giovedì, dicembre 04, 2025

LA STRESSANTE VITA NEL TERZO MILLENNIO. QUANDO LA STANCHEZZA SI IMPADRONISCE DI NOI, SONO LE NOSTRE MEMBRA AD ARRENDERSI O IL CERVELLO?


Oristano 4 dicembre 2025

Cari amici,

A volte ci capita di sentirci stanchi appena alzati, anche se la notte abbiamo dormito regolarmente. Se proviamo a chiederci la motivazione di questa stanchezza che avvertiamo, ci viene il sospetto di avere delle carenze nell’organismo, costringendoci ad andare dal medico, che, spesso, fatica a trovare le reali motivazioni di questo stato di poche forze. Le ultime indagini della scienza, sul tema della perenne stanchezza, aprono ora nuovi scenari che riconducono questo male a ragioni più complesse del normale caso di eccessivo dispendio di energie.

Secondo un recente studio, che ha analizzato dati provenienti da 32 Paesi, si è rilevato che ben 1 adulto su 5 presenta livelli di affaticamento problematici. Questi sono soggetti che si sentono stanchi tutto il giorno, a prescindere dall’impegno lavorativo. In gergo medico questo sintomo è definito con un acronimo “TATT”, che in inglese sta per “Tired All The Time”, ovvero sempre stanco. Gli scienziati hanno scelto di indagare su questa stanchezza perenne così sentenziando: «Il fatto che così tante persone in buone condizioni di salute si sentano così stanche non sembra avere un senso. Molti, almeno in Occidente, hanno un facile accesso a molte più calorie di quelle di cui hanno realmente bisogno. Se sentirsi bene fosse semplicemente una questione di calorie, energia fuori, saremmo tutti pieni di forza e vigore».

Si, amici, finora la ricerca medica metteva in relazione l’energia presente nel corpo con la forza necessaria al lavoro da fare. Quindi un corpo ben nutrito dall’industria alimentare presentava una bella dose di energia, fornita da beveroni energetici, integratori e snack proteici, oltre la normale alimentazione. Ora gli studiosi sono arrivati alla conclusione che è, invece, il nostro cervello a valutare quanta energia serva all’organismo in quel preciso momento, e se questa sia disponibile per le nostre cellule, a prescindere dall’alimentazione fisica. La sensazione di sentirsi affaticati, dunque, non sempre dipende dal reale apporto energetico a disposizione del nostro corpo in quel momento.

Si, amici, Le ultime ricerche sulla stanchezza cronica hanno preso in considerazione il “MECCANISMO DI ENTEROCEZIONE”, quel processo con cui il cervello, di momento in momento, valuta quanto e come distribuire questa energia. Nel costante dialogo corpo-cervello si tratta quindi di capire da dove proviene il segnale per risparmiare energia. A questo fine sarà allora fondamentale prendere in considerazione l’attività dei mitocondri, le centrali energetiche dell’organismo. Al loro interno avvengono quei processi biochimici che forniscono alle cellule l’energia di cui hanno bisogno per tutte le loro funzioni vitali. Quando i mitocondri non lavorano in modo efficiente, le persone si sentono letargiche e stanche.

Senza dimenticare, comunque, lo “STRESS” fisico ed emotivo. Secondo uno studio di Martin Picard della Columbia University di New York e del suo gruppo di lavoro, lo stress aumenta del 60% la velocità con cui le cellule bruciano energia. Questo è in parte dovuto al fatto che i mitocondri, che producono anche cortisolo, l'ormone dello stress, capace di inviare come una specie di segnale di autorizzazione che avverte: il corpo non ha energia necessaria per affrontare una sfida in arrivo.

Il risultato? La percezione della fatica da parte del cervello non segue l’effettivo apporto energetico del corpo. La valutazione fatta dal cervello sullo stato del nostro organismo, quindi, potrebbe spiegare perché è perfettamente possibile dormire bene e sentirsi ancora esausti al risveglio, al pensiero di una lunga giornata di riunioni stressanti. Allo stesso modo, una buona notizia arrivata inaspettata, può tradursi in una spinta energetica istantanea: anche in questo caso, lo stato energetico del corpo non è cambiato, ma la previsione del cervello sulla forza con cui poter lavorare ha trasformato la situazione.

Cari amici, uno dei rimedi possibili è trovare il tempo per svolgere dell’attività fisica; ciò costringe il corpo ad aumentare la produzione di energia, cancellando i mitocondri inefficienti e sostituendoli con quelli freschi che funzionano meglio. Infine, dice Martin Picard, «Non dimentichiamo mai che le persone che ci circondano influiscono sui livelli di energia in un senso molto reale. È bene sapere che il nostro corpo e il cervello sono cablati in modo che, nella giusta compagnia, si trovi abbastanza energia per vivere la giornata».

