mercoledì, novembre 02, 2022

GLI STRAORDINARI RIMEDI DELLA NATURA: LA SALIVA DELLA TARMA MAGGIORE (QUELLA DELLA CERA) RIESCE A SCOMPORRE LA PLASTICA PIÙ DURA!


Oristano 2 novembre 2022

Cari amici,

Di recente in Spagna, presso il Biological Research Center | CSIC (Centro de Investigaciones Biológicas Margarita Salas | CSIC) dell’Università di Barcellona, uno studio condotto da un team di scienziati coordinati dalla dottoressa Federica Bertocchini, operativa presso il presso il Centro di ricerca biologica Margarita Salas (CIB-CSIC), durante lo studio rivolto alla scomposizione del materiale plastico ha identificato un alleato strategico per la soluzione del difficile problema. Questo “alleato” è un insetto: la “Tarma maggiore della cera” (detta anche tignola degli alveari) il cui nome scientifico è Galleria mellonella.

Questa grossa tarma, grazie ai potenti enzimi di cui è dotata sembra in grado di degradare autonomamente la plastica più dura. Lo studio, pubblicato sulle pagine di Nature Communications, apre ad una interessante serie di applicazioni per il trattamento dei rifiuti di plastica. I ricercatori, molti dei quali italiani, hanno analizzato al microscopio elettronico la saliva della tarma maggiore della cera, rilevando al suo interno un elevato contenuto proteico, dal quale sono stati isolati due enzimi: Demetra e Cerere.

Ecco come spiega il fenomeno la responsabile della ricerca, la dottoressa Federica BertocchiniAffinché la plastica si degradi, l’ossigeno deve penetrare nel polimero. Questo è il primo passaggio dell’ossidazione, che solitamente è il risultato dell’esposizione ai raggi solari o alle alte temperature, e rappresenta un collo di bottiglia che rallenta il degrado delle materie plastiche come il polietilene, uno dei polimeri più resistenti. Ecco perché, in condizioni ambientali normali, la plastica impiega mesi o addirittura anni per degradarsi. Gli enzimi ora scoperti sono i primi e gli unici conosciuti in grado di degradare il polietilene plastico ossidando e scomponendo il polimero molto rapidamente (dopo alcune ore di esposizione), senza richiedere pre-trattamenti e lavorando a temperatura ambiente”.

Come ha evidenziato la dottoressa Bertocchini, “L’enzima Demetra ha un effetto significativo sul polietilene, lasciando sulla superficie della plastica dei piccoli crateri visibili ad occhio nudo. I primi segni di degradazione sono evidenti subito dopo l’esposizione al potente enzima. Anche l’enzima Cerere ossida il polimero, ma non lascia segni visibili, suggerendo che i due enzimi hanno un effetto diverso sul polimero”. La scoperta sembra esser di quelle importanti, ma i ricercatori ammettono che serviranno ancora degli anni per capire i meccanismi d’azione dei due enzimi. “Sono necessarie ulteriori ricerche - conclude l’esperta - che combinano strumenti biotecnologici con la conoscenza della biologia di questi insetti”.

Amici, la scoperta dei ricercatori guidati dalla dottoressa Federica Bertocchini, non si è fermata alla scoperta dei due enzimi che scompongono la plastica; essi sono anche riusciti a produrli sinteticamente, e questo “cambia il paradigma della biodegradazione della plastica”. Una possibile rivoluzione, considerando quanto la plastica (in particolare il polietilene) sia responsabile dell’inquinamento del pianeta: l’utilizzo di questo materiale, secondo quanto riporta Sky News, è fortemente aumentato negli ultimi 30 anni, anche se meno del 10% viene effettivamente riciclato.

Il polietilene, amici, costituisce Il 30% di tutta la produzione di plastica mondiale: questo polimero è infatti utilizzato nei comuni sacchetti di plastica e in molti imballaggi che finiscono dispersi nell’ambiente e in particolare negli oceani. Secondo i ricercatori, è la prima volta che si osserva in natura un agente così efficace contro la plastica: la saliva delle larve della tarma è capace, in un’ora, di degradare il polietilene quanto quattro anni di esposizione agli agenti atmosferici! Le larve di Galleria mellonella nascono negli alveari e si nutrono di cera d’api, motivo per cui, secondo i ricercatori, potrebbero avere sviluppato i particolari enzimi che li rendono degli ottimi “spazzini” della plastica. Nonostante questo, non mangiano a tutti gli effetti il polietilene, ma lo degradano soltanto.

Cari amici, per quanto oggi siano tanti i sistemi con cui si cerca di recuperare gli scarti in polietilene, non possiamo abbassare la guardia!  Dobbiamo ricordare sempre che ridurre l’utilizzo e la dispersione della plastica è sempre la soluzione migliore per tutelare l’ambiente. Dunque, l’interessante scoperta della Tarma mangia plastica, in grado di degradare questa inquinante sostanza in modo biologico, è certamente una buona soluzione per il nostro futuro, per contrastare la minaccia globale dell'accumulo di rifiuti plastici. Non dimentichiamo che sta a tutti noi proteggere l’ambiente!

A domani.

Mario

Nessun commento: