Oristano 15 marzo 2025
Cari amici,
Il popolo sardo, nelle
sue colorite espressioni, è sempre stato abbastanza pungente e fantasioso! Di certo la ha fatto per mostrare la sua orgogliosa, autentica sardità, nell'intento di mitigare la propria condizione di popolo
sottomesso, incapace di ribellarsi al dominatore. Ed ecco l'utilizzo della satira pungente, rivolta contro il conquistatore di turno, da cui sono nate delle colorite espressioni, ricche di frecciate al veleno, lanciate contro il tiranno che lo tormentava. Tiranno o anche "malelingue", anche nel passato sempre più diffuse, unite ai comportamenti poco corretti. Molti di questi epiteti, in realtà delle vere e proprie imprecazioni, che col passare del tempo si sono consolidate e tramandate, le ho riportate su questo blog in un post nel marzo del 2014, che chi
vuole può andare a leggere cliccando sul seguente link: http://amicomario.blogspot.com/2014/03/i-sardi-e-le-loro-colorite-imprecazioni.html.
Ebbene amici, oggi voglio
riflettere con Voi su un curioso, pungente epiteto: “SESI UNA CUGURRA”, oppure “CHI
DI CURRADA SA CUGURRA! Vediamo meglio le origini di questo detto. Sa Cugurra è
un insetto, il cui termine scientifico è FORFICULA AURICULARIA (chiamata
comunemente “forbice dell'orecchio”), e appartiene alla famiglia degli emitteri. È
di piccole dimensioni, di colore marrone scuro, con la parte posteriore a forma di forbice. La sua
caratteristica principale è proprio la presenza di due grandi chele posteriori molto
simili ad una forbice.
Sa Cugurra è sicuramente un
insetto non gradito all’uomo, considerato anche che un’antica credenza gli
attribuiva grande pericolosità, in quanto poteva entrare in un orecchio e rompere il
timpano, creando nel soggetto colpito sordità. Un insetto, dunque, da evitare, da
scacciare, allontanandolo in ogni modo possibile. Mi pare ovvio che con questi
presupposti, avendo la lingua sarda una straordinaria capacità di utilizzare la trasposizione (esempio, da un pericoloso animale nocivo) da un fatto reale a qualcosa di virtuale, ha sempre utilizzato questi "modi di dire" trasferendo la reale pericolosità fisica a quella psicologica delle persone. Tornando al detto di cui parliamo oggi, “Essere una Cugurra”, riferita ad una persona, significava, e significa anche oggi, dare a questa
la stessa patente di pericolosità dell’insetto!
Amici, come accennavo
prima, la lingua sarda è un universo di "congiunzioni", di legami virtuali che spaziano dal reale
all’immaginario, con epiteti dalle colorite sfumature e dai significati multipli, come nel caso prima ricordato, dando a qualcuno la patente di CUGURRA. Vediamo insieme in quali casi l'epiteto viene utilizzato, ovvero in quali contesti. Vediamo qualche
esempio. Innanzitutto, c'è da dire che "Se ad una persona viene affibbiata l'etichettata di Cugurra, la considerazione nei
suoi confronti è proprio negativa, da temere!
Partendo dal presupposto prima accennato che Sa Cugurra è un insetto che può fare del male, la persona così etichettata
passa per essere un vero e proprio IETTATORE, anzi, proprio uno per eccellenza!
Questo personaggio diventa un portatore di sfortuna per definizione, tanto che, basta che vi passi accanto, e vi succede qualcosa di terribile! Ecco alcuni esempi. Magari vi si
blocca la macchina in mezzo alla strada, tanto da dover chiamare il carro attrezzi!
Se fate la spesa il sabato, e siete senza contanti, farete una magra figura
alla cassa, perchè la carta di credito si rifiuta di funzionare, e farete la figura
del poveraccio senza soldi!
Amici, basta solo uno di
questi inconvenienti per farvi venire la voglia, le volte successive, di
cambiare strada, se doveste vedere, ancora lontano, uno definito Cugurra sul Vostro cammino! In Sardegna,
in particolare nelle piccole comunità, se ad uno viene data la patente di
Cugurra, ovvero di menagramo, si porterà appresso per tutta la vita questo dramma.
Sempre riferendoci a questo malefico insetto, ed ai suoi pericolosi mali, è nata anche un’imprecazione forte: “Ancu
ti currada Sa Cugurra!”, ovvero che ti rincorra e salti addosso l’insetto,
per farti del male. In questo caso l'imprecazione è una specie di maledizione, un augurare il
male ad una persona con la quale non siamo in sintonia.
Cari amici lettori, chiudo
questa riflessione con una certa tristezza, perché le nuove generazioni, hanno
perso il gusto di questa sottile satira. Lo scrivevo nel post che ho richiamato
all’inizio e la ripeto qui a Voi ora. Ecco come chiusi quella riflessione. “La
triste considerazione è che i giovani di oggi stanno perdendo l'orgoglio di essere sardi, il gusto e
l’identità, il senso di essere Sardi! A questo ha contribuito anche il fatto
che la gioventù di oggi poco ha dovuto combattere contro le avversità della
natura nella quotidiana lotta per l'esistenza. Forse la colpa non è solo la
loro ma è anche della generazione precedente, ovvero la nostra, perché non abbiamo lottato abbastanza per
salvaguardare la nostra lingua e la nostra cultura, cancellate d'imperio dalla scuola,
dalla vita pubblica e finanche da quella familiare.
“Oggi certe “chicche”,
certi modi di dire, certe battute, certe imprecazioni, taglienti come spade,
sono solo un ricordo, menzionate solo rare volte dai pochi anziani che,
caparbiamente, hanno deciso di resistere all’imposizione della cancellazione del sardo.
Solo questi “sopravvissuti” sono oggi i depositari di un sapere antico che
sarebbe un vero peccato se andasse definitivamente perduto!”.
A domani.
Mario
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