A domani.

Mario

mercoledì, dicembre 03, 2025

MA IL DETTO POPOLARE “UNA MELA AL GIORNO TOGLIE IL MEDICO DI TORNO”, CHE VALIDITÀ PUÒ AVERE OGGI?


Oristano 3 dicembre 2025

Cari amici,

Quando è stato coniato il detto “Una mela al giorno toglie il medico di torno”, erano tempi molto diversi da quelli di oggi, quando la medicina era ancora ben lontana dalle attuali strutture per la salute. Ora, però, stante l’attuale progresso medico scientifico, questa affermazione popolare può ancora avere una sua validità? Certo, le mele fanno parte anche oggi della nostra alimentazione, ma proprio perché conosciamo meglio di ieri le qualità di questo frutto, possiamo accreditargli l’importanza che gli si attribuiva ieri? Partiamo dalle origini-

Pare che questo detto popolare sia nato in Galles nel XIX secolo. Caroline Taggart, autrice del libro “An Apple A Day: Old-Fashioned Proverbs-Timeless Words To Live By”, ha dichiarato al Washington Post che la frase si è evoluta nel corso degli anni rispetto all'originale che prima così recitava: “Mangia una mela prima di andare a letto e impedirai al dottore di guadagnarsi il pane”. Uno studio del 2015 ha cercato di dimostrare se quest’affermazione fosse vera, ovvero se il consumo quotidiano di mele riuscisse davvero a diminuire se non ad eliminare le visite dal medico.

La ricerca, seppure approfondita, non ha trovato prove sufficienti per sostenere la veridicità del detto, però i ricercatori hanno osservato che gli adulti che mangiavano una mela al giorno tendevano a usare meno farmaci da prescrizione, suggerendo un possibile, anche se limitato, beneficio per la salute. Era, comunque, un piccolo anche se parziale aiuto, quello fornito dalle mele per la salute, e, per meglio approfondire è stata consultata una valida dietista: Lauren Manaker.

La Manaker ha affermato che le mele offrono a chi le consuma una serie di benefici per la salute, in particolare per quella del cuore, migliorano la funzione immunitaria e contribuiscono alla riduzione delle infiammazioni. L'esperta dietista attribuisce questi benefici in particolare alla vitamina C, che sostiene il sistema immunitario, e ai flavonoidi (un tipo di antiossidante), che sono stati collegati a una riduzione del rischio di malattie cardiache.

Amici, praticamente tutte le mele risultano ricche di benefici, anche se una mela Golden Delicious di medie dimensioni, del peso di circa 169 grammi, sarebbe quella più adatta; essa contiene circa 145 grammi di acqua, secondo il FoodData Central dell'USDA, il che significa che sono costituite per lo più acqua. Con circa 96 calorie, una mela contiene circa 23 grammi di carboidrati, di cui 17 grammi di zucchero e 4 grammi di fibre. La fibra è un tipo di carboidrato importante con molteplici benefici, soprattutto per il sistema digestivo. Manaker osserva che le mele contengono molte fibre solubili, come la pectina, che aiutano a regolare i livelli di zucchero nel sangue e la salute dell'intestino.

Insomma, anche oggi “mangiare una mela al giorno” può risultare incredibilmente salutare, perché questi frutti sono densi di nutrienti, ricchi di fibre, vitamine e antiossidanti - ammette la Manaker -. Poiché la maggior parte delle persone non consuma quotidianamente le porzioni di frutta e verdura raccomandate, prendere l'abitudine di mangiare una mela al giorno può essere una buona cosa”. Ovviamente, però, senza dimenticare di lavarle! “Mangiare mele non lavate può comportare il rischio di esposizione ai pesticidi, quindi è consigliabile lavarle accuratamente”, come consiglia l’esperta Lauren Manaker.

Cari amici lettori, come del resto è sempre stato, gli antichi detti popolari erano stati coniati in quanto validi e dagli effetti accertati; è pur vero che non avevano le conoscenze scientifiche di oggi, ma la saggezza popolare sopperiva eccome!  Continuiamo allora a mangiare “una mela al giorno”, e certamente il nostro organismo ne beneficerà. Inutile, però, esagerare: non è che mangiandone 10 campiamo oltre 100 anni! Scherzo, ovviamente!

A domani.

