giovedì, ottobre 02, 2025

NEL REGNO UNITO PORTATO AVANTI UN PROGETTO PER LA PROTEZIONE DELLE API SOLITARIE: LE NUOVE COSTRUZIONI URBANE DEBBONO PREVEDERE L’INSTALLAZIONE DI “MATTONI D’APE”!


Oristano 2 ottobre 2025

Cari amici,

Nel Regno Unito, precisamente nella città di Brighton and Hove, una nota stazione balneare sulla costa meridionale britannica, l’ufficio tecnico ha introdotto l’obbligo di includere nelle nuove costruzioni in muratura degli speciali mattoni forati, chiamati i "MATTONI D'APE", per ospitare le numerose specie di api che non risiedono in alveari. Sono le cosiddette “API SOLITARIE”, che costituiscono quasi 250 delle circa 270 specie di api presenti in Inghilterra. Dal 1900 il Regno Unito ha perso 13 specie, mentre altre 35 sono considerate a rischio di estinzione, mettendo in pericolo le produzioni che dipendono dall’impollinazione fornita da queste api.

Questi particolarissimi "Mattoni d'ape", sono realizzati in calcestruzzo misto a materiale riciclato: sono dei particolari mattoni dotati di piccoli fori  rotondi, con una cavità interna strutturata come un piccolo alveare, destinato ad ospitare le api solitarie. A differenza delle api mellifere, questi impollinatori solitari sono ormai presenti nelle città, e preferiscono piccoli buchi comodi dove deporre le uova in sicurezza. Questi particolari mattoni-alveare, infatti, vengono integrati direttamente nelle pareti di case, scuole e uffici di nuova costruzione. I loro fori poco profondi imitano le fessure naturali che le api in natura cercano in legno o pietra, ma questi “di città” sono realizzati in un formato gradevole, che si adatta al design moderno.

Indubbiamente è un’idea geniale, che favorisce le esigenze naturali di queste api, offrendo loro protezione dai predatori, dalla pioggia e dal tempo rigido; curiosamente si potrebbe dire che per loro sono dei veri “appartamenti” a misura di api di città! La cosa positiva è che quest’invenzione è una efficace risposta al rapido declino degli impollinatori, dovuto alla perdita dell'habitat. Incorporando la biodiversità negli edifici, le città diventano non solo a misura dell'uomo, ma anche a misura degli altri abitanti della natura. È un passo semplice ma potente: questo piccolo mattone pieno di cavità, aiuta a ripristinare gli ecosistemi vitali, dove le api possono prosperare, anche nelle giungle di cemento.

La designer Faye Clifton, direttrice di Green&Blue, una delle aziende che fabbricano i “Bee bricks”, ha spiegato che i “mattoni per le api” ricreano  un genere di nido adatto alle api solitarie che cercano un rifugio in città, ma sempre più difficile da trovare a causa della “precisione” delle costruzioni moderne. Anche Robert Nemeth, consigliere comunale di Brighton, ha detto: “Le api solitarie nidificano in malte fatiscenti e vecchi mattoni, ma gli edifici moderni sono così perfetti che tutte le cavità sono tappate”.

Si, amici, la nuova regolamentazione urbana di Brighton and Hove si applica a tutti gli stabili più alti di cinque metri, e va ad aggiungersi all’obbligo già esistente di comprendere nella muratura spazi che permettano la nidificazione agli uccelli per incoraggiare la riproduzione delle specie, che non trovano più luoghi adatti nelle costruzioni di tipo più moderno. Mentre i “mattoni per i rondoni” – “swift bricks” – risultano già abbastanza utilizzati anche nelle altre aree urbane britanniche, quelli per le api non sono ancora d’uso comune. La novità dovrebbe comunque favorire ulteriormente la biodiversità a Brighton and Hove.

L’iniziativa è davvero lodevole, in particolare dal punto di vista ambientale, ma è anche vero che, mentre rondini e rondoni non presentano grandi rischi per il pubblico, le punture di api, vespe e calabroni possono – seppure solo occasionalmente – risultare fatali per le persone vulnerabili. Comunque sia, questa soluzione ripristina una “sinergia” naturale che si era perduta da tempo: questi particolari mattoni per api, infatti, sono stati sviluppati in collaborazione con esperti di settore, e mimano un ambiente naturale.

Cari amici, a me l’iniziativa è apparsa davvero eccellente, perché l’uomo col passare del tempo ha modificato, spesso in modo irreversibile, i millenari cicli naturali. Ben venga dunque questa lodevole iniziativa. Come ha affermato con convinzione Robert Nemeth, il consigliere comunale prima citato, primo promotore dell’iniziativa: “I mattoni per le api sono una delle diverse misure che dovrebbero essere attuate per affrontare i problemi di biodiversità che sono emersi, come risulta chiaramente dopo anni di abbandono dell’ambiente naturale”,.

A domani, amici lettori.

