mercoledì, ottobre 22, 2025

SARDEGNA: A BELVÌ DUE IMPRENDITORI AMANTI DELLA NATURA COLTIVANO FUNGHI A 900 METRI S.L.M.. UNA GRANDE SCOMMESSA CONTRO LO SPOPOLAMENTO.


Oristano 22 ottobre 2025

Cari amici,

Che la Sardegna sia una delle Regioni che ha meglio conservato il suo patrimonio naturale, in particolare quello boschivo, è una grande realtà, oltre che un grande orgoglio per tutti noi sardi. Ebbene, ciò nonostante, in particolare nelle zone interne, proprio quelle che hanno mantenuto maggiormente quel patrimonio, lo spopolamento sta annientando la presenza umana, con Paesi che sono ridotti al lumicino e che in tempi brevi potrebbero essere destinati a morire, desertificando l’indispensabile presenza dell’uomo.

Per bloccare lo spopolamento bisognerebbe attivare iniziative e risorse locali, creando posti di lavoro, strutture ricettive e attività commerciali, perché restare in un paese dove manca la scuola, l’ufficio postale o bancario, i negozi di alimentari i bar, le pizzerie, etc., non è certo ne invitante ne vivibile, anche per chi fosse propenso a restare! In quest’ottica, qualcosa sembra davvero iniziare a muoversi. A Belvì, per esempio, Dante Carboni, unitamente al suo socio Luciano Onano, già da tempo, ha dato vita ad un’attività agricola di coltivazione di funghi, che giorno dopo giorno è cresciuta, e che oggi ha raggiunto dimensioni commerciali notevoli.

La “Società agricola funghi belviesi”, da loro creata, vanta il primato di essere quella più alta della Sardegna, posta a ben 900 metri sul livello del mare!  Carboni, consapevole che il marketing gioca anche su alcune parole chiave, cerca di reclamizzare la posizione della sua azienda, visto che anche l’altimetria gioca a favore dei prelibati funghi che a quell’altezza vengono prodotti. Considerato, infatti, che la gran parte delle aziende che producono funghi sono in pianura, quelli prodotto a 900 metri dal livello del mare, sono certamente di maggiore qualità e bontà. Fare produzione di questo prodotto in altura è certo più impegnativo, anche se i competitor non mancano”, dice con convinzione Carboni, che nello svolgere la sua attività si muove esibendo un sorriso accogliente e con i modi decisi e rapidi della gente di montagna, da sempre abituata a darsi da fare e a superare le notevoli difficoltà imposte in primis dalla geografia e orografia dei luoghi. Proveniente da una famiglia di commercianti, Carboni ha per i funghi una passione tutta personale e una competenza acquisita negli anni.

Vissuto fin da piccolo frequentando il territorio boschivo di Belvì, che sa regalare grandi soddisfazioni, è diventato in giovanissima età un esperto cercatore di funghi. «Tutti noi abbiamo sempre vissuto nel bosco e i funghi li andavamo a cercare fin da bambini. Si creava una sorta di competizione. Io ero gelosissimo dei miei e quelli che prendevo li dovevo assaggiare io per primo», racconta l’imprenditore che, con il socio, i funghi li coltiva oggi  in nove serre adagiate in mezzo al bosco. Una località che si raggiunge percorrendo una strada che si arrampica tra i fusti di corbezzolo e la macchia mediterranea.

L’azienda è alquanto in salute, considerato che la produzione annua solitamente supera i 540 quintali. La stagione dei funghi nella zona montana di Belvì  inizia già ad agosto, e – come dice Carboni - “Noi  li forniamo ai gruppi principali della grande distribuzione, a cui diamo un prodotto fresco che piace e di conseguenza sono apprezzati e si vendono bene! Per fortuna... si vende!”. Le tipologie sono diverse: si producono principalmente i pleurotus ostreatus, bianco ostrica, molto apprezzato per la sua consistenza carnosa e il sapore gradevole; poi il cardoncello, pioppino e il pleurotus cornucopia. «Facciamo anche qualcosa per le aziende che lo commercializzano sott’olio -continua Carboni - insomma, cerchiamo di darci da fare».