Mario

martedì, dicembre 02, 2025

L'UMORE E LE STAGIONI. CON L'ARRIVO DELL'INVERNO ENTRIAMO NEL TUNNEL DEL “SAD”, IL DISTURBO AFFETTIVO STAGIONALE.


Oristano 2 dicembre 2025

Cari amici,

Con l’arrivo dei mesi freddi, a causa della riduzione delle ore di luce, molte persone, anche quelle definite ”solari”,  iniziano a rattristarsi, sperimentando un calo sia dell’energia che dell’umore. È questa, di norma, una sindrome limitata ai mesi invernali, che scompare con l’arrivo della stagione primaverile, ma risulta, comunque, alquanto condizionante. Questa condizione di disagio, di norma persistente e ciclica, è da noi definita Disturbo Affettivo Stagionale, correntemente SAD (dall’inglese Seasonal Affective Disorder), che in realtà non è altro che una forma di depressione.

Sono diversi gli studi su questa forma depressiva, che confermano che essa è presente nel soggetto "quando viene accertata ripetitiva”, ovvero si presenta almeno per due anni di seguito, manifestandosi sempre nella stessa stagione (di solito in autunno o in inverno) e migliorando successivamente nella stagione più calda e luminosa. Per quanto riguarda sia la durata che la diffusione del disturbo, alcune ricerche internazionali stimano che il SAD interessi dal 2 % al 21 % della popolazione, con percentuali più elevate nei Paesi dove le giornate invernali sono particolarmente brevi.

In sintesi, la depressione stagionale rappresenta una condizione reale per molti individui, ma la durata e la regolarità del suo andamento variano sensibilmente; c’è da dire che non tutti i disturbi dell'umore in inverno possono essere considerati un vero SAD. I sintomi più frequenti del SAD includono: umore depresso e perdita di interesse per le attività quotidiane; aumento del bisogno di dormire e difficoltà a svegliarsi al mattino; fatica costante e ridotta energia; maggiore appetito, soprattutto per cibi dolci o ricchi di carboidrati; difficoltà di concentrazione e calo della produttività; irritabilità e maggiore sensibilità emotiva; alterazione del ritmo circadiano, con sonnolenza diurna o insonnia serale.

Amici, con l’arrivo della bella stagione, Primavera-Estate, questi sintomi tendono a migliorare spontaneamente, quando la luce naturale torna a stimolare i normali meccanismi biologici dell’umore. Un aspetto chiave nella comprensione del SAD è il ritmo circadiano, l’orologio biologico che regola il ciclo sonno-veglia e influenza la produzione di ormoni come serotonina e melatonina. Durante i mesi con scarsa esposizione alla luce, il corpo tende a produrre più melatonina, provocando sonnolenza, stanchezza e umore basso. Studi pubblicati su Sleep Medicine Reviews (2022) mostrano che i soggetti affetti da SAD presentano un ritardo del ritmo circadiano e una ridotta risposta alla luce naturale.

Come si può combattere questo disturbo? La terapia può includere trattamenti non farmacologici, psicoterapia e, nei casi più gravi, farmaci antidepressivi. In primis si usa la fototerapia (light therapy), che consiste nell’esposizione quotidiana a una luce artificiale intensa (circa 10 000 lux) per 20–30 minuti al mattino. Secondo il National Institute of Mental Health, questo metodo può ridurre i sintomi depressivi nel giro di due settimane; poi, la psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT-SAD): che aiuta a riconoscere e modificare i pensieri negativi legati alla stagione, migliorando l’adattamento ai cambiamenti ambientali.

Infine, se necessario, si può ricorrere ai farmaci e al supporto clinico: gli antidepressivi SSRI possono essere utilizzati nei casi più severi, spesso in combinazione con la fototerapia e la psicoterapia. Gli specialisti, poi, consigliano interventi sullo stile di vita: esporsi alla luce naturale, mantenere un sonno regolare, svolgere attività fisica e seguire una dieta equilibrata, tutti rimedi che rappresentano delle strategie complementari di comprovato beneficio. Il disturbo affettivo stagionale appare oggi come una condizione reale e clinicamente rilevante, sostenuta da solide evidenze sul ruolo della luce e del ritmo circadiano.

Cari amici, come accennato prima, non tutti cadono in depressione quando le giornate si accorciano e la luce solare, presente in ore limitate, ci intristisce; tuttavia sta a noi reagire al malumore che le cattive giornate ci creano utilizzando al massimo le ore di luce disponibili, mantenendo una regolare relazione sociale, facendo attività fisica, assumendo una dieta regolare e andando a letto nelle ore più consone alla nostra vita. Ne ricaveremo un sicuro beneficio!