Mario

mercoledì, ottobre 01, 2025

POTERE, POLITICA E NEPOTISMO. QUANDO I POLITICI UTILIZZANO IL POTERE PER SISTEMARE, FIGLI, AMICI E I LORO GRANDI ELETTORI.


Oristano 1 ottobre 2025

Cari amici,

Inizio i post di ottobre, riflettendo su uno dei mali più pericolosi nella vita dell'uomo: IL NEPOTISMO. Se andiamo a consultare un dizionario, per conoscere con esattezza il significato del termine “NEPOTISMO”, troveremo scritto ”Favoreggiamento di parenti e amici da parte di persone autorevoli, in particolare nella vita politica o nel settore pubblico dell'economia, al fine di far loro ottenere cariche o uffici”. Significato chiaro e lampante, e, dicendola tutta, nella nostra realtà italiana il Nepotismo è ben radicato, in particolare nell’ambiente politico. La sistemazione del “Parente” del potente di turno non è rara, e questo viene collocato in posizione apicale, ovvero in un incarico di alto livello, spesso senza avere non solo i titoli giusti, ma anche le necessarie capacità.

Amici lettori, che un genitore, padre o madre che sia, cerchi di ottenere per i propri figli (o anche familiari) quanto di meglio e nel modo più consono per il loro avvenire, è certamente un comportamento doveroso. Spesso, però, l’applicazione esula dalle regole, e quel principio, più noto come quello della continuità generazionale, è ben visibile in particolare all’interno della Pubblica Amministrazione italiana. Attribuire indistintamente colpe ai potenti della P. A. è un luogo comune, spesso privo di fondamento, ma il nepotismo è praticato, e a dimostrarlo sono i numerosi fatti che continuano da sempre.  È in particolare la letteratura scientifica che attesta con lucida certezza che il FENOMENO DEL NEPOTISMO è endemico nell’Amministrazione pubblica del nostro Paese.

Per contrastare in Italia il Nepotismo c’è addirittura chi afferma, con grande convinzione, che “Bisognerebbe approvare una legge che stabilisca che i figli dei parlamentari non dovrebbero poter ricoprire incarichi dirigenziali di altissimo livello (da 100 o 200 mila euro l’anno)”, vietando, un po’ come avviene con i finanzieri, che non possono avere conflitti d’interesse. Di esempi se ne potrebbero fare tanti, presi da Comuni piccoli e grandi, da amministratori di Province e Regioni, e, ovviamente dai rappresentanti in Parlamento. 

Amici, il Nepotismo imperversa e dilaga. Basta leggere le tante notizie di stampa e on line, per rendersi conto che diversi posti di lavoro e consulenze continuano ad essere affidate ai figli e ad altri familiari di politici di ogni colore. Insomma, nel nostro Paese il potere politico è spesso usato con troppa disinvoltura per scopi che nulla hanno a che fare con il mandato ricevuto dagli elettori. Quando il potere politico, anziché occuparsi con impegno e onestà della cura della Res pubblica, cerca, invece, di trarre beneficio privato dal potere che si ritrova, lucrando vantaggi economici o acquisendo posti di lavoro di alto livello per i propri parenti o amici, questo comportamento risulta altamente illecito.

Amici lettori, la “Raccomandazione” in Italia è sempre esistita, come ben sappiamo. In tanti alti posti di comando di aziende pubbliche o semi-pubbliche, sia ieri che oggi continuano ad essere collocati dei “mega direttori galattici”, che potrebbero essere meglio definiti dei “Mega raccomandati”; sono personaggi con preparazione all’acqua di rose, che hanno scavalcato tanti titolati e capaci ragazzi, nati in famiglie non ricche che si spaccano la schiena per pagare l’università ai figli. Alla fine, però, seppure laureati anche con 110 e lode, essi si vedono scavalcati dai figli dei politici, la cui preparazione era a dir poco approssimativa.

Quando certi comportamenti superano il livello di guardia, è necessario trovare il giusto rimedio. Il nepotismo nella Pubblica Amministrazione, amici, è un comportamento deleterio, che, in buona sostanza, significa, “privatizzare i profitti e socializzare  i costi”. Mettere ai posti di comando gli incapaci raccomandati, meno competenti e capaci di quelli che avrebbero con pieno titolo potuto occupare quella posizione, significa aumentare le spese e diminuire l’efficienza complessiva dell’Amministrazione Pubblica che li ha in carico. Introdurre logiche meritocratiche in seno alla Pubblica Amministrazione, è un traguardo che non si è mai raggiunto (o voluto raggiungere…), perchè nessuna riforma ha concretamente affrontato finora il problema.

Cari amici, fare questo difficile passo credo sia non solo utile ma necessario, perchè aumenterebbe la produttività e l’efficienza nelle strutture pubbliche del nostro Paese. Spero che non rimanga un sogno, anche se a me i dubbi permangono! Mi sembra di rivedere “Don Chisciotte” che lotta contro i mulini a vento…

A domani.

