Oristano 18 Gennaio 2012
Cari amici,
E’ ancora in corso la grande tragedia che ha visto ‘naufragare’ non solo una delle più belle navi da crociera del mondo ma anche molte sicurezze, certezze, speranze, soprattutto quelle legate ad uno dei pochi settori che ancora sono considerati ‘trainanti’ per la nostra economia, flaccida e priva di forze, adagiata su una pericolosa china (come la naufragata nave in parola), con conseguenze non facilmente quantificabili: il Turismo.
Questa mia riflessione non è relativa ad un’analisi dei fatti, delle cause di quanto è successo in mare la notte maledetta del naufragio, ne sui dubbi, sui presunti colpevoli, di una tragedia che, a ben analizzarla, potrebbe apparire annunciata. Sulla tragedia solo un mesto pensiero alle vittime ed alle loro famiglie.
Perché dico tutto questo? Perché parlo di tragedia annunciata? Cerco di spiegare il perché, partendo da lontano.
L’avvento della Globalizzazione, che ormai ha sostituito senza possibilità di ritorno i vecchi concetti e le antiche strutture industriali, finanziarie e commerciali, ha rivoluzionato in modo irreversibile la vita dell’intero pianeta. Questo processo economico e sociale ‘globalizzante’, se da un lato ha avuto l'effetto di unificare le economie, i modi di vita e la cultura, prendendo come modello di riferimento quello occidentale, dall’altro ha causato l’aumento dell'instabilità delle economie e dei mercati, con ricorrenti crisi finanziarie molto difficili da porre sotto controllo; ha in particolare comportato l’aumento degli squilibri sociali tra paesi ricchi e paesi poveri, a vantaggio dei primi, limitando o addirittura annullando il potere ed il controllo da parte degli Stati, spostandolo a favore delle possenti multinazionali, la cui potenza finanziaria condiziona economia, ambiente e modelli di vita in tutto il pianeta.
Tutti gli Stati hanno toccato con mano le conseguenze della Globalizzazione, in particolare quegli stati, come il nostro, carenti delle importanti materie prime di base, petrolio e minerali; Stati, però, importanti sotto il profilo della trasformazione e quindi della lavorazione dei prodotti importati. In Italia la grande capacità lavorativa dei suoi abitanti ha fatto epoca per un lungo periodo, per capacità, qualità ed innovazione, fino all’arrivo, appunto, della Globalizzazione.
Cadute le barriere tra Stati la concorrenza sul costo del lavoro si è fatta ogni giorno più forte. L’arrivo di prodotti a basso costo, ha fatto cadere la richiesta dei nostri prodotti similari, certo di qualità più elevata, ma con un rapporto qualità prezzo assolutamente in netto favore di quelli della concorrenza. Quale la conseguenza immediata? La decisione, da parte delle aziende, di andare a produrre negli Stati con il costo del lavoro inferiore. Questo il primo degli effetti tragici della globalizzazione! Abbiamo assistito ad una drastica diminuzione degli occupati, prima nell’industria, e successivamente in tanti altri settori, a cascata. I settori che hanno cercato di resistere hanno dovuto drasticamente ridurre il personale qualificato, diminuire i controlli, le manutenzioni e trovare un modo di sopravvivenza che, però, comportava un ampio aumento dei rischi sia per la produzione che per l’utente finale: il consumatore. Pensiamo alle tragedie ferroviarie, ai morti nelle fabbriche per la carenza di sicurezza, a quelli nelle strade per la mancata efficienza e sicurezza della rete (tanti i costi per adeguarla).
Credo che anche il recente terribile fatto del naufragio della Costa Concordia possa rientrare, per certi aspetti, in queste considerazioni; è possibile che dietro le carenze rilevate si possano trovare degli indubbi legami.
Alla apparente ed encomiabile bellezza e modernità della nave, sicuramente un vero gioiello di moderna tecnologia, forse, non si accompagnava un altrettanto robusto e necessario supporto umano, quantitativamente e qualitativamente adeguato e preparato.
Se sono vere le notizie apparse sui vari organi di stampa, i passeggeri in un clima caotico da bolgia infernale sono stati assistiti e seguito da “camerieri”, “baristi” ed “inservienti”, che non avevano la minima dimestichezza con le procedure di salvataggio e privi della conoscenza degli standard necessari per poter garantire una rapida evacuazione di una massa cosi imponente di persone di tutte le età, tra cui donne, bambini e disabili.
Una “Città galleggiante” come la Costa Concordia, che ospitava tra passeggeri ed equipaggio oltre 4mila persone, doveva ottemperare a regole di comportamento in mare severissime, tempestivamente controllate, e, soprattutto, essere governata da uomini di provata esperienza, testati severamente e costantemente, in condizioni psicofisiche di alto livello, capaci di prendere decisioni rapide e razionali, scevre da personalismi ed edonismi. A quanto risulta tutto questo era assente o carente, a partire dal Comandante.
Tutto questo, però, ha un costo non indifferente per un’azienda seria. L’applicazione di questi standard comporta costi più alti, spesso non concorrenziali con gli altri competitors, capaci, se applicati, di far affondare l’azienda che li pratica. Ecco, allora, che per soddisfare il bisogno di competizione, per “restare a galla” sul mercato si trovano soluzioni ad alto rischio: personale scarso, inadeguato e poco preparato, che in caso di difficoltà non è in grado di trovare lucidamente e rapidamente la giusta soluzione ad un problema.
Restare a galla in modo cosi pericoloso sul mercato, però, comporta un aumento stratosferico dei rischi, facendo affondare, al minimo inconveniente “sacco e sale”.
E’ con grande amarezza che faccio queste riflessioni su questa tragedia. Io, che di anni ne ho non pochi sulle spalle, ho vissuto in precedenza l’economia non globalizzata. La Globalizzazione era un cambiamento che, fin dall’inizio, mi faceva paura, perché paventavo proprio conseguenze terribili come queste. Anche volendo, però, non sarà facile tornare indietro, perché certi processi, superato “il punto di non ritorno” possono solo andare avanti, sperando solo in probabili correttivi.
L’Italia vive già, come tutti noi ben sappiamo, un momento delicatissimo che con grande ansia si cerca di tamponare, per evitare che l’egoismo di pochi danneggi ulteriormente i più deboli. Anche questa tragedia, se influirà pesantemente sullo sviluppo del nostro turismo, sarà un’altra pesantissima tegola che rischia di schiantarci. Speriamo di no.
Ecco perché, da sardo orgoglioso e convinto, ho voluto aprire e chiudere questa mia riflessione con uno dei nostri saggi proverbi: “MIRA CANT'EST ISFIDIADA A BORTAS SA SORTE 'E S'ÓMINE! ONZI ATZUMBADA A SU PÓDDIGHE MALU!(1)”.
Grazie dell’attenzione!
Mario
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(1) Liberamente tradotto significa: “ Guarda quanto è, a volte, perfida la sorte dell’uomo! Ogni colpo cade proprio sul dito già sofferente!”.
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