Intervistato da “La Nuova Sardegna”, Carboni si confida anche sul futuro, non solo personale ma anche del territorio. “Forse sarei già dovuto andare in pensione – dice con sincerità - ma sono ancora qua. Mi piacerebbe che mio figlio, che al momento sta studiando, prenda in mano l’attività e gli dia continuità. È il sogno di ogni belviese avere dei figli che possano rimanere in questi territori. Il passaggio generazionale è importante, così come poter condividere le varie tappe dell’esistenza, vicini e non a migliaia di chilometri di distanza. Purtroppo da parte della Regione sono mancati anche i finanziamenti e i supporti per piccoli e grandi investimenti. Qui ogni piccolo contributo aiuta non poco ogni impresa, perché viviamo in una delle zone dove gli spostamenti sono difficoltosi e i costi anche per i soli spostamenti delle merci lievitano. Basta immaginarsi che noi quando siamo in produzione mediamente produciamo al giorno 5-6 quintali di funghi. Il prodotto che non si può conservare più di tanto deve essere un prodotto giornaliero per non perdere le sue qualità”.

Cari amici, lo sfogo più che giustificato di Dante Carboni, deve trovare accoglienza nelle leve del potere politico, se si vuole fermare lo spopolamento che sta mettendo in ginocchio la nostra Sardegna!  Imprese come l’Azienda agricola funghi belviesi, sono un toccasana per il paese e il territorio; sono già un piccolo freno allo spopolamento e all’emigrazione dei giovani che abbandonano l’isola. Incentivare la nascita di aziende che utilizzino in modo naturale il territorio significa evitare l’emigrazione dei giovani, creare reddito e salvare nello stesso tempo le nostre Comunità è il territorio. Non abbandoniamo i piccoli centri, importante presidio del territorio!

A domani.

Mario

 

martedì, ottobre 21, 2025

LA SARDEGNA, UNO SCRIGNO DI BIODIVERSITÀ! SCOPERTA DI RECENTE UNA NUOVA SPECIE DI APE SOLITARIA. DI COLORE NERO, È STATA CHIAMATA “ANDRENA CULUCCIAE”, DAL LUOGO DEL RITROVAMENTO.


Oristano 21 ottobre 2025

Cari amici,

Che la SARDEGNA sia uno scrigno di Biodiversità, è una dato reale, concreto e straordinario! Numerose le specie endemiche presenti, che nel millenni si sono sviluppate in forte isolamento, e che poi sono arrivate fino a noi regalando, a noi e al mondo, esemplari unici che in tanti ci invidiano! La nostra terra è davvero meravigliosa in tutti i sensi. Ho fatto questa premessa per raccontarvi di una recente scoperta che ci inorgoglisce: nella nostra terra è stata scoperta una particolarissima ape solitaria, di colore nero, rinvenuta in un particolare areale, quello dell'isola di Culuccia, posta nel Nord-Est della Sardegna. Quest'ape è stata chiamata “ANDRENA CULUCCIAE”, in omaggio al luogo del ritrovamento.

Quest’isoletta, per molto tempo disabitata e trascurata (oggi è diventata una “penisola”, in quanto una striscia di terra la collega alla terraferma), è di proprietà privata, essendo stata acquistata tempo fa dall'imprenditore Marco Boglione e da sua moglie Stella. Questi signori, con l’animo ecologista, hanno subito cercato di darle una veste degna di un luogo così meraviglioso, tanto che in poco tempo, grazie a loro, è diventata un’oasi per il turismo naturalistico, l’educazione ambientale, la ricerca scientifica e la conservazione della biodiversità.

Oggi quest’isola è ricoperta da una bella vegetazione dunale, che è  diventata il regno di diversi insetti, tra cui l’accennata “L'APE NERA”, recentemente scoperta. Si, amici, Tra le dune sabbiose, sui fiori di armenia pungens, vola una piccola ape nera solitaria, lunga un centimetro e mezzo, che, tra maggio e giugno, si sposta sulla vegetazione costiera dell'isola, che Marco Boglione, patron di Basic-Net e marchi come Superga, K–Way, Robe di Kappa e Sebago, ha trasformato in una meravigliosa oasi naturalistica, vero patrimonio di biodiversità. Ma come è avvenuta la scoperta di questa piccola ape solitaria?