Mario

martedì, settembre 30, 2025

LA SARDEGNA DEL PASSATO: QUANDO PER SPOSARSI SI RICORREVA A “SU PARALIMPU”. ECCO COME LA RACCONTA ANTONANGELO LIORI, GIORNALISTA E STUDIOSO DELLE NOSTRE TRADIZIONI POPOLARI.


Oristano 30 settembre 2025

Cari amici,

Da sardo orgoglioso chiudo i post di settembre dedicando quello di oggi alle nostre antiche tradizioni. Considerata la mia non più giovane età, ho avuto modo, molti anni fa, di incontrare e conoscere ANTONANGELO LIORI, allora giovane e intraprendente comunicatore che intendeva diventare protagonista della “Carta Stampata”. Dopo la laurea in lettere e quella in antropologia, volle intraprendere con determinazione la carriera giornalistica, entrando prima al giornale La Natzione Sarda e poi, nel 1984, nell’Unione Sarda, diventandone direttore nel 1994, raggiungendo in questo modo il record di più giovane direttore di quotidiani d’Italia. Fu un grande protagonista del processo di rinnovamento dei quotidiani, e l’Unione Sarda, infatti, fu la testata prima in Europa e seconda al mondo, dopo il Washington Post, ad avere un proprio sito internet.

Liori, nato a Desulo il 1º aprile del 1964, non si è mai allontanato dal mondo agro pastorale delle sue origini, quelle barbaricine, diventando uno straordinario studioso di quel mondo, in particolare della nostra cultura e delle nostre tradizioni popolari. L’uomo Liori, che mi permetto di definire giornalista-pastore, nonostante abbia lasciato la direzione dell’Unione da circa 25 anni, continua le sue quotidiane riflessioni sui media, in particolare i social, relative ai vari temi sociali e culturali della nostra isola. La sua narrazione, forte e veritiera, continua ad offrire una prospettiva unica sulle sfide e le opportunità che la nostra isola può avere dal mantenere vive le nostre antiche, radicate tradizioni, in un mondo globalizzato che cambia (spesso negativamente) troppo rapidamente.

Chi segue i social, come ad esempio Facebook, troverà diverse sue riflessioni appassionate sulla vita comunitaria di ieri, e sull’importanza che questa aveva nelle Comunità del passato; una vita vissuta con l’orgoglio dell’appartenenza e della conservazione delle tradizioni familiari e sociali. Nelle sue riflessioni Antonangelo enfatizza l’importanza dell’interazione tra l’uomo e la natura, il rispetto del passato e delle sue radici, evidenziando la necessità di trasmettere questi valori alle generazioni future.

Ebbene amici, oggi voglio riportare a Voi lettori una sua riflessione che ho letto di recente, con grande piacere su Facebook, riferita, nel passato, alla “nascita di una nuova famiglia”, ovvero alla combinazione di un matrimonio, in modo ben diverso da quello che possiamo vedere oggi, con "l’amore" percepito in ben altro modo! Indubbiamente ai giovani di oggi questa riflessione potrà sembrare quasi irreale, nel senso che viene difficile pensare ai giorni nostri ad un matrimonio combinato con l’aiuto del sensale, il “PARANINFO (in sardo Su Paralimpu), ma allora così funzionava, eccome! Ecco, amici lettori quanto raccontato nella sua riflessione da Antonangelo Liori.

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 NON SO MAI COSA DIRE SULL'AMORE.

Non so mai cosa dire sull'amore. Perché è un sentimento così prezioso che a parlarne se ne perde la magia. So solo che mio nonno, Soboi Frore "margiane", quando raggiunse la quantità di bestiame sufficiente per mantenere con decoro la famiglia, scrisse una lettera alla madre chiedendole di trovargli una moglie per quando sarebbe tornato col gregge in primavera. Giovanna Pitzeri così fece. Si guardò intorno e individuò, fra le vicine di casa, Maria Murgia Piroi, una ragazza bella, alta quasi quanto lui, benestante come lui, lavoratrice e brava massaia.

Così mandò un telegramma - nonno in quegli anni transumava nelle campagne di Ittiri - con un messaggio laconico. "Tutto a posto. Trovata". Mandarono un paraninfo per assicurare il tutto e, fatto l'affare, costui venne ricompensato con un paio di COSINZOS (scarponi da campagna) nuovi di pacca fatti dall'artigiano locale. Il 22 maggio nonno arrivò col gregge, lasciò in campagna il servo pastore e si agghindò per bene - abito di velluto color oliva nuovo di zecca, gambali a isticca con stiletto incorporato lucidi fiammanti, camicia alla sarda candida di lisciva - per chiedere la mano della sua futura sposa.

