Oristano 19 Novembre 2011
Cari amici,
è con grande amarezza, di uomo e di cristiano, che oggi faccio con Voi una riflessione su un argomento tanto delicato quanto fragile: quello sui “ Valori” , quei pilastri fondamentali che danno senso e che governano la vita di ogni essere umano.
In una Società come la nostra, quella attuale, dove tutto è così mutevole, è ancora possibile dare il giusto valore ai principi fondamentali che regolano la vita di ogni essere umano? Oggi parlare di "valori" e "disvalori" ha ancora senso? Il dubbio è forte perché la "Borsa-valori" dei sentimenti, dei principi, è in caduta libera e segna un rosso sempre più profondo.
Se riflettiamo un istante quei valori che solo una ventina d’anni fa regolavano la vita dei nostri genitori ed a loro apparivano fondamentali per la crescita morale e spirituale dei propri figli, al giorno d'oggi risultano praticamente tramontati, "out", obsoleti, da calpestare, perché ritenuti superati, non confacenti alla realtà in cui viviamo. Possibile che in un baleno le nostre esigenze si siano cosi modificate?
Eppure la storia dell’uomo ci ha insegnato che i valori alla base del vivere civile non solo hanno iniziato ad esistere da tempo immemorabile ma nel tempo sono stati ampiamente coltivati e seppur lentamente si sono “radicati” nei popoli e nelle generazioni che si sono avvicendate, costituendo un patrimonio assolutamente irrinunciabile. Valori forti, valori che consentivano il dignitoso vivere civile, fatto di amicizia, tolleranza e rispetto per gli altri.
La società odierna, però, sembra aver abbandonato la saggezza dei padri imboccando una strada che sembra riportarci indietro di secoli: a quel lontano periodo, a quello “Stato di natura” che Hobbes definiva dell’“homo homini lupus”, quando la vita dell’uomo primitivo era regolata dell’egoismo e dall’individualismo esasperato. Al giorno d’oggi sono tanti i valori che, strada facendo, si sono persi o si stanno perdendo: il valore della famiglia, il senso dello Stato, la fede religiosa, e quant’altro; si è perso soprattutto il “rispetto”, parola ormai obsoleta, antica, non più degna di considerazione, di valore. Una volta il rispetto era un bene prezioso, che albergava in tutti, grandi e piccoli: rispetto per i genitori da parte dei figli, degli alunni per gli insegnanti a scuola, dei lavoratori verso i superiori nei posti di lavoro, dei cittadini nella Società in genere, rivolto a quanti svolgevano pubbliche funzioni, fossero autorità civili, militari o religiose. Il rispetto, ovunque, era sacro. Oggi, purtroppo, con grande mestizia è praticamente scomparso. Perché ho deciso di affrontare questo delicato argomento?
Lo spunto per questa amara riflessione mi è stato dato dai recenti fatti e dalle derivanti polemiche innescate e conseguenti alla nuova “campagna pubblicitaria” messa in atto dalla Benetton e denominata “UnHate” (‘non odio’, come traduzione letterale, anche se, come parola, risulta inesistente).
Questa azienda che per pubblicizzare il suo marchio ha, da molti anni ormai, messo in atto campagne tanto trasgressive quanto scorrette credo che questa volta abbia superato ogni limite non solo di correttezza ma di decenza, violando anche gli aspetti più intimi e personali delle persone. Lo strumento pubblicitario per nella logica dell’ironia, della provocazione, creata per attirare l’attenzione del consumatore, credo debba avere un codice etico e morale con dei limiti assolutamente invalicabili.
In particolare la recente campagna pubblicitaria messa in cantiere da questa azienda, che ormai tutti chiamano “del bacio del Papa”, anche se i fotomontaggi non riguardano solo il Papa e l’Imam musulmano ma importanti capi di Stato e di Governo, risulta essere di pessimo gusto anche nella sua scontata trasgressione.
Cari amici, trasgredire ormai è quel terribile verbo che ha soppiantato quello di radice più antica e diventato obsoleto: quello del rispettare. L’imperativo attuale, quello imposto dalla globalizzazione selvaggia che ormai permea il mondo, è trasgredite, trasgredite, trasgredite, cosi attirerete l’attenzione ed avrete successo! Questo è il credo imperante della società dei consumi, società dell’apparire non dell’essere, società del virtuale non del reale, società dell’egoismo non dell’altruismo, società che violenta gli animi, costruendo un continuo “bellum omnium contra omnes”, ovvero ‘una guerra ‘del tutti contro tutti. La “Comunicazione” credo non sia nata con questo scopo, anzi! Soprattutto quella commerciale.
