sabato, luglio 08, 2017

L’IUS SOLI E LA NUOVA LEGGE IN DISCUSSIONE IN PARLAMENTO. MA SIAMO SICURI DI AVERE BEN CHIARO IL SIGNIFICATO DI CITTADINANZA?



Oristano 8 Luglio 2017
Cari amici,
Si parla molto, in questo caldo periodo estivo, di modifiche alla normativa per la concessione della cittadinanza italiana agli stranieri. La diatriba verte sulle modalità di concessione; la proposta in atto, caldeggiata da una parte politica e contestata dall'altra, è più nota come “Ius Soli” (per distinguerla da quella nota come Ius sanguinis), ha non solo riscaldato ma addirittura arroventato il clima già di per se caldo, di un’estate giunta in anticipo. Prima però di fare una riflessione con Voi sull’argomento, credo che sia necessario, per meglio comprendere, chiarire meglio il reale significato di cittadinanza, in quanto penso che certi particolari ad alcuni sfuggano.
Ecco quanto troviamo nell’enciclopedia Treccani. Per cittadinanza si intende quel “Vincolo di appartenenza di un individuo a uno stato: c. italiana, francese, ecc.; ottenere, avere, perdere la c.; certificato di cittadinanza. C. europea, condizione giuridica dei cittadini degli stati dell’Unione Europea, che prevede, fra l’altro, il diritto di soggiorno in tutti gli stati membri, il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali ed europee nello stato dove si è scelta la residenza, alle stesse condizioni dei cittadini di questo”. Partendo dunque dall’ultima affermazione, possiamo sostenere che la persona straniera alla quale la cittadinanza viene concessa, acquisisce gli stessi, identici diritti e “le stesse condizioni dei cittadini della nazione concedente”. Parità perfetta, dunque.
La diatriba/questione oggi sul tappeto e di maggior peso, ruota intorno a 2 termini: “IUS SOLI” e “IUS SANGUINIS”, in effetti termini ben differenti. Lo Ius soli è un'espressione giuridica che sta ad indicare che l'acquisizione della cittadinanza di un dato Paese si acquisisce per il semplice fatto di essere nati sul suo territorio, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. Esso si differenzia in modo sostanziale dall’altro termine, lo Ius sanguinis, che invece indica la trasmissione alla prole della cittadinanza del genitore. Problema dunque molto complesso quello della cittadinanza, la cui concessione crea inevitabilmente schiere di favorevoli e di contrari.
In Italia il formarsi dei due grandi, opposti schieramenti deriva proprio da questo: la non concordanza sulla proposta di legge che andrebbe a modificare l’attuale regime, andando a privilegiare lo Ius soli. In effetti circolano non poche falsità sulla bontà o meno della proposta in discussione in Parlamento, sia da una parte che dall’altra; il problema, tra l'altro, risulta aggravato dal fatto che nell’Unione Europea non esiste una normativa comune, e i 27 Stati che vi appartengono, regolano la concessione della cittadinanza in modi diversissimi. Diatriba difficile, dunque, anche a seguito della crescente migrazione, definita quasi un esodo biblico, che diventa ogni giorno che passa sempre più oneroso risolvere.
In Europa ogni Paese, come accennato prima, ha le sue regole. L'UE non ha mai acquisito competenze in materia, per cui ogni singolo Stato legifera per conto suo. Le norme attualmente vigenti in Italia sono, rispetto a Francia, Germania e Gran Bretagna, più restrittive e la tentata riforma, a detta dei sostenitori, permetterebbe un maggiore allineamento. Vediamo allora quali sono le norme da noi attualmente in vigore e quali, invece, quelle valide negli altri Paesi europei.
In Italia la concessione della cittadinanza è regolata dalla Legge n. 91 del 5 Febbraio 1992; essa prevede l'acquisizione di questo diritto attraverso lo Ius sanguinis: la cittadinanza viene trasmessa se almeno uno dei due genitori è italiano. Chi, invece, nasce da genitori stranieri, anche se partorito sul territorio italiano, può richiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto i diciotto anni, dichiarando entro un anno di volerla acquisire. Inoltre il richiedente deve dimostrare di aver risieduto in Italia legalmente ed ininterrottamente per tutto il periodo.