Non l'aveva mai vista prima. Quando le si presentò davanti si sfregò soddisfatto le mani. "perfetta per me", disse in cuor suo. Ringraziò la madre, portò i doni di rito - zucchero, caffè, i bottoni d'oro per il costume della sposa, la fede sarda, una camicia al suocero, un panno di broccato per la suocera, torrone - e ricevette i doni di rito - una camicia bianca per lui, dolci, una pezza di velluto, vino, acquavite, una pezza di broccato per la madre - e finalmente i due promessi sposi poterono darsi la mano.

Nonno ogni sabato sera andava a trovare la sposa a casa di lei. Una domenica al mese pranzava a casa dei suoceri. Per la festa grande entrambe le famiglie andarono a messa e quindi, di notte, i due sposi poterono ballare il ballo tondo sotto gli occhi vigili di tutto il parentado. Lui partì per il campidano, si fece la casa, il suocero ci mise i pochi arredi che allora si usavano, e l'anno seguente in estate si sposarono. Si amarono intensamente mettendo al mondo 14 figli, solo 5 dei quali sopravvissero ai genitori. Quando lei morì, lui - nonostante fosse balente- coltivò un bellissimo roseto nell'orto e ogni giorno le portava un fiore al cimitero. Non so mai cosa dire sull'amore.

(Antonangelo Liori)

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Cari amici, credetemi, non mi sento di aggiungere nulla: grazie Antonangelo!

A domani.

Mario

lunedì, settembre 29, 2025

LO STRAORDINARIO “AXOLOTL”, IL CURIOSO ANFIBIO MESSICANO DOTATO DI SUPER POTERI, CHE GLI CONSENTONO DI RIGENERARE GLI ORGANI ANDATI PERDUTI.


Oristano 29 settembre 2025

Cari amici,

L’AXOLOTL (il suo nome scientifico è Ambystoma mexicanum) è un anfibio originario del Lago Xochimilco in Messico. Questo curioso, piccolo anfibio ha una vita straordinariamente particolare, tanto da aver interessato non poco gli studiosi. Gli anfibi, infatti, di norma, trascorrono una prima parte della loro vita in acqua, poi, crescendo, modificano la respirazione passando a quella polmonare, cosa che consente loro di vivere la seconda parte della loro vita fuori dall’acqua. Tutto questo, invece, non avviene negli Axolotl, che continuano invece a crescere pur mantenendo le caratteristiche giovanili iniziali, quasi che fosse destinato a restare una specie di Peter Pan!

Questo curioso animaletto è una delle specie più affascinanti del regno animale. Possiede, infatti, cosa più unica che rara, la capacità di rigenerarsi, praticamente in tutte le sue parti! Particolarità, questa, nota fin dai tempi più antichi, ovvero quelli della mitologia azteca. Questo anfibio endemico dei laghi di Xochimilco, in Messico, ha affascinato e continua ad affascinare scienziati e amanti della natura. A differenza degli altri anfibi, l'axolotl non completa la metamorfosi e mantiene le caratteristiche larvali per tutta la vita, un fenomeno noto come neotenia. In pratica questo curioso anfibio è in grado di rigenerare arti, organi e persino parti del cervello, cosa che gli scienziati vedono come eccezionale.

Nella cultura messicana  l'axolotl aveva un significato profondo; il suo nome deriva dal termine ““axolotl”, che si traduce come "mostro acquatico" o "cane acquatico". Secondo la mitologia messicana, l'axolotl era la rappresentazione del dio Xólotl, fratello gemello di Quetzalcóatl. La leggenda narra che, quando gli dei decisero di sacrificarsi per creare il Sole e la Luna, Xólotl, terrorizzato, fuggì trasformandosi in esseri diversi per sfuggire al suo destino. La sua ultima trasformazione fu in un axolotl, nascosto nei laghi. Tuttavia, alla fine fu scoperto e sottoposto ad eutanasia. Questo mito spiegava l'aspetto unico dell'axolotl e il suo legame con l'acqua e la rigenerazione.

La particolare vita di questo anfibio fu documentata in Europa per la prima volta da due spagnoli: Fray Bernardino de Sahagún, etnografo e missionario francescano, e Francisco Hernández de Toledo, medico e naturalista. Entrambi si riferiscono alle descrizioni di axolotl nelle loro cronache del XVI secolo. All'interno del suo lavoro, Sahagún descrive l'axolotl come un “pesciolino” dei laghi del bacino del Messico, mettendo in risalto il suo aspetto insolito e le sue qualità nella cucina autoctona.

Nonostante queste descrizioni, sarebbe stato il barone Alexander von Humboldt a farlo conoscere in Europa nel XIX secolo. Da allora, l'axolotl è stato studiato nei laboratori di tutto il mondo per le sue straordinarie capacità biologiche. Oggi, però, questo anfibio è in serio pericolo. Decenni fa, gli axolotl erano abbondanti nei laghi del bacino del Messico, soprattutto nel Xochimilco e Chalco. Tuttavia, gli studi più recenti mostrano una realtà devastante: la popolazione è diminuita dell’80% o più negli ultimi vent’anni. Secondo i dati forniti dalla IUCN, Si stima che la sua popolazione non superi i 1.000 esemplari.

