venerdì, aprile 12, 2019

SARDEGNA: 2.300 CHILOMETRI QUADRATI DI TERRITORIO A RISCHIO FRANE E ALLUVIONI. CHE FARE?


Oristano 12 aprile 2019
Cari amici,
La Sardegna è in pieno dissesto idrogeologico; ben 2.300 chilometri quadrati di territorio sono a rischio frane e alluvioni. Ciò nonostante i fondi stanziati dallo Stato per la prevenzione, messa in sicurezza e ripristino, sono in costante diminuzione. Il Presidente della Confartigianato Antonio Matzutzi ha di recente dichiarato: “La Sardegna è un’isola troppo vulnerabile: sono necessari urgenti stanziamenti per difendere popolazione, imprese e infrastrutture”.
Si, ben 2.343 chilometri quadrati di territorio sardo devono purtroppo fare i conti con frane e alluvioni. Una superficie ampia, praticamente il 9,7% della superficie totale della Sardegna; un territorio, il nostro, a elevato rischio frana e/o media pericolosità idraulica. Tale situazione, in dettaglio, evidenza che in 338 Comuni dell’Isola (l’89,7% dei 377 totali), via è, nei territori di competenza, una elevata o molto elevata pericolosità derivante da frane o da una media pericolosità idraulica.
Numeri che fanno impensierire, perché relativi ad una popolazione a rischio composta da 138.179 abitanti, oltre a 58.228 edifici, 10.701 attività produttive, 28.674 addetti e 684 beni culturali. Sono numeri ufficiali, che emergono dall'ultimo rapporto dell'Ispra sul Dissesto idrogeologico in Italia (dati 2017), elaborati dall'Ufficio studi di Confartigianato Sardegna, in base al quale, pochissimi Comuni isolani possono ritenersi al sicuro dalle conseguenze degli eventi naturali.
“Dopo le tragedie in termini di vite umane, e dopo i disastri che hanno colpito infrastrutture ed edifici, soprattutto nell’ultimo decennio, ha commentato ancora Antonio Matzutzi, ogni anno nella nostra regione torna d’attualità il tema della lotta contro il dissesto idrogeologico”. I dati riferiti alla Sardegna evidenziano, entrando nello specifico, per ciò che riguarda la pericolosità delle frane, secondo i 4 gradi di pericolosità (dal più basso al più elevato), le aree a rischio coprono una superficie di 5.411 chilometri quadrati, circa il 22,5% dell’intero territorio.
Di questi, 1.498 chilometri quadrati sono a rischio elevato e molto elevato. Per ciò che riguarda la pericolosità idraulica l’area a medio rischio corrisponde a una superficie di 857 chilometri quadrati, il 3,6% dell’intero territorio regionale. Gli altri indicatori presi in considerazione dall’analisi dicono come la Sardegna conti 12.250 edifici esposti a pericolo elevato e molto elevato di frane (il 2,0% del totale) e 41.978 edifici minacciati da rischio alluvione di grado medio (il 6,9%).
“Sulla base di questo rapporto – ha continuato Matzutzi – sarebbe opportuno realizzare e gestire la manutenzione delle opere pubbliche necessarie per difendere famiglie, imprese e patrimonio culturale da frane e alluvioni”. “Purtroppo, però, s’investe sempre meno in prevenzione, messa in sicurezza e ripristino – ha sottolineato ancora il Presidente -; nel corso degli ultimi anni, infatti, l’economia italiana ha registrato una caduta degli stanziamenti pubblici, situazione che rende il territorio più vulnerabile alle conseguenze dei cambiamenti climatici come ogni volta, purtroppo, viene evidenziato dopo gli effetti disastrosi delle ondate di maltempo”.
La conferma di questa diminutio arriva da una recente analisi di Confartigianato sulla spesa nazionale per investimenti contro il dissesto. Questa è passata da 49,9 miliardi di euro del 2010 (valutata in media triennale) a 35,4 miliardi di euro del 2017, con una riduzione del 14,5 miliardi, pari al -29,1%. Nel confronto internazionale è ultima in UE per peso degli investimenti pubblici sul PIL. Una soluzione auspicabile, come messo in evidenza dall’Associazione Artigiana, sarebbe quella del rafforzamento dei maggiori investimenti pubblici pari allo 0,2% del PIL nel 2019 e allo 0,3% nel 2020 e 2021 previsti dal disegno di legge di bilancio 2019, correggendo quindi lo sbilanciamento sulla maggiore spesa corrente. Un’analisi dei dati Eurostat evidenzia come le perdite economiche per disastri naturali siano ingenti e tra il 1980 e il 2016 in Italia valgano 1.072 euro pro capite, il 25,8% in più della media UE di 852 euro.
Senza contare che proprio da quella Ue per molti considerata “matrigna”, secondo i dati del ministero per la Coesione, si sarebbero dovuti utilizzare 1,6 miliardi di euro, in 14 anni, nell’ambito dei programmi Fesr 2007-2013 e 2014-2020, ma l’Italia ne ha spesi appena il 20%. Stiamo parlando di circa 700 interventi presentati dalle regioni italiane per la messa in sicurezza del territorio di cui conclusi appena 333, meno della metà, per un ammontare di pagamenti ricevuti che si aggira sui 320 milioni di euro.

“Dimostriamo ancora una volta di essere incapaci a spendere – conclude Matzutzi - se si guarda alle risorse stanziate nel vecchio Fesr e a quelle programmate fino al 2020, l’Italia ha a disposizione entro quella data 1,6 miliardi di fondi europei e in sostanza, siamo a poco meno del 20% del loro utilizzo. Fondi che dovrebbe interessarci, a maggior ragione, visto lo stato dei nostri conti pubblici e la possibilità di richiesta a Bruxelles di non considerare queste spese nel calcolo del deficit”.

Per Confartigianato Sardegna, quindi, risultano fondamentali non solo efficaci, i sistemi di allertamento, e, in maggior misura, una corretta pianificazione territoriale, con interventi strutturali, manutenzione e buone pratiche anche in campo agricolo e forestale, fondamentali per la mitigazione del rischio idrogeologico, in un'ottica di salvaguardia della sicurezza delle persone e delle realtà produttive. Anche su questi argomenti, l’Associazione Artigiana alla prossima Giunta Regionale, e al prossimo Consiglio, presenterà numerose proposte.
L'amara considerazione è che la Sardegna risulta essere sempre “colonia”, cari amici: finora sono cambiati i suonatori ma la musica è rimasta sempre la stessa!
A domani.
Mario

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