mercoledì, agosto 02, 2023

TECNOLOGIA, CONTRATTI E ACCETTAZIONE. QUANDO AL POSTO DELLA FIRMA BASTA L’EMOJI DELLA MANO COL POLLICE ALZATO...


Oristano 2 agosto 2023

Cari amici,

Che l’avanzare della tecnologia stia rivoluzionando sia il mondo sociale che commerciale, è una realtà incontestabile. In banca, per esempio, firmiamo con la penna elettronica, rispediamo i documenti scannerizzati dopo aver apposto la nostra firma, oppure diamo conferma via computer con un semplice “va bene, sono d’accordo”, sulle trattative avviate via Web. Addirittura nei rapporti con la Pubblica Amministrazione le rivoluzioni non mancano: dal 6 luglio 2023 è operativo l’Indice Nazionale dei domicili digitali (“INAD”), l’elenco pubblico, liberamente accessibile online, che consente a tutti i cittadini di eleggere il proprio domicilio digitale, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale. Insomma una vera e propria rivoluzione, ma il bello deve ancora venire…

In data recente, in Canada, è stata emessa una sentenza in grado di far accapponare la pelle, in particolare ai nostalgici dei contratti cartacei, firmati magari anche con la presenza di testimoni! La curiosa sentenza merita di essere raccontata con tutti i particolari. Partiamo dall’inizio della storia. Chris Achter è un agricoltore della provincia canadese di Saskatchewan che, tra l’altro, coltiva il lino in quantità industriale. Nel 2021 si vede recapitare, direttamente sul cellulare, un messaggio con la proposta di una fornitura di 87 tonnellate di lino da parte di una cooperativa del posto. Essendo un cliente già noto, l’agricoltore risponde con un rapido quanto informale “POLLICE IN SU”, secondo lui, un ok, ne possiamo parlare.

Sempre secondo quanto riferito da Chris Achter, lui con l'emoji in questione intendeva semplicemente dire che aveva preso visione del messaggio ed era disponibile ad una trattativa. "Non era una conferma che ero d'accordo con i termini del contratto di lino. I termini e le condizioni complete del contratto per la forniture del lino non mi sono stati inviati e ho capito che il contratto completo sarebbe seguito via fax o e-mail da rivedere e firmare. Il signor Mikleborough (il rappresentante della SWT che voleva il suo lino) mi scriveva regolarmente e molti dei messaggi erano informali”, ha sostenuto l’agricoltore.

Dall’altra parte, invece, il suo "POLLICE IN SU" era stato interpretato come una completa e definitiva accettazione dei termini del contratto. Questo malinteso ebbe serie conseguenze, in quanto Chris non consegnò il lino entro la data prevista, e la cooperativa, vista secondo loro l’inadempienza, portarono l’agricoltore in tribunale. La causa durò a lungo e finalmente quasi 2 anni dopo (l'8 giugno scorso), il giudice Timothy Keene sentenziò che aveva ragione la cooperativa. Il giudice, pur riconoscendo che quello adottato «non era un modo tradizionale di firmare», stabilì che il gesto del pollice in su costituiva ugualmente «un metodo valido di conferma nelle circostanze rappresentate».

L’innovativa sentenza presa dal giudice sarebbe scaturita anche dai precedenti rapporti intercorsi tra l’agricoltore e la cooperativa. In passato l'agricoltore aveva più volte risposto ai messaggi della cooperativa con espressioni colloquiali come «Yup», «Ok» o «Sembra buono». E tutto era sempre filato liscio. «La Corte non può, né dovrebbe, tentare di arginare la tecnologia», ha poi aggiunto il giudice Keene, secondo cui tutti, compresa la giustizia devono disporsi a vivere «la nuova realtà», con la quale, comunque, ci si dovrà confrontare ogni giorno.

Amici, una sentenza che appare straordinariamente innovativa, nel considerare anche una semplice emoji sostitutiva di una valida firma su un contratto! Nel dubbio, il suggerimento per il futuro è ovviamente quello di ridurre al minimo il rischio di fraintendimenti, spendendo qualche secondo in più per rispondere ai messaggi in maniera più articolata, specie quando in ballo ci sono accordi potenzialmente vincolanti.  Tornando alla sentenza, il più sorpreso, come del resto appare ovvio, è l’agricoltore Chris Achter, che a seguito della decisione del giudice dovrà ora pagare un risarcimento di 82.200 dollari canadesi (oltre 56 mila euro, al cambio attuale)!

A domani amici lettori.

Mario

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