Oristano 13 luglio 2025
Cari amici,
In campo pensionistico c’è
una interessante proposta al vaglio del Governo: utilizzare il TFR maturato e
in mano all’INPS, per consentire a chi ha necessità di andare in pensione di farlo in anticipo: ad esempio a 64 anni, garantendogli una pensione di almeno
1.500 euro mensili. Per ora è solo una proposta, ma un “pensionamento
anticipato” di questo tipo potrebbe diventare più accessibile grazie all’utilizzo
del TFR. Il Governo, infatti, sta pensando di introdurre tale provvedimento
nella prossima manovra economica.
Finora per i lavoratori
italiani, il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) – o Trattamento di Fine
Servizio (TFS) per i dipendenti pubblici – è stato a lungo considerato una
sorta di “tesoretto” accantonato nei lunghi anni di servizio e da riscuotere al
termine della carriera. Un accantonamento pari a circa una mensilità per ogni
anno di lavoro prestato. Negli ultimi anni di lavoro questo tesoretto ha
consentito di realizzare molti sogni: acquistare una piccola casa vacanze, una dimora
al figlio, oppure l’acquisto di un orto da coltivare.
Ora, invece, in seguito
all’iniziativa del sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, esponente della
Lega, il TFR ritorna in auge per essere utilizzato in altro modo. L’idea si
basa praticamente sulla nota Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA). Per
chiarezza, RITA in passato era una prestazione che permette agli iscritti a
fondi pensione di ricevere anticipatamente una parte o l'intero capitale
accumulato, sotto forma di rendita, fino al raggiungimento dell'età
pensionabile. In pratica, è un modo per trasformare il capitale del fondo
pensione in una rendita mensile o trimestrale per il periodo che intercorre tra
la cessazione dell'attività lavorativa e il pensionamento di vecchiaia.
Ora, in altre parole, per
consentire di andare prima in pensione, si potrebbe ricorrere ad una parte del
capitale accumulato nei fondi pensionistici integrativi, che verrebbe impiegato
per raggiungere il requisito minimo richiesto per l’assegno pensionistico,
ossia tre volte il valore dell'assegno sociale. In pratica, se l’iniziativa fosse
accolta, i lavoratori, una volta raggiunti i 64 anni e con versamenti
contributivi superiori a 20 anni, potranno utilizzare una parte del TFR versato
nei fondi pensionistici per colmare eventuali contributi mancanti e raggiungere
il requisito di una pensione pari a tre volte il minimo.
Secondo il sottosegretario
al Lavoro Claudio Durigon, in questo modo si aiuterebbero i lavoratori più
giovani, che rischiano di avere pensioni basse con il sistema contributivo,
garantendo loro un assegno di almeno 1.500 euro al mese. Un ulteriore vantaggio
consiste nella riduzione, da parte dello Stato, dell’esigenza di effettuare
interventi integrativi delle pensioni minime, rappresentando altresì un primo
passo verso la revisione della Legge Fornero, che attualmente prevede l’età
pensionabile a 67 anni con almeno 20 anni di contributi.
Sempre da parte di
esponenti dell’attuale Governo, si discute, inoltre, dell’eliminazione del
pensionamento obbligatorio a 67 anni per i dipendenti pubblici, nonché
dell'introduzione di incentivi per incoraggiare i lavoratori, sia pubblici che
privati, a prolungare la loro attività nonostante abbiano raggiunto i requisiti
pensionistici. Indubbiamente, questo meccanismo, se reso operativo,
consentirebbe di rinnovare, di ringiovanire il parco lavoratori, inserendo al posto
dei neo-pensionati forze giovani.
Cari amici, a mio avviso,
si potrebbe anche andare un po’ oltre! Perché non consentire anche a chi è vicino
ai 63 anni di utilizzare il proprio TFR come ponte verso la pensione?
Un’ipotesi che, seppure necessiti di un impianto normativo specifico, potrebbe
rappresentare una risposta concreta al ringiovanimento lavorativo, inserendo “forze
fresche”, ovvero validi giovani preparati, facendo godere la pensione a chi la
sogna da una vita!
A domani.
Mario
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