Amici, seppure da un lato seriamente minacciato di estinzione in natura, dall’altro, l’Axolotl è molto apprezzato dal mondo scientifico. Questa sua insolita capacità di restare sempre giovane è una caratteristica che interessa molto gli scienziati e i ricercatori, che cercano la possibilità di applicare questa proprietà all’essere umano; insomma sarebbe una soluzione alla perenne ricerca dell’uomo all’eterna giovinezza! Inoltre, l’Axolotl, come se tutti questi suoi super poteri non fossero ancora sufficienti, è pure un maestro nella rigenerazione: è capace di rigenerare intere parti del suo corpo, dalle branchie, alle zampe, dagli occhi agli organi interni. E tutto questo senza lasciare cicatrici apparenti. Un vero miracolo!

Se un predatore gli strappa una zampa, o se subisce un danno a un occhio o persino a una parte del cervello, l’Axolotl non si preoccupa. Il motivo è semplice, ma sbalorditivo: l’Axolotl non si limita a “guarire”, ma rigenera la parte perduta! Si, questo piccolo drago d’acqua non ripara il tessuto danneggiato, ma lo ricrea da zero, in quanto le sue cellule hanno la capacità quasi magica di tornare bambine, trasformandosi in cellule staminali che possono ricostruire un arto, un organo o tessuto cerebrale perfettamente funzionante, senza lasciare la minima traccia o cicatrice! Incredibile ma vero!

Cari amici, per gli scienziati continuare a studiare a fondo questo particolarissimo anfibio, scoprire in che modo riesca ad avere questi “Super Poteri”, è come cercare di scoprire una miniera d’oro da scavare! Per la scienza, che l’argomento continua a studiarlo per scoprire i segreti della rigenerazione, sarebbe un successo enorme, capace di cambiare per sempre il futuro di questa branca della medicina. La natura, amici lettori, è un libro che ha tante pagine importanti ancora da leggere e studiare, da parte dell’uomo!

A domani.

Mario

domenica, settembre 28, 2025

GLI EFFETTI DELLA MUSICA SUL NOSTRO CERVELLO. QUELLA DEL PERIODO GIOVANILE RESTA IMPRESSA PER SEMPRE!


Oristano 28 settembre 2025

Cari amici,

Che la musica abbia un forte, positivo impatto sugli adolescenti, nel senso che aiuta, agevola, il loro processo di crescita, è un fatto da tempo accertato dagli studiosi. Si, c’è uno stretto rapporto tra “Musica e Adolescenti”, perché riesce a dare voce ai loro pensieri, alle loro paure, aiutandoli a fare chiarezza nei loro sentimenti. L’ascolto della musica è di vitale importanza per gli adolescenti, in quanto facilita il loro percorso di formazione e di crescita, diventando uno strumento di grande valore sociale. Ascoltare insieme ai loro compagni la musica preferita, contribuisce a rafforzare la coesione del gruppo, diventando un collante importante il quel “giovanile stare insieme”.

La musica, dunque, svolge un importante ruolo nella formazione giovanile e nella costruzione di solidi rapporti sociali, tanto che il nostro cervello mai dimenticherà mai questo importante ruolo svolto dalla musica in gioventù. La dimostrazione pratica di questo importante ruolo svolto è il suo perenne ricordo inciso indelebilmente nella nostra memoria, tant’è che bastano poche note, relative alla nostra amata musica giovanile, percepite in TV, radio o nel nostro smartphone, per  riaprire di colpo quei file a lungo dormienti!

Credo sia capitato a tanti di Voi di ascoltare una canzone del periodo giovanile e di non aver resistito all’impulso di cantarla o ballarla! È la nostra mente a riaprire immediatamente quei file dormienti nel nostro cervello! Non si tratta di pura e semplice nostalgia, ma di un fenomeno scientifico più volte dimostrato! Si, la nostra memoria certe cose importanti non le dimentica! Sebbene siano passati anche molti anni, ognuno di noi rimane per tutta la vita legato alla musica che ci ha accompagnato nella gioventù, e che per noi, anche oggi, resta la migliore di tutti i tempi.

La nostra mente, amici, è un super computer che nulla dimentica, in particolare se riguarda il nostro periodo giovanile di formazione. Per questo motivo le canzoni che abbiamo ascoltato tra i 17 e i 25 anni vengono considerate sempre di altissimo livello, soprattutto se paragonate alle hit contemporanee! In realtà non è che la musica della nostra giovinezza sia  assolutamente migliore di quella di oggi, è la nostra mente a considerarla tale! È ritenuta davvero la migliore, in quanto quando eravamo più giovani, ci ha suscitato emozioni molto forti, rimaste incise indelebilmente nella nostra mente.

