giovedì, gennaio 05, 2023

LA SARDEGNA, PATRIA MILLENARIA DEI “MURETTI A SECCO”, DIVENTATI NEL 2018 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ.


Oristano 5 gennaio 2023

Cari amici,

In Sardegna non si può certo dire che manchino le pietre! Esse abbondano in po’ dappertutto, arrivando quasi anche alle soglie delle pianure del Campidano. Ebbene, i sardi fin dal periodo nuragico hanno fatto buon uso di queste pietre, utilizzandole non solo per costruire i nuraghi e le loro abitazioni, ma anche per dare una giusta sistemazione alle campagne, dato che la nostra isola ha una superficie alquanto movimentata, con la presenza di numerose di colline. Su queste zone collinari, l’abbondanza di pietre è stata utilizzata per frenare il dilavamento nei terreni scoscesi, costruendo i muretti a secco per riuscire a frenare le acque meteoriche che altrimenti avrebbero portato a valle il prezioso terreno coltivabile.

I “muretti a secco”, amici, sono il prodotto di un’arte antica, che, tramandata di generazione in generazione, continua ancora oggi, svolgendo un ruolo attivo alquanto importante. Costruiti senza utilizzare alcun tipo di malta (se non della terra secca tra una pietra e l’altra), i muretti a secco sono legati solo dai sapienti incastri studiati dai costruttori, che, appoggiando le pietre una sull’altra, viene sfruttato sia il peso che il giusto posizionamento. L'arte antica dei muretti a secco rappresenta, oggi come ieri, "una relazione armoniosa tra l'uomo e la natura".

Si, amici, i muretti a secco rappresentano una felice relazione della pietra con la natura circostante, senza contaminazioni esterne, e che, unitamente alla vegetazione spontanea che cresce tra una pietra e l'altra o anche a ridosso dei muri stessi, costituiscono un "unicum", un importante ecosistema. È dal loro connubio, infatti, che si crea un microclima particolare, favorevole alle piante mediterranee che possono così, grazie alla maggiore disponibilità idrica dei terreni che hanno evitato il dilavamento, superare le ricorrenti crisi estive dell’isola.

Sono decisamente numerose le specie botaniche che crescono lungo i muri a secco. Si va dai più comuni rovi, ai cespugli di timo, lentisco e mirto. Ma troviamo anche la rosa selvatica, il prugnolo, il finocchio selvatico e l’asparago, per citare i più importanti. Tra le fessure delle pietre, che presto si ricoprono di muschi e licheni, si insinuano l’edera, l’ombelico di venere e la felce, dando vita ad un meraviglioso e armonioso spettacolo di naturale, pacifica, armoniosa convivenza.  

Amici, come accennavo prima, il Comitato per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, riunito dal 26 novembre al 1° dicembre 2018 a Port Louis, nelle isole Mauritius ha iscritto L’”Arte dei muretti a secco” nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'UNESCO. L'iscrizione non ha riguardato solo l’Italia (e quindi la Sardegna) ma anche altri 7 Paesi europei: Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera. Per il nostro Paese si tratta del nono riconoscimento, il terzo transnazionale (dopo la Dieta Mediterranea e la Falconeria).

L’UNESCO nel riconoscimento assegnato ha evidenziato che «l’arte dei muretti a secco» consiste nel costruire sistemando le pietre una sopra l’altra, senza usare altri materiali se non, in alcuni casi, la terra asciutta. Queste conoscenze pratiche vengono conservate e tramandate nelle Comunità rurali, in cui hanno radici profonde, e tra i professionisti del settore edile. Le strutture con muri a secco vengono usate come rifugi, per l’agricoltura o l’allevamento di bestiame, e testimoniano i metodi usati, dalla preistoria ai nostri giorni, per organizzare la vita e gli spazi lavorativi ottimizzando le risorse locali umane e naturali. Queste costruzioni dimostrano l’armoniosa relazione tra gli uomini e la natura e allo stesso tempo rivestono un ruolo vitale per prevenire le frane, le inondazioni e le valanghe, ma anche per combattere l’erosione del suolo e la desertificazione».

Tornando al nostro suolo sardo, possiamo dire che da noi il muretto a secco ben fatto, capace di resistere nel tempo anche per secoli, è un’opera d’arte vera e propria; opera che per essere realizzata richiede abilità e pazienza, un lavoro certosino necessario per riuscire a incastrare la pietra giusta nel posto più adeguato possibile. La solidità del muro è infatti legata all’incastro perfetto: le pietre, andando a combaciare, creano la stabilità strutturale per cui i muretti a secco resistono alle intemperie e ai temporali per secoli. Purtroppo, però, il crescente abbandono delle campagne, sta creando un pericoloso stato di abbandono dei muretti a secco, a causa soprattutto della mancata, regolare manutenzione; senza il necessario ripristino dei tratti parzialmente crollati, infatti, vengono vanificate le originarie funzioni del muretto, con conseguenze sia ecologiche che paesaggistiche.

Cari amici, l’abbandono delle campagne sta impoverendo sempre più la nostra isola, con la conseguenza che centinaia di piccoli Paesi, in particolare quelli dell’interno, si stanno spopolando; il continuo travaso degli abitanti nelle città, con la conseguente chiusura delle attività socio economiche, comporterà in tempi brevi l'estinzione dei piccoli centri. Questi, nei prossimi 15/20 anni, potrebbero morire in tanti! Eppure, una soluzione credo debba essere trovata, perché sarebbe la morte, la perdita tristissima di tradizioni, saperi e sapori di valenza millenaria. E la nostra amata Sardegna non merita certo perdite così dolorose! Ma la nostra Regione Autonoma sarda (più di nome che di fatto) cosa intende fare per garantire la loro sopravvivenza?

A domani cari lettori.

Mario

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