martedì, settembre 16, 2025

ECCO COSA SONO, IN REALTÀ, I “CABBASISI”, UTILIZZATI DAL COMMISSARIO MONTALBANO NELLA IRONICA FRASE: “NUN CI RUMPIRI I CABBASISI”!


Oristano 16 settembre 2025

Cari amici,

Le espressioni dialettali sono sempre alquanto colorite, e il dialetto siciliano non è certo da meno! Sono sicuro che tanti di Voi hanno seguito in TV le vicende del Commissario Montalbano, figura interpretata da Luca Zingaretti e tratta dal libro di Andrea Camilleri. Ebbene, la serie TV ha evidenziato un costante utilizzo delle espressioni dialettali e, tra queste, ne spicca una particolarmente forte: “Nun ci rumpiri i cabbasisi”. Questa espressione siciliana, traducibile in italiano con “Non rompere le scatole”, fa anche intuire una sfumatura molto più colorita, che allude agli organi genitali maschili. Ebbene, ma in quanti sappiamo che cosa sono in natura questi CABBASISI?

Il grande Andrea Camilleri, con il suo straordinario genio letterario, nei suoi romanzi utilizza spesso dei termini dialettali siciliani, mettendo in luce quelle espressioni popolari colorite e genuine, spesso risalenti al passato e tramandate di generazione in generazione. Amici, focalizzando la nostra attenzione sull’espressione “Nun ci rumpiri i cabbasisi”, c’è da dire che dietro a questa parola si nasconde una storia affascinante che unisce lingua, cultura e soprattutto gastronomia. Si, cari lettori, la colorita espressione usata da Camilleri è riferita ai “CABBASISI”, frutto della terra, ovvero a quei piccoli e preziosi tuberi, conosciuti da secoli e oggi riscoperti come alimento salutare e versatile.

I CABBASISI, (il nome scientifico è Cyperus esculentus), chiamati anche mandorle di terra o zigoli dolci sono dei piccoli tuberi commestibili. Dal sapore dolciastro, molto gradevole, ricordano il gusto della mandorla o della nocciola. Il loro aspetto è irregolare e rugoso e le dimensioni alquanto ridotte. La pianta di Cyperus esculentus si presenta con sottili fusti verdi, foglie molte lunghe e sottili (simili all‘erba cipollina), mentre sotto terra, invece, sviluppa il suo caratteristico tubero. Vengono piantati in primavera, per favorirne la crescita in estate, grazie al sole e, quando in autunno le foglie si seccano, si procede alla raccolta dei cabbasisi che poi vengono lavati, essiccati e conservati.

Il termine Cabbasisi ha un'etimologia che racconta il legame tra la Sicilia e il mondo arabo. Il nome deriva infatti da ḥabb ‘azīz (حَبّ عَزيز) e significa "seme prezioso". Da qui si capisce come questi tuberi fossero sempre stati considerati una piccola delizia, un dono della terra da custodire e gustare! Si tratta di un tubero che a Pantelleria è, per antonomasia, associato alle ghiande e quindi da qui si capisce la figura retorica utilizzata da Camilleri nella sua opera. Questo tubero, amici, era utilizzato dall’uomo fin da epoca remota. Lo testimoniano i ritrovamenti di resti di tuberi di Cyperus esculentus nel vasellame proveniente da tombe dell'Antico Egitto, che attestano che questa pianta veniva coltivata anche 4000 anni fa, e probabilmente, al pari dell'altro e più noto rappresentante della stessa famiglia, il Cyperus papyrus col quale si producevano i papiro. Dalla Valle del Nilo, poi, la loro coltivazione venne progressivamente estesa ad altre zone a clima temperato e con suolo fertile.

Il Cyperus esculentus fu successivamente introdotto in Spagna dagli Arabi, al tempo della loro occupazione di ampi territori della penisola mediterranea. Attualmente, la sua coltivazione estensiva e per scopi commerciali comuni avviene pressoché esclusivamente in Spagna, limitatamente alla regione di Valencia, dove è stato anche creato un Consejo Regulador de Chufa de Valencia. La Chufa, come è chiamata in Spagna, è oggi un prodotto a denominazione d'origine protetta (DOP), garantito dall'Unione europea.

Amici, ma come vengono utilizzati i Cabbasisi in cucina? I cabbasisi in cucina sono un prodotto sorprendentemente versatile. In Spagna queste mandorle di terra sono l'ingrediente principale per la famosa horchata de Chufa, una bevanda fresca e lattiginosa (simile a un latte vegetale) che si beve ghiacciata nelle calde giornate estive; in Italia, invece, come dicevamo prima, è rimasto un prodotto di nicchia. In alcune zone della Sicilia e della Calabria questi profumati mini tuberi si consumano crudi o come snack naturale dal sapore dolciastro. Si mangiano come le noci o le nocciole e sono ideali come snack spezza fame.

Eppure il potenziale di queste “mandorle di terra” è molto più ampio, che va ben oltre tutto questo: si possono utilizzare trasformate in farina, che, in quanto priva di glutine, diventa naturalmente dolce e perfetta per fare dolci, biscotti, creme e pani speciali. Allo stesso modo della Spagna, i Cabbasisi si possono utilizzare per fare alcune bevande vegetali simile al latte di mandorla o per confezionare dolci e gelati tradizionali, in cui sostituire la mandorla o la nocciola.

Insomma, cari amici lettori, i Cabbasisi non solo sono buoni e dolci, ma anche ottimi alleati per la nostra salute. Essendo senza glutine e senza lattosio, sono ideali per chi soffre di intolleranze alimentari; poi, poiché contengono una percentuale molto alta di fibre, favoriscono il senso di sazietà e regolano l'intestino. Sono anche ricchi di grassi insaturi, simili a quelli dell'olio di oliva, cosa che fa bene al cuore e alla circolazione; apportano anche minerali fondamentali come potassio, magnesio, ferro e fosforo. Ma guarda un po’…questi CABBASISI!!!

A domani.

Mario

 

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