Gli studiosi sono concordi nell’affermare che si tratta di una precisa reazione del nostro cervello di fronte alle emozioni suscitate dai ricordi musicali. Un giornalista della Cnn, certo Jemal Polson, ha voluto approfondire ancora meglio la curiosa questione della conservazione dei ricordi interpellando degli esperti. La psicologa Dr.ssa Rita Aiello, che studia in modo approfondito la psicologia della musica presso la New York University, ha affermato: “Non è che la musica dei nostri verdi anni era migliore di quella attuale, ma la musica è un segnale estremamente potente, per ricordare cosa è successo in quegli anni, prima della vita adulta”.

È sempre la Dr.ssa Rita Aiello a precisare l’importanza della musica nel periodo di formazione: “È un segnale estremamente potente per ricordare i fatti passati della nostra vita”. Quanto al perché la musica abbia un tale potere, il Professor Robert Cutietta, operativo presso l’University of Southern California, precisa: “Abbiamo una memoria chiamata proprio "episodica", è lì che va. In adolescenza la musica si associa alle prime esperienze passionali e all’aggrovigliarsi di sentimenti, cosa che caratterizza quel periodo della vita. Ecco perché alcuni brani non saranno mai più dimenticati”.

Amici lettori, ogni generazione ritiene che la musica «dei suoi tempi» sia la migliore, anche se raramente i genitori apprezzano i brani amati dai figli (e viceversa). Come detto prima, le canzoni dell'adolescenza e della giovinezza portano con sé un carico di ricordi e di nostalgia, che resterà un patrimonio indelebile per tutta la vita! Lo hanno provato tutti, così come lo provo anche io, anche se la mia giovinezza, ovvero i miei primi 20/25 anni, sono alquanto lontani!

Cari amici, da poco più di due mesi ho iniziato a percorrere la strada del mio 81° anno di vita, e posso dirvi che anche oggi la musica di quel lontanissimo passato è  ben viva in me! Siamo appena usciti dall’estate di quest'anno, e in TV, la sera dopo il telegiornale, trasmettono spesso le canzoni di quegli anni. Posso dirvi che certi brani in vigore nel mio periodo giovanile riemergono prepotentemente, riportandomi indietro nel tempo, scatenando emozioni davvero forti, simili a quelle che provavo quando avevo i miei freschi vent’anni!

A domani.

Mario

sabato, settembre 27, 2025

LE STRAORDINARIE CAPACITÀ DELLA NOSTRA MEMORIA. PUÒ ARRIVARE A SCORDARE IL NOME DI UNA PERSONA APPENA CONOSCIUTA, PERCHÉ CONCENTRATA A MEMORIZZARE IL SUO VOLTO!


Oristano 27 settembre 2025

Cari amici,

Che il nostro cervello sia una macchina straordinaria, un super computer ben diverso anche da quelli di ultima generazione, erroneamente accreditati come il nostro prossimo futuro, è una realtà incontestabile! Anche i computer più avanzati, quelli straordinariamente veloci, dotati della così detta “intelligenza artificiale”, non sono paragonabili al cervello umano, in quanto funzionanti su paradigmi fondamentalmente diversi. L'intelligenza artificiale elabora le informazioni basandosi su correlazioni statistiche e potenza computazionale, mentre il cervello umano opera su un’elaborazione complessa e integrata, fatta di biologia, emozioni e coscienza.

Ho fatto questa premessa, amici, per parlare oggi con Voi di una curiosa particolarità inerente proprio il nostro cervello: la memorizzazione di una nuova conoscenza. Credo che capiti a tutti di ritrovarsi tra amici e incontrare persone “nuove”, prima non conosciute. Alla presentazione ed allo scambio del relativi nomi, seguiti dalla classica frase “piacere di conoscerti”, si inizia a conversare. Ebbene, dove sta la particolarità? Il nostro cervello elabora la nuova conoscenza in due maniere. Da un lato cerca di metterete a fuoco e memorizzare il viso e le fattezze di questa persona, dall’altra, invece, cerca di memorizzare il nome. Con quale risultato? Dipende dalle persone e dal loro cervello, considerato che ogni persona ne ha uno "unico e mai uguale ad un altro"!

Per cercare di comprendere come il nostro cervello archivia i fatti nuovi e le nuove conoscenze, alcuni ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell’Università di York, guidati dal dottor Rob Jenkins, hanno sottoposto a un “giocoso” test dei volontari. pubblicandolo poi sul Quarterly Journal of Experimental Psychology. Questo il risultato finale: il 64 per cento dei volontari aveva ben memorizzato il viso della nuova persona, mentre l’83 per cento aveva memorizzato il nome. «Questo risultato sconcerterà molti, perché è diffusa, direi intuitiva, l’idea di essere più bravi con i volti – ha commentato Jenkins – Può darsi che una persona si senta negata per tirar fuori il nome giusto al momento giusto, ma allora sarà anche peggio nel riconoscere i lineamenti».