Nel testo, ora in discussione in Parlamento si prevede l’introduzione di un “Ius soli temperato”, ben diverso dalle norme in vigore prima citate. Nel provvedimento in discussione, se approvato, i figli di migranti nati in Italia potranno diventare cittadini italiani se i genitori hanno il "permesso di soggiorno di lungo periodo", riconosciuto a chi abbia soggiornato legalmente e in via continuativa per 5 anni sul territorio nazionale. Per gli extra UE sono richiesti anche reddito minimo, alloggio idoneo, superamento di un test di conoscenza della lingua. Lo Ius soli temperato permetterebbe a 600 mila ragazzi nati dal '98 a oggi di diventare cittadini italiani. La riforma introduce, inoltre, lo “Ius culturae”, secondo cui può ottenere la cittadinanza il minore straniero arrivato prima dei 12 anni che abbia frequentato in Italia uno o più cicli scolastici. In questo caso i potenziali nuovi cittadini italiani sono circa 200 mila.  L’approvazione della legge farebbe, in breve tempo. almeno 1 milione di “nuovi” cittadini italiani.
Vediamo ora, per confronto, come è regolata la concessione della cittadinanza negli altri principali Paesi europei.
Francia. Ogni bambino nato in Francia da genitori stranieri diventa francese al compimento di 18 anni se ha vissuto stabilmente nel Paese per almeno 5 anni.
Germania. È cittadino tedesco automaticamente chi nasce in Germania, se almeno uno dei genitori risiede regolarmente nel Paese da un minimo di 8 anni.
Regno Unito. Acquisisce la cittadinanza chi nasce da un genitore con un permesso di soggiorno a tempo indeterminato. Percorso facilitato per i figli di stranieri residenti da 10 anni.
Spagna. L’acquisizione della cittadinanza per la seconda generazione è piuttosto semplice: se il soggetto nasce in Spagna e i genitori sono nati all’estero è sufficiente un anno di residenza nel Paese. La procedura di naturalizzazione per tutti gli altri soggetti comporta la residenza per un periodo di 10 anni e la rinuncia alla cittadinanza precedente. Il tempo di residenza in Spagna si riduce per alcune categorie: 5 anni per i rifugiati, 2 anni per i cittadini dell’America Latina e le persone originarie di Andorra, Filippine, Guinea Equatoriale, Portogallo.
Belgio. La cittadinanza è automatica se si è nati sul territorio nazionale, ma quando si compiono 18 anni o 12 se i genitori sono residenti da almeno dieci anni.
Paesi Bassi. In base alla legge del 2003, la cittadinanza è prevista non solo per i soggetti nati in Olanda ma anche per quelli che vi risiedono dall’età di 4 anni.
Danimarca. Per la naturalizzazione servono 9 anni di residenza e bisogna superare esami su lingua, storia, struttura sociale e politica del Paese.
Grecia. I figli di immigrati acquisiscono la cittadinanza se i genitori sono residenti da almeno 5 anni.
Portogallo. Ius soli automatico alla terza generazione di immigrati. La seconda generazione può accedere alla cittadinanza dalla nascita su richiesta.
Svezia. La legge si basa sullo Ius sanguinis, ma la riforma del 2006 prevede la cittadinanza svedese per i minori che hanno vissuto per 5 anni in Svezia.
Austria. La naturalizzazione richiede 10 anni di residenza, perché viene considerata come il riconoscimento di un’integrazione riuscita.
Cari amici, che la cittadinanza sia un problema da affrontare seriamente e concretamente è un dato di fatto. Certamente non possiamo “ignorare” quanto sta succedendo in Italia con la crescente emigrazione e, non legiferare, significherebbe “nascondere la testa sotto la sabbia”. La mia convinzione è che una regolamentazione inerente il problema dovrebbe essere affrontato, in modo serio, “congiuntamente”: una legislazione comune valida in tutti i Paesi aderenti all’UE.  Sarebbe davvero un segnale che l’Europa esiste per unire, per eliminare le differenze, non per crearle.
Credo di non avere nient’altro da aggiungere.
A domani.
Mario


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