I protagonisti della scoperta sono Matteo Annessi e Andrea Di Giulio, coautori del successivo studio che la descrive per la prima volta, insieme ad Alessandra Riccieri, direttrice dell'Osservatorio Naturalistico dell'Isola di Culuccia. Quest’ape selvatica, mai vista prima, è un insetto rimasto fino a oggi sconosciuto alla scienza; è stato chiamato Andrena culucciae, in omaggio all’isoletta, oggi diventata penisola. A individuarla per primo è stato Matteo Annessi, un giovane entomologo, durante le sue ricerche, effettuate in collaborazione con l'Università Roma Tre. Lo studio prima accennato, che la descrive dettagliatamente, è stato pubblicato sul Journal of Hymenoptera Research.

La scoperta, amici, è stata resa possibile grazie alla convenzione tra l'Università e l'Osservatorio Naturalistico dell'Isola di Culuccia, e rappresenta molto più di un semplice contributo alla conoscenza della fauna sarda. È un esempio quasi unico in Italia di come un patrimonio naturale rimasto dimenticato per decenni possa trasformarsi in un'oasi per il turismo naturalistico, l'educazione ambientale, la ricerca scientifica e la conservazione della biodiversità.

Quella scoperta tra le dune dell’isola di Culuccia è "Un'ape diversa da tutte le altre". "Tutto è cominciato durante le ricerche sugli insetti impollinatori di Culuccia", racconta a Fanpage.it Matteo Annessi, oggi dottorando e primo autore dello studio che descrive questa nuova specie. "Studiando gli esemplari raccolti tramite retino entomologico e trappole per insetti volatori, uno ci ha colpiti subito: aveva caratteristiche morfologiche insolite. Le analisi al microscopio ottico ed elettronico, e poi quelle genetiche, hanno confermato che si trattava di una specie nuova per la scienza".

Quell’ape, lunga un centimetro e mezzo, è stato appurato che appartiene al genere Andrena, che comprende centinaia di specie di imenotteri solitari, che risultano fondamentali per l'impollinazione. Ma l’ANDRENA CULUCCIAE si distingue per alcuni dettagli unici. "Le femmine hanno una combinazione di setole bianche e marroni nelle zampe posteriori mai osservata prima", spiega il professor Andrea Di Giulio. "Anche la struttura degli organi genitali maschili e i margini traslucidi dei segmenti addominali la rendono inconfondibile. Il DNA barcoding ha poi confermato che è geneticamente distinta dalle specie affini".

Cari amici, la Sardegna è una grande oasi di biodiversità e le dune di Culuccia sono un raro esempio di ambiente costiero rimasto intatto, lontano dal turismo di massa e dalla cementificazione, che altrove, invece, stanno mettendo in crisi la biodiversità delle zone costiere. Evitiamo, dunque, di continuare a devastare un’isola che merita grande rispetto, blocchiamo la cementificazione selvaggia, le pale eoliche, i campi di pannelli solari e la mancata conservazione dei monumenti che evidenziano la nostra grande storia! Evitiamo di violentare la nostra terra millenaria, unica e irripetibile!

A domani.

Mario

 

lunedì, ottobre 20, 2025

SARÀ, FORSE, CADUTO L'ETERNO DILEMMA: “È NATO PRIMA L'UOVO O LA GALLINA”? ECCO IL RISULTATO DEI RECENTI STUDI DEGLI SCIENZIATI.


Oristano 20 ottobre 2025

Cari amici,

Quante volte abbiamo sentito o fatto la domanda "È NATO PRIMA L'UOVO O LA GALLINA"? Indubbiamente una domanda che da secoli divide filosofi e scienziati, e continua ad emergere nei più diversi dibattiti, a metà tra curiosità e voglia di risolvere uno dei misteri più discussi della storia. Se ve lo state ancora chiedendo sappiate che la scienza sta cercando, finalmente, di dare una risposta alla vostra domanda. Vediamo cosa dicono gli ultimi studi su questo spinosissimo argomento!

A cercare di fare chiarezza sulla questione è stata di recente l'Università di Ginevra, dopo aver svolto analisi sul Chromosphaera perkinsii (che è stato ritrovato nelle Hawaii), un organismo unicellulare preistorico comparso sulla Terra in tempi remotissimi, anche prima di qualsiasi specie animale. Secondo questi studiosi questo essere primordiale aveva all'interno del proprio codice genetico le istruzioni necessarie per formare un organismo pluricellulare molto simile ai primi stadi dell'embrione. E quindi, in natura, le “istruzioni” per la formazione di un uovo, seppur arcaico, esistono da miliardi di anni, la gallina, invece, è un essere senza dubbio molto più recente.

