domenica, ottobre 14, 2018

LA LEZIONE DI DIRITTO (COSTITUZIONALE) DI SABINO CASSESE AL V. PREMIER LUIGI DI MAIO.


Oristano 14 Ottobre 2018
Cari amici,
Credo che siamo in tanti a sapere chi è Sabino Cassese. Unanimemente considerato uno dei grandi saggi italiani viventi, è un fine giurista, giudice emerito della Corte costituzionale, che in passato è stato anche “prestato alla politica”, avendo rivestito l’incarico di Ministro della Funzione Pubblica. Non un semplice accademico, dunque, in quanto nella sua lunga carriera (è ormai alla soglia degli 83 anni) ha percorso la via accademica, quella del diritto e quella della politica. Una persona, dunque, più che navigata, in grado certamente di dire la sua in molti campi, a partire da quello politico, con autorevolezza, competenza e saggezza.
Dopo l’insediamento del nuovo Governo Lega-5Stelle, ha avuto occasione più di una volta di esprimersi pubblicamente, rimarcando certi comportamenti dei suoi esponenti da Lui ritenuti come minimo inadeguati e poco consoni. Di recente, n particolare rivolgendosi al Vice Premier Di Maio, ha cercato di dargli qualche lezione in più di diritto costituzionale. L'occasione è arrivata dopo le ultime “uscite” fuori luogo fatte dal Vice Premier, quando per esempio rivolgendosi ai responsabili di Bankitalia e Inps li ha invitati a candidarsi, dimostrando di ignorare le regole alla base del funzionamento del nostro Paese; Cassese, dopo questa ennesima uscita pubblica, non è riuscito a contenersi, e dopo aver preso carta e penna, ha inviato al Corriere della Sera una ‘lettera aperta’ in cui, facendo seguito alle sue ‘lezioni’ precedenti, ha cercato di mettere Di Maio in guardia, di fargli comprendere che certi comportamenti creano il rischio di far cadere l’attuale esecutivo nella “tirannide della maggioranza”.
Luigi Di Maio, infatti, nel fare come al solito pubblicamente la voce grossa, continua a commettere l’errore di confondere il Governo con lo Stato. Nel caso recente la sua esternazione contro i responsabili di Enti come Inps e Banca d’Italia, con il chiaro “invito a dimettersi” e a candidandosi, poi, per avere il consenso del corpo elettorale, ha commesso un errore fatale: dimostrando una macroscopica ignoanza, ovvero la mancata, approfondita conoscenza del Diritto Costituzionale che regola la nostra vita sociale. Ecco il contenuto della lunga lettera-aperta inviata da Cassese al Corriere, con l'invito a Di Maio a prenderne atto.
«Se Banca d’Italia vuole un governo che non tocca la Fornero, la prossima volta si presenti alle elezioni con questo programma», ha dichiarato Luigi Di Maio il 9 Ottobre scorso, commentando le valutazioni espresse dalla Banca centrale in Parlamento sulla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. Dunque, per il Vicepresidente del Consiglio dei Ministri tutto il potere discende dal popolo ed è sempre il popolo che, mediante elezioni, deve pronunciarsi. La democrazia è ridotta ad elezioni e anche i vertici della Banca d’Italia debbono presentarsi all’elettorato o sottostare alla volontà del Governo. Questa è una versione romanzata della democrazia, che, invece, ha al suo interno poteri e contropoteri, non tutti con una investitura popolare diretta. Le Corti giudiziarie, la Corte costituzionale, le Autorità indipendenti, le Università, sono corpi autonomi, alcuni garantiti come tali dalla stessa Costituzione.
Le persone che ne sono titolari non sono elette, ma scelte in altri modi, per lo più sulla base del merito, delle competenze, dell’esperienza, con competizioni aperte (concorsi). In questo modo si realizza il pluralismo del potere pubblico, si riconosce il potere della conoscenza, quello della competenza, quello del giudizio imparziale. Questo pluralismo serve a uno scopo fondamentale, quello di impedire la tirannide delle maggioranze, un pericolo segnalato nel 1788 da James Madison in America, nel 1835 da Alexis de Tocqueville in Francia e nel 1859 da John Stuart Mill in Inghilterra. Questi pensatori e uomini politici, le cui idee sono state alla base delle democrazie americana, francese e inglese, erano preoccupati di equilibrare i poteri dello Stato e di evitare che la maggioranza (popolare e parlamentare) imponesse alla società le proprie idee e le proprie pratiche, garantendo così i dissenzienti e i diritti individuali nei confronti dell’opinione e dei sentimenti prevalenti.
Un posto particolare, tra i poteri indipendenti, hanno le banche centrali. David Ricardo, nel 1824, auspicava la separazione istituzionale tra il potere di creare denaro e il potere di spenderlo e il divieto di finanziamento monetario del bilancio dello Stato. Più di un secolo dopo, Milton Friedman voleva che il sistema monetario fosse libero da interferenze governative. Nel 1981, per opere di Nino Andreatta e di Carlo Azeglio Ciampi, si realizzò il completo divorzio tra Tesoro dello Stato e Banca d’Italia, che fu liberata dall’obbligo di acquistare i titoli pubblici inoptati da banche e risparmiatori. Ora la Banca d’Italia fa parte del Sistema europeo delle banche centrali.
Lo Stato italiano ha firmato un trattato secondo il quale il governo si impegna a non cercare di influenzare gli organi della Banca centrale. La Banca europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote. Le Banche centrali non possono avere istruzioni dai governi, né sottostare a loro direttive, i loro dirigenti non possono esser rimossi, le loro competenze sono esclusive, la loro indipendenza finanziaria e organizzativa è piena. Tutto questo per sottrarre la politica monetaria alle influenze dei governi, per assicurare la stabilità dei prezzi e il controllo indipendente dei tassi di interesse.
Di Maio, nel fare la voce grossa, ignora tutto questo e commette l’errore di confondere il Governo con lo Stato, errore che commette di frequente, quando, ad esempio, invita presidenti di Enti a dimettersi, o pretende che alti funzionari dello Stato godano della sua fiducia. In un momento di «hybris», l’altro Vicepresidente del Consiglio dei Ministri ha detto, recentemente, che l’attuale Governo rappresenta la volontà di 60 milioni di italiani. Sarebbe bene che ambedue i Vicepresidenti ricordassero che hanno avuto complessivamente poco più di 16 milioni di voti, che rappresentano poco più di un terzo degli italiani con diritto di voto.
Cari amici, credo che non debba aggiungere nulla alla riflessione di Sabino Cassese, in quanto il suo pensiero non è e non può essere messo in discussione da nessuno, se non in malafede; a meno che, prima, non vengano chiamati ad esprimersi quei 60 milioni di italiani prima citati, con delle proposte di modifica (rispecchianti il pensiero di Di Maio) dell’attuale assetto istituzionale e costituzionale e, ovviamente ottenendo, trattandosi di leggi costituzionali, quel largo, favorevole consenso previsto. Chi governa, non dimentichiamolo mai, lo dovrebbe sempre fare nell'interesse dell'intero popolo italiano, e certi voli pindarici o certe prese di posizione urlate a gran voce credo siano assolutamente fuori luogo.
Meditate, gente, meditate.
A domani.
Mario


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