lunedì, maggio 30, 2016

AMIANTO: SARÀ IL SIERO DEL LATTE A TRASFORMARLO DA PERICOLOSO RIFIUTO IN RISORSA UTILE!



Oristano 30 Maggio 2016
Cari amici,
L’amianto (ben più noto come Eternit dal nome della fabbrica industriale che per anni lo ha lavorato e commercializzato), da terribile rifiuto ad altissima pericolosità (che solo in Italia ha causato migliaia di morti e che è ancora presente in migliaia di discariche), potrebbe trasformarsi in una risorsa utile. Questo è quanto è emerso da una ricerca portata avanti dall’Università di Bologna, che è riuscita a rendere innocue le sottilissime e pericolosissime fibre di asbesto, miscelandole con un’altra sostanza. Ma cos’è successo esattamente, come si è arrivati a rendere inoffensivo l’amianto? Vediamo intanto di sapere qualcosa di più su questo minerale, naturalmente presente in natura.
L'amianto (o asbesto) è un minerale naturale a struttura microcristallina; di aspetto fibroso appartiene alla classe chimica dei silicati. Il prodotto commerciale si ottiene mediante attività estrattiva, e il suo nome antico, Asbesto, significa "Che non si spegne mai". La sua composizione chimica è abbastanza variabile ed è costituita da numerosissimi fasci di fibre molto fini, tanto che in un centimetro lineare si possono contare, fianco a fianco, fino a 335.000 fibrille. Per capire meglio pensate che in un centimetro posso starci circa 250 capelli: ben poca cosa rispetto alle 300 mila fibre dell’amianto, tanto più sottili!
La scoperta e la successiva valorizzazione dell’amianto risalgono alla fine dell’800. Nel 1907 a Casal Monferrato nasce l’ETERNIT, fabbrica fondata dall'ingegnere italiano Adolfo Mazza, che nei periodi di maggior produzione impiegò oltre 2.000 lavoratori. Restò in funzione fino al 1986, quando si scoprì la sua terribile pericolosità che mise fuori commercio un prodotto che, anche se utile, creava più danni che guadagni. Nei circa ottant'anni di produzione, l'ETERNIT divenne popolarissima: nel 1915 inizia la produzione delle fioriere, nel 1933 fanno la loro comparsa le lastre ondulate, usate spesso per tetti e capannoni e alla fine degli anni '70 i tubi in fibrocemento, che rappresentarono lo standard nella costruzione di acquedotti e fognature.
L’impiego dell’Eternit fu così generalizzato che venne impiegato dappertutto: in scuole, ospedali, palestre, cinema oltre che in tutti i settori industriali. Nella seconda metà degli anni '50, proprio in seguito ad un incendio di carrozze ferroviarie, allora isolate con sughero, la coibentazione fu sostituita con l’amianto e non solo nelle carrozze ferroviarie ma anche nelle navi e nei palazzi (anche pubblici). Oggi, pur consci della pericolosità che rappresenta, una immensità di case è ancora coperta di lastre di eternit, la gran parte degli acquedotti è realizzata con tubi sempre in Eternit e le coibentazioni precedentemente realizzate con questo pericoloso materiale ancora in uso.
Un pericolo mortale quello rappresentato da queste fibre, visto che l’asbesto, come tutti i materiali fibrosi, è molto friabile e, una volta respirato, tende ad accumularsi nei bronchi e negli alveoli polmonari provocando danni irreversibili ai tessuti, spesso di natura cancerogena. Tra le patologie e le forme tumorali accertate derivanti dall’inalazione di particelle di amianto, quelle più pericolose e diffuse sono l’asbestosi, il mesotelioma pleurico-peritoneale ed il cancro ai polmoni, oltre a varie forme di cancro del tratto gastro-intestinale e della laringe. Dal 1992 in Italia è entrata in vigore la legge 257, che ha provveduto a vietare ogni tipo di attività di estrazione, produzione e commercio di amianto e beni che lo contengano.
Tuttavia l’Italia (e non solo la nostra nazione) è ancora “coperta” in modo massiccio da queste pericolose “onduline” e lo smaltimento (che avviene con particolari accorgimenti) risulta sempre più difficile e costoso. Proprio per questo la recente scoperta sulla sterilizzazione di queste fibre risulta certamente di grande interesse e potrebbe costituire un ‘via nuova’ per porre rimedio a questo serissimo problema che ancora crea patologie che portano anche alla morte. Lo studio recente è stato portato avanti a Bologna dall’equipe universitaria del Professor Norberto Roveri, del Dipartimento di Chimica dell’Ateneo. Ma vediamo di cosa si tratta esattamente.
Il processo tecnologico sperimentale messo a punto dall’equipe del professore, altro non è che il risultato di una reazione chimica, che è riuscita a 'legare', rendendole innocue, le fibre di amianto amalgamandole con alcune sostanze contenute negli scarti industriali del latte (rifiuto zootecnico) provenienti dai caseifici. Dalla reazione delle due materie (entrambe pericoloso rifiuto), si potrebbero invece ricavare dei prodotti utili e commerciabili: dai fertilizzanti all’idropittura. Incredibile ma vero!
Il primo impianto industriale sperimentale, in grado di "riciclare" l'amianto, sorgerà a Sedegliano, piccolo comune in provincia di Udine. Qui i duel pericolosi scarti verranno resi inerti e trasformati: grazie all'innovativo processo chimico che, utilizzando il siero del latte, renderà inoffensive le pericolose fibrille di asbesto. Studiato dal Chemical Center, spin off del dipartimento di chimica dell'Università di Bologna, questo procedimento industriale è strutturato in due fasi, come ha spiegato Giovanni Viola, amministratore unico di Chemical Center, al Corriere della Sera.
La prima fase avviene in un reattore in vetroresina, dove a temperatura ambiente l’eternit (cemento e amianto) interagisce con il siero di latte esausto (rifiuto zootecnico); dalla reazione dei composti si libera anidride carbonica e vengono prodotti acqua, ioni calcio e fibre di amianto. Nella seconda fase, invece, le fibre di amianto ed il siero, intorno ad una temperatura di 150-180°C, producono una soluzione di ioni metallici recuperabili per via elettrochimica e fosfati, silicati e batteri morti utilizzabili come fertilizzanti. Con questo processo chimico innovativo non solo vengono "eliminati " il siero di latte e l'amianto senza produrre alcun tipo di scarto, ma generando invece materie prime riutilizzabili nel ciclo produttivo, con conseguenti vantaggi ambientali ed economici. Purtroppo la soluzione del professor Roveri non è ancora attuabile al di fuori dei confini dei laboratori universitari. Il metodo messo a punto dal docente bolognese deve infatti essere ancora approvato dal Ministero dell’Ambiente. Se approvato, ogni Regione potrebbe dotarsi di un impianto di smaltimento, velocizzando la bonifica del territorio dall’eternit.
Cari amici, l’Eternit e i rifiuti elettronici (RAEE) costituiscono oggi gli scarti più pericolosi e inquinanti, ma con la giusta attenzione, da rifiuti possono diventare risorsa. Soluzioni come quelle dell’eternit trattato con siero di latte possono portare non soltanto alla riduzione di un grande pericolo ma anche a risparmi netti sui costi di smaltimento: studi recenti dicono fino a 604 miliardi di euro in tutta l’Unione Europea, pari il 3,5 % del PIL europeo annuo. Non è cosa da poco, se pensiamo in particolare anche alla salute derivante dall’eliminazione degli inquinanti.
Speriamo di essere davvero sulla buona strada!
A domani.
Mario


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