Insomma, i ricercatori dell’Università di Ginevra dopo aver studiato a fondo questo antico organismo sono arrivati ad affermare che sia stato prima l'uovo a nascere, poiché secondo la teoria dell'evoluzione, gli uccelli derivano dai rettili, i quali deponevano già le uova. Inoltre, sempre stando alle teorie evoluzionistiche, un essere vivente non può mutare nell'arco della propria vita, ma deve esserci sempre un passaggio nella progenie, quindi in teoria, la gallina sarebbe dovuta nascere già differenziata sempre e comunque da un uovo (anche se di rettile).

Questa recente ricerca, pubblicata su NATURE, va però più a fondo, e ci conferma la nascita primaria dell'uovo, non solo rispetto alla gallina, ma sembra anche rispetto a tutti gli animali del pianeta. Questo organismo forma colonie multicellulari con un meccanismo molto simile a quello delle prime fasi di sviluppo embrionale e può arrivare a spiegare come la multi-cellularità animale può derivare da meccanismi evolutivi. Ma, a quanto pare, altre ricerche sull’argomento intendono affermare il contrario, ovvero che prima a nascere sia stata la gallina. Vediamo le motivazioni.

Un altro studio recente afferma che sia nata prima la gallina, e lo fa partendo dallo studio di una proteina chiamata OC-17, presente nel guscio delle uova. L’OC-17 è una proteina essenziale per la formazione di gusci robusti e gli scienziati hanno scoperto che viene prodotta esclusivamente dalle galline. Senza questa proteina, i gusci non possono formarsi correttamente, il che significa che le prime uova contenenti OC-17 potevano provenire solo da una gallina. Questa scoperta, affermano, fornisce una prova che le galline esistessero prima delle uova che mangiamo oggi. I ricercatori hanno analizzato i gusci d’uovo utilizzando tecniche biochimiche avanzate, confrontando le proteine di diverse specie di uccelli. L’OC-17 è stata trovata soltanto nelle uova di gallina, e non in quelle di altri volatili, dimostrando il suo ruolo unico nella formazione del guscio. Questa piccola ma fondamentale proteina aiuta a cristallizzare il carbonato di calcio, rendendo il guscio abbastanza resistente da proteggere l’embrione in sviluppo.

Amici, secondo gli studiosi, questa scoperta non solo risolve un antico enigma biologico, ma offre anche spunti affascinanti su come certe proteine si evolvano e si specializzino in natura, mostrando come persino molecole minuscole come l’OC-17 possano avere un ruolo cruciale nel determinare i risultati evolutivi. Per gli amanti delle uova e gli appassionati di scienza, questa scoperta intende fornire una risposta chiara alla domanda che resiste da migliaia di anni. Chissà!

Cari amici, personalmente dopo aver letto e confrontato le due tesi, resto ancora alquanto perplesso! A me il dubbio ancora resta! Vuoi vedere che il quesito se è nato prima l’uovo o la gallina, resterà ancora irrisolto per molto tempo ancora?

A domani.

Mario

 

domenica, ottobre 19, 2025

IL CARISMA: LA SPIEGAZIONE DATA DALLA SCIENZA. NON È, COME RITENUTO NEL PASSATO, UN “DONO DIVINO”, MA UNA CAPACITÀ ACQUISITA CON L’APPRENDIMENTO.


Oristano 19 ottobre 2025

Cari amici,

In passato le persone “CARISMATICHE” erano considerate speciali, in quanto si riteneva che avessero ricevuto, alla nascita, un particolare “DONO DIVINO”. Il termine “CARISMA”, infatti, deriva dal greco kharisma, che indicava proprio un dono divino. Il carisma, dunque, è ritenuto “un dono”, non qualcosa di acquisito attraverso l’esercizio, lo studio, l’apprendimento e la formazione. Oggi, però, è la scienza a dimostrare che carismatici non si nasce, bensì si diventa. Il sociologo Max Weber lo ha ridefinito “come una forma di autorità personale basata sulla percezione soggettiva del leader”.

Uno degli studi più accreditati su questo tema è quello di Antonakis, Fenley e Liechti (University of Lausanne, 2012), che individua tre dimensioni fondamentali del carisma: la Presenza, il Potere comunicativo e l’Empatia. Quanto alla Presenza, questa è la Capacità di essere mentalmente e fisicamente presenti durante le interazioni; studi di eye-tracking dimostrano che lo sguardo diretto e coerente aumenta la percezione di autorevolezza e fiducia. Il Potere comunicativo  dei veri leader è costituito da un linguaggio evocativo, metafore, aneddoti e ripetizioni strategiche, che rendono il messaggio più accettato e comprensibile. Infine l’Empatia. Il carisma non si basa solo su dominanza, ma anche su capacità empatiche. Le persone percepite come “calde” attivano una risposta cerebrale positiva nella corteccia prefrontale mediale, responsabile dell’elaborazione sociale.