Amici, secondo i più aggiornati test di psicologia, le persone che dimenticano facilmente il nome delle persone poco dopo averle conosciute, hanno queste 5 (cinque) particolari caratteristiche. 1. Sono persone più concentrate sulla conversazione. Secondo gli psicologi, dimenticare i nomi può essere dovuto al fatto che le persone sono più concentrate sulla conversazione o sulla presenza dell’altra persona. Sebbene questo possa rappresentare uno svantaggio in alcune situazioni, la realtà è che è indice di una buona capacità di conversazione. 2. Persone con Buona memoria visiva. Gli individui che dimenticano i nomi tendono ad avere, come controparte, una buona memoria per ricordare i volti. Infatti, i ricercatori avvertono che si tratta di un retaggio evolutivo, poiché per la sopravvivenza era più importante ricordare il volto che il nome di qualcuno.

3. Persone empatiche e con intelligenza emotiva. Sebbene dimenticare il nome di qualcuno che hai appena conosciuto possa far pensare che non ti importa, la realtà è esattamente l’opposto. Probabilmente si è stati molto più attento ad altri dettagli, come la sua storia, le sue esperienze, etc. In definitiva, il soggetto ha un alto livello di empatia e intelligenza emotiva, poiché è in grado di mettersi nei panni degli altri. 4. Soggetti che non seguono sempre le regole sociali. Se si hanno difficoltà a ricordare il nome di qualcuno e questo non è qualcosa che preoccupa più di tanto, probabilmente significa che il soggetto non segue le regole e le aspettative sociali. Sebbene per molti questo possa essere considerato un segno di maleducazione, la realtà è che potrebbe essere dovuto al fatto che si è più concentrati su altre questioni altrettanto importanti quando si conosce qualcuno.

Infine  la 5^ caratteristica: Persone molto intuitive. In queste situazioni, è possibile che la persona sia stata più attenta ai segnali non verbali, all’energia e alle emozioni dell’altra persona, piuttosto che a dettagli specifici come i nomi. Questo permette una maggiore capacità di “leggere tra le righe” e di imparare oltre ciò che viene detto.

Cari amici, credo di non avere molto altro da aggiungere, se non che il nostro cervello non è e non sarà mai sostituito da nessuna macchina, perché all’interno del cervello dell’uomo c’è qualcosa di non imitabile e replicabile: LA COSCIENZA!

A domani.

Mario

 

venerdì, settembre 26, 2025

IL SERIO PROBLEMA DELLA CARENZA DI SACERDOTI NELLA CHIESA CATTOLICA. QUALI LE POSSIBILI SOLUZIONI PER IL FUTURO?


Oristano 26 settembre 2025

Cari amici,

La Chiesa cattolica da tempo si trova ad affrontare un problema alquanto gravoso: la crescente diminuzione delle vocazioni sacerdotali, con i Seminari sempre più vuoti e tante parrocchie senza un proprio sacerdote che segue la Comunità. Cercando di fare di necessità virtù, la Chiesa Cattolica sta adottando diverse strategie, tra cui la ridistribuzione delle risorse disponibili, con sacerdoti che si debbono occupare di 2/3 o più parrocchie. In questo modo si cerca di coprire le esigenze più importanti, cercando il coinvolgimento dei fedeli laici, chiamati in aiuto al servizio pastorale. Rimedi tampone, ma che certamente dovranno sfociare in soluzioni più efficaci.

La triste realtà è che, in questo millennio iper-tecnologico, la vocazione al sacerdozio dei giovani appare alquanto scarso, e tra le possibili soluzioni sul tappeto, una delle ipotesi ventilate, nei vertici della Chiesa Cattolica, c'è quella di prendere in considerazione anche la possibilità di superare il "celibato sacerdotale", facendo accedere al sacerdozio gli uomini sposati. Chi ipotizza una soluzione di questo tipo, ribadisce che per secoli ai sacerdoti non veniva imposta l’astinenza coniugale, e tanti furono i preti sposati, che esercitarono la loro missione sacerdotale pur avendo moglie e figli. Ripercorriamo, dunque, il percorso della Chiesa Cattolica e le motivazioni che hanno portato all’introduzione del celibato.

L’excursus storico evidenzia che nei primi secoli del cristianesimo non esisteva l’obbligo del celibato per i sacerdoti. In passato diversi sacerdoti, ma anche vescovi e persino alcuni papi erano sposati. Ciò che veniva loro richiesto era la fedeltà e la moderazione: la castità, seppure fosse considerata una virtù, non era  comunque un obbligo, e il ministero religioso non era ritenuto incompatibile con la vita coniugale. Tuttavia, fin dal IV secolo, iniziò ad ipotizzarsi, in alcuni Concili, di "aggiungere la castità" a chi voleva dedicare la sua vita al servizio religioso, iniziando così a parlare di introduzione del celibato.

