venerdì, gennaio 20, 2023

L’ITALIA E IL DRAMMA DELLE CULLE VUOTE. ULTIMI IN EUROPA, SENZA RICAMBIO GENERAZIONALE, AVREMO PROBLEMI A GARANTIRE PENSIONI E WELFARE.


Oristano 20 gennaio 2023

Cari amici,

Il dramma delle culle sempre più vuote continua a perseguitare l’Italia. Nel 2021, come ha dichiarato il Presidente dell’ISTAT Gian Carlo Blangiardo, in Italia le nascite sono state inferiori a 400mila, segnando una ulteriore diminuzione anche rispetto all'anno precedente. "Riguardo il tema della natalità è evidente che stiamo vivendo un momento critico, nel 2020 abbiamo avuto 405mila nati, nel 2021 (il bilancio finale sta per uscire), saremo sicuramente al di sotto di questo valore. Un Paese con 60 milioni di abitanti non può avere meno di 400mila nati, altrimenti vuol dire veramente non avviare il necessario processo di ricambio generazionale".

Anche in Europa si sorride poco, se pensiamo che in tutta L’UE la popolazione continua diminuire a causa delle scarse nascite. I dati implacabili dicono che al 1° gennaio 2021 nell’Unione Europea vivevano 447,2 milioni di persone; ebbene, tra il 1° gennaio 2020 e il 1° gennaio 2021 la popolazione complessiva dell’UE è diminuita di 278.000 persone, mica una cosa da poco! In realtà si fanno sempre meno figli, e il tasso di fertilità è sceso all’1,5. Ebbene, in questo dato poco edificante, l’Italia, in Europa, si colloca ben terz’ultima, con 1,24 nati per donna. Proprio l’Italia ha, dunque, contribuito fortemente a costruire questo dato, visto che detiene il record europeo negativo.

È necessario superare il declino demografico a cui l’Europa sembra condannata”, ha affermato il Presidente Sergio Mattarella il giorno del giuramento, sottolineando l’importanza del tema per il futuro del nostro Paese. Di questi tempi non sarà facile, considerato che reperire risorse per aiutare le famiglie risulta alquanto difficile, stante la situazione economica poco florida del nostro Paese. Il Governo ha preso l’iniziativa dell'assegno unico universale, che è stata già attivata, ma la misura non sembra potenzialmente capace, da sola, di mettere le famiglie in condizioni di mettere al mondo più di un figlio.

Con la legge di Bilancio 2022, da poco varata dal governo Meloni, è stato ristrutturato l’assegno unico e universale, che rischia però di non centrare il bersaglio. Sono circa 570mila i bambini per i quali entrerà in vigore, da gennaio 2023, un aumento dell’assegno unico e universale, per via delle modifiche introdotte con la legge di Bilancio. Mentre 100mila nuclei familiari potranno beneficiare della maggiorazione della somma aggiuntiva per le famiglie con almeno 4 figli. Complessivamente le modifiche legislative che partiranno dal 2023 valgono circa 900 milioni di euro su base annuale. Si interviene sugli importi base dell’assegno, che partono da 175 euro al mese e poi decrescono in base all’ISEE del nucleo interessato, fino ad arrivare a 50 euro per quelli che superano la soglia dei 40 mila euro oppure non presentano proprio la dichiarazione relativa all’indicatore.

Queste somme saranno incrementate del 50% per i figli di età inferiore a un anno: dunque l’importo più alto passerà da 175 a 262 euro mensili. Lo stesso incremento scatterà per i figli di età compresa tra 1 e 3 anni nei nuclei nei quali ce ne sono almeno tre. In questo caso però il ritocco verso l’alto è condizionato da un requisito ISEE: non dovrà essere superiore alla soglia dei 40mila euro. È evidente come lo strumento dell’assegno unico, basato essenzialmente sulla dichiarazione dei redditi “non è affatto universale”, ma discrimina e non di poco numerosi nuclei familiari.

Amici, basta poco per renderci conto che la misura è poco più di un palliativo. Anche in Germania esiste l’assegno universale ma ha tutt’altra portata. L’assegno tedesco per i figli prevede una quota fissa parametrata sul numero della prole fino al compimento dei 18 anni di età. Si tratta di 219 euro per 1 bambino, 438 euro per 2 figli, 663 euro per 3, 913 euro per 4 e 1.163 euro per 5. Ma soprattutto viene dato a tutte le famiglie senza distinzioni di reddito! Inoltre, la somma viene versata fino ai 18 anni d’età (25 se si studia o se si è disoccupati) ed è percepita anche dai residenti stranieri (nel marzo 2021 erano oltre 83 mila i cittadini italiani con figli che ricevevano l’assegno).

Amici, la Germania è il Paese europeo che negli ultimi 10 anni ha investito di più sulla famiglia e i risultati si vedono: il tasso di fertilità è passato da 1,39 a 1,58. La misura italiana, per come è costruita e per i ridotti fondi ricevuti, si caratterizza più come un palliativo che come un intervento strutturale adeguato ad invertire il declino demografico. Non investire oggi sulla famiglia, significa avere una scarsa visione del futuro: che ne sarà delle pensioni di domani, quando ci saranno più pensionati che lavoratori che versano i contributi? E che ne sarà del welfare, che vede sempre più numerosi i nuclei familiari da assistere?

Amici, anche Papa Francesco ha più volte affrontato il drammatico problema: “Parlando della famiglia, mi viene una preoccupazione vera, almeno qui in Italia: l’inverno demografico. È una tragedia. Facciamo tutto il possibile per riprendere una coscienza, per vincere questo inverno demografico che va contro le nostre famiglie, la nostra patria e il nostro futuro”. Queste parole ebbe il coraggio di dirle durante l’Angelus, nel giorno della festa della Santa Famiglia di Nazaret.

Credo ci sia poco da aggiungere, cari amici lettori.

A domani.

Mario

 


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