Amici, la realtà è che il Carisma non è una dote innata, ma una SOFT SKILL che si può sviluppare attraverso l'impegno e la pratica, migliorando le proprie capacità di comunicazione, ascolto, intelligenza emotiva e linguaggio del corpo. Si acquisisce mostrando fiducia in se stessi e negli altri, coltivando l'empatia, praticando l'ascolto attivo, curando la postura, utilizzando un contatto visivo efficace e sviluppando l'autostima e l'intelligenza emotiva. Secondo Olivia Cabane, autrice del saggio The Charisma Myth (2012), il carisma nasce da un equilibrio tra forza personale (competenza, assertività) e calore percepito (umanità, ascolto). Quando una delle due componenti è assente, il carisma risulta sbilanciato: si può apparire freddi o, al contrario, deboli.

Anche le neuroscienze si sono occupate di studiare a fondo il Carisma. Le risonanze magnetiche funzionali (FMRI) hanno dimostrato che le persone percepite come carismatiche attivano fortemente i circuiti di ricompensa nel cervello di chi le ascolta. Questo suggerisce che l’interazione con un individuo carismatico viene vissuta come piacevole e gratificante a livello neurobiologico. Non solo la voce, però, anche la postura e il tono di voce sono determinanti nel generare impatto carismatico. Le cosiddette “POWER POSES” aumentano i livelli di testosterone e abbassano il cortisolo, modulando la percezione di sicurezza interna e esterna. Anche la gestualità sincronizzata con le parole è associata a una maggiore chiarezza e attrattività comunicativa.

Certo, diventare una persona “fortemente carismatica” richiede impegno e costanza. In primis, ci si concentra sull’uso consapevole della voce (intonazione, ritmo, pause), con una vera padronanza della comunicazione non verbale, l’ascolto attivo e il feedback emotivo; infine, è importante la capacità di elaborare racconti ispiratori e messaggi di visione. Il segreto della persona carismatica? Sorridere con gli occhi, segnale autentico di coinvolgimento emotivo. Questo tipo di sorriso stimola una risposta positiva nell’osservatore grazie al rilascio di ossitocina, l’ormone della fiducia.

Cari amici lettori, diventare persone carismatiche richiede davvero grande capacità e anche una grande preparazione. Il Carisma non si inventa, ha bisogno di un  allenamento continuo, di sicurezza nel comportamento e di autostima; essere empatici, significa far sentire gli altri al centro dell'attenzione, usando anche una comunicazione non verbale coerente e un tono di voce espressivo, ma soprattutto essere “autentici”, con un concreto, genuino interesse per le persone.

A domani.

Mario

sabato, ottobre 18, 2025

DALL'”OMNIBUS” AL “BUS”, L'EVOLUZIONE NEL TEMPO DEL TRASPORTO COLLETTIVO. ECCO UN EPISODIO IMPRENDITORIALE DEGLI INIZI DEL XIX SECOLO A NANTES, IN FRANCIA.


Oristano 18 ottobre 2025

Cari amici,

Fino ai primi del Novecento, il trasporto pubblico di persone era una vera e propria impresa, ovvero un’eccezione. La movimentazione, anche per lunghi tratti, di gruppi di persone avveniva solo per particolari circostanze con l’utilizzo delle carrozze, preziosa dotazione delle sole famiglie benestanti, che erano trainate dai cavalli. La prima intuizione del mezzo pubblico urbano per trasportare persone risulta attribuita al filosofo e scienziato Blaise Pascal, che negli anni ‘60 del XVII secolo organizzò un servizio di «carrosses à cinq sols» con cui chiunque poteva spostarsi da una parte all’altra di Parigi.

Questa innovazione ebbe un discreto successo, ma più come mezzo di svago che come mezzo di trasporto vero e proprio. La costruzione e l’utilizzo in grande stile di mezzi di trasporto collettivo, ovvero capienti carrozzoni a cavalli con molti posti, si diffuse nell’Ottocento, svolgendo nelle principali città il servizio di trasporto pubblico. Ebbene, agli inizi del XIX secolo, in Francia, un piccolo imprenditore fu pioniere di una curiosa iniziativa, che merita di essere raccontata.

