi, scandendo e ribattendo gli echi della “Spending review”. Tagliare la spesa pubblica è un passo obbligato ma non è facile: parlarne lo è, tagliare, invece, a volte è impossibile.
La spending review, messa sul tappeto a fine Aprile, dovrà garantire nel 2012 molto di più dei 4,2 miliardi annunciati all’inizio e punterà a ridurre del 10% i dipendenti pubblici attualmente in servizio. Incontrando enti locali e parti sociali a Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio Mario Monti ha tenuto a sottolineare che la revisione mirata della spesa pubblica "non è una nuova manovra di finanza pubblica" ma "un'operazione strutturale" per "eliminare gli sprechi senza ridurre i servizi", superando la logica dei "tagli lineari per guardare a più alte priorità". Tutto questo per evitare che in ottobre ci sia l'aumento dell'Iva, e per questo è necessario reperire non meno di 4,2 miliardi. Se consideriamo poi che oltre all’indilazionabile necessità della “ripresa” si sono aggiunte altre due importanti esigenze: la sistemazione degli “esodati”, il cui numero è ormai diventato un mistero misterioso, e il terremoto in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, la cifra originariamente prevista di 4,2 miliardi lieviterà in modo molto più consistente, come ha sostenuto Monti nel colloquio con le parti sociali.
Si preparano già le barricate sindacali a questo annuncio, innescando reazioni giustificate e non. Se la spesa sociale è ammissibile che debba essere ridimensionata con grande attenzione, molti sono, invece, i settori dove gli sprechi non si contano e dovranno essere come minimo “sforbiciati”. Credo che il compito del Commissario Bondi non sarà, davvero, molto facile.
Cambiare, ridimensionare usi, costumi ed abitudini, dopo anni di vacche grasse, è triste e shoccante. Quando si è malati, però, nella gran parte dei casi, la medicina, pur molto amara, è fonte di salvezza. Berla è indispensabile, anche turandosi il naso, perché non prenderla significa andare incontro a morte certa.
Grazie dell’attenzione.
Mario
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