In tanti ci chiediamo: perché la “Comunicazione”, soprattutto quella pubblicitaria, ha abbandonato i codici di rispetto passando alla trasgressione? Per stanchezza o per mancanza di “capacità comunicativa”? La nuova comunicazione pubblicitaria trasgressiva sembra nascere con uno scopo preciso: colpire il consumatore con la violenza delle immagini, provocandolo e scioccandolo, con la certezza di risultare efficace! Ma, pensandoci bene, una comunicazione pubblicitaria trasgressiva, violenta e dissacrante, cosa può portare di positivo al consumatore dopo lo shock iniziale? Il superamento dei limiti, quando l’azione diventa rozza e volgare, finisce per ottenere lo scopo contrario, per ritorcersi su se stessa e diventare essa stessa vittima della sua trasgressione.
Questa nuova campagna della Benetton dal titolo “UnHate” (‘non odio’, letteralmente tradotto), vorrebbe proporre al consumatore un presunto valore – come l’odio dell’odio – mediante la denigrazione di persone-simbolo, andando a scivolare però nel qualunquismo puro. Oltre il bacio tra il Papa e l’Imam gli altri “baci famosi” prestati a “UnHate” sono quelli tra la cancelliera Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy; tra il presidente americano Barack Obama e il suo omologo cinese Hu Jintao o il venezuelano Hugo Chavez; tra il presidente palestinese Mahmoud Abbas e il premier Benyamin Netanyahu e tra il leader supremo della Corea del nord Kim Jong-il e quello della Corea del sud Lee Myung-Bak.
Credo che il fine teorico che la campagna si era proposto sia stato però mal concepito. A ben pensare disprezzando le persone simbolo si disprezzano le identità e il reciproco riconoscimento. Si manifesta non un”odio dell’odio”, ma un”odio dell’altro” e del reciproco riconoscimento tra altri.
Nei baci Benetton tutte le identità sono dissolte e il bacio trasgressivo diventa un’unica identità comune, generica, negativa e trasgressiva. Baci che non esprimono più nulla, se non l’offesa. Le reazioni di tutti i personaggi rappresentati sono state fortemente negative. La reazione del Vaticano, in particolare, è stata di indignazione verso un “uso del tutto inaccettabile dell’immagine del Papa”. La Benetton si difende, rispondendo che le intenzioni erano buone e il senso della campagna era solo quello di combattere la cultura dell’odio in tutte le sue forme. Credo che queste siano solo parole di circostanza. La verità, invece, resta per me quella che l’intenzione fosse quella di ‘stupire’ con la trasgressione e che, a prescindere da tutto, la trasgressione-spettacolo “paga”, non importa se a caro prezzo.
Il gruppo Benetton, del resto, già nel passato, con Oliviero Toscani, aveva avviato campagne pubblicitarie con immagini di vera provocazione. Nel 1991 aveva utilizzato il “bacio-provocazione”, con un manifesto dove le labbra incollate di un prete e una suora, fecero, non poco, gridare allo scandalo. Oggi, vista la attuale durissima reazione messa in atto dal Vaticano, il gruppo Benetton ha annunciato il ritiro immediato della pubblicità: «Siamo dispiaciuti che l' utilizzo dell' immagine del Pontefice e dell' Imam abbia cosi urtato la sensibilità dei fedeli. A conferma del nostro sentimento abbiamo deciso con effetto immediato di ritirare questa immagine da ogni pubblicazione».
Anche questo sa di trovata pubblicitaria aggiuntiva: ritirare il “prodotto scandalo” non importa quale esso sia, è secondario, perché ormai l' effetto voluto, quello dello stupore trasgressivo, è stato raggiunto. Benetton, ce lo ricordiamo, dovette ritirare anche la foto del prete e della suora di Toscani del 1991, in quanto dopo polemiche e lamentele, l' Istituto di autodisciplina pubblicitaria la fece ritirare in tutta Italia. La volpe, però, come possiamo constatare anche oggi, perde il pelo ma non il vizio. Nel 1992 fu di nuovo polemica: con la campagna che mostrava due genitori al capezzale di un malato morente di Aids.
Scrive Stefano Fontana su Oggi in un articolo del 17 Novembre 2011: “…In un mondo in cui la Bibbia è la strada e i manifesti pubblicitari sono i capitoli di un libro per immagini, le istantanee su pannelli di 23 metri per 6 sfidano la coscienza e aprono nuovi ambiti di obiezione di coscienza. La pubblicità morirà quando non se ne parlerà più e non se ne parlerà più quando essa ci avrà abituato a non reagire più in coscienza. Di dissacrazione in dissacrazione la pubblicità inibisce le coscienze e si suicida. Salviamola dai baci di Benetton, salveremo anche la nostra coscienza…”.
Credo che siano parole che dovrebbero far meditare tutti. Noi in primo luogo, che la pubblicità la subiamo, per affrancarcene, ma anche quelli che, invece, considerandoci dei cloni, la realizzano, senza pudore e senza ritegno, miscelando, come gli antichi stregoni in un calderone maleodorante, i più terribili vizi dell’uomo, a partire dall’egoismo e dalla sete di ricchezza e potere.
Grazie della Vostra attenzione.
Mario
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