Intorno al 1825 tale STANISLAS BAUDRY decise di aprire un mulino a vapore presso la città di Nantes. L’intelligente imprenditore francese, dopo aver realizzato il mulino a vapore, che risultò molto apprezzato dalla popolazione, si rese conto che poteva anche evitare di sprecare tutta l'acqua bollente che veniva usata per il funzionamento del mulino, e pensò di  abbinargli un altro utile uso: aprire proprio accanto al mulino un bagno pubblico, in cui chiunque poteva farsi un bagno caldo. Può sembrare una sciocchezza, ma a quei tempi era un’idea imprenditoriale vincente. L’idea era certamente interessante, ma un problema restava da risolvere: il mulino era stato realizzato fuori città, e quindi bisognava trovare un sistema di trasporto per far arrivare lì gli amanti del bagno caldo in piscina!

Poiché all’inizio i clienti scarseggiavano, l’ingegnoso imprenditore trovò la giusta soluzione: organizzò una speciale navetta, che, dal centro di Nantes, portava i clienti proprio al mulino e al bagno. La stazione della navetta a Nantes era posta davanti alla bottega di un cappellaio, tale Monsieur Omnès, il quale, giocando col proprio nome e col latino, vi aveva affisso un'insegna con su scritto "OMNES OMNIBUS" , che poteva significare sia "tutti per tutti" sia "Omnès per tutti". A questo veicolo di trasporto persone che lì stazionava fu quindi affibbiato il nomignolo di "OMNIBUS". E poiché quel tipo di mezzo era proprio "per tutti", il nome fu presto abbreviato in "BUS", e così si diffuse giungendo fino a noi!

Amici, oggi che tutte le lingue, compresa la nostra, sono piene di inglesismi, in tanti sono convinti che “BUS” sia  un termine inglese! Invece no: come accennato prima, è latino, abbreviazione del termine ONIBUS (per tutti)! Oggi la gran parte dei viaggi collettivi avviene nel mondo con gli AUTOBUS (si è aggiunta la parola auto a BUS). Chissà che direbbe quel buontempone di Monsieur Omnès, se sapesse che la sua buffa insegna OMNIBUS è stata il germe di una delle parole più diffuse al mondo…!

Cari amici, l’evoluzione fa parte della vita dell’uomo! Indubbiamente la prima idea di trasporto pubblico "moderno" è stata proprio quella dell'OMNIBUS che ho citato prima. Questo termine, forse, qualcuno giovane non l'ha mai sentito nominare, perché il termine è caduto in disuso, ma si tratta dell'antenato di tutte le forme di trasporto urbano in uso oggi e, sappiate anche che questo termine, in alcune parti del mondo, è ancora molto in voga. Viva il BUS!

A domani.

Mario

 

 

 

venerdì, ottobre 17, 2025

LA NORVEGIA IN PRIMA LINEA PER CONTRASTARE I CAMBIAMENTI CLIMATICI. AVVIATA IN MARE UN'ESTESA COLTIVAZIONE DI ALGHE, CON NOTEVOLI BENEFICI.


Oristano 17 ottobre 2025

Cari amici,

La NORVEGIA è la nazione considerata più avanti nella lotta contro i cambiamenti climatici. Si, da tempo è in prima linea, e oggi è considerata  leader mondiale in questo campo. Una delle azioni cardine portate avanti è la coltivazione su scala industriale delle ALGHE, trasformate in un potente alleato contro il cambiamento climatico. Questa azione, poco visibile all’esterno, è una grande, silenziosa rivoluzione, effettuata sotto le acque che bagnano la Norvegia. Si, proprio lungo le coste norvegesi, nel cuore del Mare del Nord, sta prendendo forma una trasformazione sorprendente e quasi invisibile: le foreste subacquee di alghe coltivate su scala industriale.

Dal punto di vista commerciale queste coltivazioni sono da considerare delle vere e proprie “fattorie oceaniche”, che stanno aprendo nuove prospettive per il futuro dell’alimentazione, dell’energia e della lotta ai cambiamenti climatici. Il motivo principale è che le alghe hanno una straordinaria capacità di catturare CO₂ dall’acqua: fino a 50 volte più rapidamente delle foreste terrestri! In questo modo esse contribuiscono anche a contrastare l’acidificazione degli oceani e a migliorare la qualità dell’acqua.