Fu, però, solo a partire dal Medioevo che la Chiesa latina impose in modo definitivo il divieto di matrimonio a coloro che prendevano i voti. IL CELIBATO OBBLIGATORIO fu una decisione assunta nei concili del XII secolo, e la sua introduzione rispose sia a motivi spirituali, sia a interessi materiali e politici. Amici, nel Medioevo la vita gravitava attorno alla religione, e il celibato era interpretato come segno di maggiore santità e totale dedizione a Dio. Il clero celibe poteva dedicarsi completamente alla preghiera e al servizio, senza le «distrazioni» della vita domestica e coniugale. Non tutte le Chiese cristiane, però, introdussero il Celibato obbligatorio. Nelle Chiese orientali — sia ortodosse sia cattoliche orientali in comunione con Roma — continuò ad essere consentito ai sacerdoti di sposarsi prima dell’ordinazione, ma non dopo. Successivamente, Chiese riformate come quelle luterana e anglicana abolirono il celibato obbligatorio. Oggi, considerato il serio problema della penuria di sacerdoti all’interno del Chiesa Cattolica, la “regola tassativa del celibato” è diventato uno dei grandi temi di dibattito: “L’amore per Dio e anche per una persona, sono compatibili, oppure chi sceglie l’uno deve rinunciare all’altro?”.

Amici, il problema che affronta oggi la Chiesa Cattolica è serio e urgente, e va affrontato esaminando tutte le possibili soluzioni. Le difficoltà che incontra il sacerdote chiamato a gestire due o anche 3-4 parrocchie sono evidenti e difficili da risolvere. Attualmente la vita di ogni parrocchia è organizzata secondo “La pastorale tradizionale”, fondata molto sulla quantità delle Messe celebrate, ma questo non significa che basta celebrare la Messa per dare la necessaria formazione alla Comunità. L’Eucaristia, è certamente il culmine della professione della fede, ma va accompagnata da una nuova, pregnante collaborazione del popolo di Dio con il sacerdote. La Comunità dei fedeli deve essere un Unicum collaborativo, e il Sacerdote ne è l'amministratore. 

Si, oltre l’Eucaristia, amministrata dal sacerdote, nella Comunità ecclesiale ci deve essere molto altro, che spesso oggi manca. L’eucaristia non è il punto di partenza ma è il punto di arrivo della fede! C’è molto che il Cristiano della Comunità deve conoscere e praticare,  a partire dalla conoscenza della Bibbia e dei testi sacri, che preparano alla mensa della Parola, al servizio. all’attenzione e alla cura da dare ai soggetti più fragili della Comunità; c’è lo stare insieme e operare in pace e armonia, tutte relazioni che preparano all’accostarsi alla mensa del Corpo del Signore, del pane spezzato, e che rendono «vera» l’Eucaristia.

Amici, se una Comunità non porta avanti tutte queste relazioni sociali fondate sull’amore e sulla carità, la Messa rimane un rito esteriore, lontano dalla vita. Il problema odierno è, dunque, quello di rinnovare quella “Pastorale tradizionale” che continua ad essere applicata ma va rinnovata, facendola diventare più coinvolgente, in modo tale che i fedeli laici siano dei veri e sinceri collaboratori del sacerdote. Il coinvolgimento dei laici nella gestione della parrocchia deve essere la base del rinnovamento della Pastorale attuale. Questa fruttuosa unione tra sacerdote e fedeli può iniziare a sopperire alle carenze prima evidenziate. Come sappiamo i fedeli battezzati possono fare molto nella Comunità ecclesiale: possono amministrare validamente il battesimo, predicare, assicurare la catechesi, presiedere liturgie della parola, i funerali, distribuire la comunione, assistere ai matrimoni, esporre il Santissimo per l’adorazione, visitare i malati, seguire la formazione giovanile, amministrare i beni e molti altri compiti che oggi sono lasciati in gran parte a carico dei Presbiteri.

A chi sostiene che c’è il rischio della “Clericalizzazione dei laici”, ossia il pericolo di affidare ai fedeli laici incarichi propri del Sacerdote, come la guida della Comunità, bisogna rispondere che il sacerdote è e sarà sempre sempre il fulcro della vita comunitaria, e che i fedeli sono i suoi delegati, nelle funzioni che non sono esclusive, salvo quelle specifiche del ruolo di “amministratore dei sacramenti”. Il sacerdote, in questo modo, continuerebbe ad essere il grande coordinatore e la guida della Comunità.

Cari amici, sono certo che la Chiesa troverà certamente le giuste soluzioni agli attuali problemi, partendo proprio dal coinvolgimento della Comunità, in particolare quella giovanile. Questa è la via da intraprendere per ritrovare quelle vocazioni oggi carenti. Certo, anche soluzioni come quella prima ventilata (la non obbligatorietà del celibato), potranno essere portate avanti “Cum iudicio”, vagliando la possibilità che chi è chiamato al sacerdozio, ma che desidera anche formare una sua famiglia, possa essere messo in condizioni di soddisfare entrambe le esigenze.

A domani.

Mario