Questa interessante iniziativa, più nota come “PROGETTO NORTH SEA FARM 1”, è realizzata con la creazione di "fattorie oceaniche" subacquee, capaci di contribuire a mitigare il problema del cambiamento climatico e a creare nuove forme di acquacoltura industriale. Ma vediamo come è stato predisposto e realizzato questo interessante progetto che,  oltre ai benefici ecologici prima evidenziati consente anche di creare rifugi per la vita marina, di aumentare la biodiversità, e ad offrire nutrimento e habitat a numerose specie.

Ecco, in dettaglio, le caratteristiche del progetto “North Sea Farm 1: trattasi di una coltivazione sperimentale di alghe, estesa su cinque ettari nel Mare del Nord, sostenuta dall'organizzazione no-profit NORTH SEA FARMERS, realizzata con un finanziamento di 2 milioni di euro forniti dal programma Right Now Climate. Il progetto si pone questo obiettivo cardine: poiché le coltivazioni di alghe hanno il grande potenziale per assorbire CO2 dall'atmosfera, esse sono un funzionale metodo per combattere i cambiamenti climatici.

Inoltre, altro obiettivo da raggiungere è quello di entrare in Sinergia con l'eolico: il progetto è stato avviato vicino alle turbine eoliche, suggerendo una potenziale sinergia tra l'acquacoltura di alghe e l'energia eolica offshore. Il progetto si avvale di strutture innovative: corde e piattaforme galleggianti ospitano giovani piante di alga che si allungano come tende verdi sotto la superficie del mare, trasformando la luce e il carbonio in vita. Queste coltivazioni non richiedono acqua dolce, fertilizzanti o terreni agricoli, rendendole una risorsa sostenibile e a basso impatto ambientale. Insomma, un potente alleato del clima e dell’economia!

La Norvegia è oggi leader mondiale in questo settore: trasformando le alghe ha costruito un potente alleato contro il cambiamento climatico realizzando anche un tornaconto economico! Il raccolto di queste fattorie, infatti, trova applicazione in moltissimi ambiti: alimentazione umana e animale, biocombustibili, fertilizzanti naturali, prodotti cosmetici e imballaggi biodegradabili. Alcune aziende stanno persino sviluppando progetti per far affondare grandi quantità di alghe ricche di carbonio nelle profondità oceaniche, con l’obiettivo di immagazzinare CO₂ per secoli.

Amici lettori, questa forma di agricoltura marina ci dimostra che la battaglia contro il riscaldamento globale non si combatte solo sulla terraferma. Con l’innovazione e una visione a lungo termine, le alghe potrebbero diventare i “guerrieri silenziosi” della nostra epoca, difendendo il pianeta in modo discreto ma potentissimo. La prossima volta che pensiamo a soluzioni per il futuro, ricordiamo che forse la chiave si trova già lì: nascosta sotto le onde!

Cari amici, oggi la Norvegia, con la realizzazione nelle sue coste di queste "foreste subacquee" di alghe, che crescono ad una velocità notevole, sta creando un eccellente, imitabile modello di sostenibilità. È una lodevole iniziativa che rappresenta un'importante frontiera nella mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici, fornendo nel contempo ottime opportunità economiche. Iniziativa davvero da lodare!

A domani.

Mario

giovedì, ottobre 16, 2025

ACQUA DOLCE DAL MARE, RICAVATA CON UN NUOVO SISTEMA CHE UTILIZZA SOLO L'ENERGIA SOLARE: LA RIVOLUZIONARIA TECNOLOGIA MESSA A PUNTO NELL’UNIVERSITÀ UNIST IN COREA DEL SUD.


Oristano 16 ottobre 2025

Cari amici,

Che l’acqua sia un bene prezioso, assolutamente indispensabile alla vita dell’uomo, è cosa fin troppo nota. Ovviamente parliamo di quella potabile, quella dolce, che a differenza di quella salata, che sulla terra è alquanto abbondante, è invece molto SCARSA, tanto che oltre 2 miliardi di persone non ne dispongono a sufficienza. La carenza di acqua potabile sicura fa ancora oggi nel mondo milioni di vittime, in particolare bambini. Secondo i dati dell’UNICEF, ogni giorno, oltre 1.000 bambini sotto i 5 anni muoiono a causa di malattie legate alla carenza di acqua e servizi igienici inadeguati, fattori che uccidono complessivamente 1,4 milioni di persone l'anno.

Uno dei rimedi per cercare di sopperire alla carenza di acqua potabile è LA DESALINIZZAZIONE, anche se questo complesso processo consuma enormi quantità di energia. Tuttavia gli studi proseguono e di recente un nuovo, particolare dispositivo elaborato da tecnici coreani appare in grado di rivoluzionare davvero il sistema. Il dispositivo in parola riesce sorprendentemente a  cambiare le carte in tavola: ricava 3,4 litri di acqua dolce all’ora con zero consumi elettrici! L’efficienza di conversione solare raggiunge il 94%, mentre i sistemi tradizionali si fermano al 30-40%.

Il rivoluzionario sistema coreano è stato testato per due settimane in condizioni estreme, ma ha mantenuto prestazioni costanti anche con salinità doppia rispetto a quella del mare. I numeri parlano chiaro: la convinzione è che la soluzione alla crisi idrica globale potrebbe essere più vicina di quanto immaginiamo. Ma vediamo in che modo, questo innovativo sistema, che per funzionare ha bisogno solo dell’energia solare, riesce a produrre acqua potabile.

Il dispositivo sviluppato dai ricercatori dell’Università UNIST in Corea del Sud usa un materiale particolare (noto agli esperti di tecnologie solari): LA PEROVSKITE. Per essere precisi, non esattamente quella usata per i pannelli fotovoltaici; si tratta di “un ossido di perovskite” (La0.7Sr0.3MnO3), che converte la luce solare direttamente in calore, attraverso la formazione di stati trappola intrabanda. Questo materiale facilita la ricombinazione non radiativa di elettroni ed eccitazioni foto-eccitate, rilasciando energia sotto forma di calore tramite termalizzazione.

Amici, se traduciamo in parole povere questo linguaggio scientifico, apprendiamo che questo materiale si scalda molto bene quando ci batte sopra il sole; poi, una volta che si è riscaldato bene, fa evaporare l’acqua di mare in modo estremamente efficiente. Lo studio pubblicato su ADVANCED ENERGY MATERIALS dimostra che il sistema raggiunge un tasso di evaporazione solare impressionante di 3,40 kg m⁻² h⁻¹ . Il dispositivo, dunque, supera di gran lunga i sistemi di evaporazione solare tradizionali, che tipicamente raggiungono solo 0,3-0,4 kg/m²/h sotto la luce solare naturale. Un miglioramento di quasi dieci volte, che trasforma una tecnologia di nicchia in una soluzione potenzialmente scalabile.

Anche il problema della desalinizzazione è stato affrontato in modo concreto. La desalinizzazione solare, come ben sappiamo, ha sempre avuto un tallone d’Achille: IL SALE, che si accumula sui materiali fototermici riducendo l’efficienza e causando quello che i ricercatori chiamano “fouling”. È come quando si forma il calcare sui rubinetti, ma anche peggio. Il team coreano ha risolto il problema con un design a forma di L inversa che crea un flusso unidirezionale del fluido.

Questo sistema stabilisce un gradiente salino che spinge il sale verso i bordi del materiale fototermico, riducendo significativamente l’intasamento e la schermatura della luce. Come spiega il team di ricerca: “Combinando La0.7Sr0.3MnO3 con questo design innovativo, raggiungiamo un impressionante tasso di evaporazione solare di 3,40 kg m⁻² h⁻¹ sotto un sole, garantendo al contempo forti capacità anti-fouling in ambienti complessi”. I test di durata lo dimostrano: due settimane di funzionamento stabile in soluzioni saline altamente concentrate con il 20% di contenuto di sale, superando la salinità dell’acqua di mare normale. Il dispositivo ha continuato a funzionare senza perdite di prestazioni.

Cari amici, stante quanto detto prima, sulla scarsità dell’acqua potabile nel mondo, il mercato della desalinizzazione è destinato a crescere notevolmente. Il Global Water Intelligence di Oxford valuta che entro il 2025-26 il valore complessivo del mercato della desalinizzazione raggiungerà i 12 miliardi di dollari, con un balzo dell’11% rispetto al valore attuale. Considerato che il nuovo sistema coreano taglia fortemente i costi energetici, sarà certamente all’avanguardia per risolvere il problema acqua potabile nel mondo!

A domani.

Mario