A domani.

Mario

lunedì, dicembre 01, 2025

UN RIMEDIO NATURALE CONTRO LO STRESS? LA LETTURA! LEGGERE È UNA TERAPIA ECCELLENTE, RILASSA E FAVORISCE LA CONCENTRAZIONE.


Oristano 1° dicembre 2025

Cari amici,

Ho voluto iniziare i post di dicembre con un argomento che riguarda il nostro vivere quotidiano: l'angoscioso muoversi, operare e lavorare a ritmi talmente sostenuti da rischiare di scoppiare. Una vita, quella odierna, dominata dallo "STRESS", dall'ansia che non ci lascia sereni, né di giorno né di notte. Si, viviamo immersi nella caotica, alienante vita moderna, che ci carica continuamente di stress e di pericolosi nervosismi. Ebbene, è sicuramente necessario trovare degli antidoti, e, su questo fronte, un rimedio naturale contro lo stress lo possiamo trovare nella lettura di un libro, capace di rilassarci e, di darci serenità. Un libro ci porta in un altro mondo, ci offre una forma di evasione, rilassando concretamente il nostro organismo carico di tensione. Man mano che leggiamo, si abbassano la frequenza cardiaca e la tensione muscolare, la nostra mente si distrae dal quotidiano e dalle preoccupazioni familiari e sociali. Recenti studi hanno dimostrato che bastano pochi minuti di lettura al giorno per ridurre lo stress del 68%.

La lettura, amici, ci regala numerosi benefici, capaci davvero di migliorarci la vita.  Immergersi nella lettura di un un libro ci riduce lo stress, aumenta l’empatia e favorisce la concentrazione. Romanzi, saggi o poesie, ci permettono di evadere dalla routine quotidiana e di osservare la vita da nuove prospettive, stimolando la nostra crescita personale. Studi recenti dimostrano che dedicare, come dicevo prima, anche pochi minuti al giorno alla lettura, si abbassano i livelli di ansia e il nostro umore migliora. Leggere, può diventare un vero e proprio strumento terapeutico, utile per gestire le nostre emozioni complesse e, di conseguenza, aumentare la nostra resilienza.

Appassionarsi alla lettura, amici, come hanno rilevato gli studiosi, serve a stimolare la nostra mente, aiutandoci a prevenire o rallentare lo sviluppo di malattie come l’Alzheimer e la demenza senile. Leggere, poi, aumenta le nostre conoscenze, migliorando il nostro bagaglio culturale; una maggiore conoscenza ci sarà sempre utili in futuro per affrontare al meglio le sfide che la vita ci presenta. Che dire, poi, del fatto che la lettura migliora il nostro vocabolario arricchendolo, consentendoci così di riuscire ad esporre sempre meglio il nostro pensiero. Esprimersi bene e in modo articolato, può esserci d’aiuto anche in ambito lavorativo.

Leggere, amici, è davvero un modo positivo di essere e di porsi, in quanto rende più forte la capacità analitica del nostro pensiero. Saremo così in grado di utilizzare questa rinnovata capacità anche nello svolgimento del nostro lavoro, dimostrando delle capacità che tanti nostri colleghi non hanno. Leggere, inoltre, migliora li nostro livello di attenzione e di concentrazione. Quando leggiamo un libro tutta la nostra attenzione si riversa sulla storia, il resto del mondo, quindi, ne rimane fuori, e in questo modo ci troviamo in un altro mondo, immersi in ogni dettaglio, in ogni particolare.

Leggere, amici, migliora anche la nostra capacità di scrittura. Scrivere bene, in particolare nella nostra attività lavorativa, ha un effetto positivo notevole sulla nostra capacità di esposizione. Avere uno stile fluido, influenzerà positivamente chi giudica il nostro lavoro personale. Nello stesso modo in cui i musicisti si influenzano a vicenda, stabilendo dapprima chi è il maestro, allo stesso modo anche gli scrittori imparano come scrivere in prosa leggendo le opere degli altri. Leggere, amici, riesce senza ombra di dubbio a migliorarci!

Amici, leggere è anche un modo di ritrovare serenità; immergersi in un libro ci crea una dolce, serena tranquillità, un rilassamento che ci porta in un “altro mondo” diverso dal nostro, regalandoci una serena, interiore tranquillità. Leggere testi spirituali, ad esempio, fa abbassare la nostra pressione sanguigna, dandoci un senso di calma estrema, mentre leggere libri su “come aiutare sé stessi a…” è stato dimostrato che è di valido aiuto alle persone che soffrono di determinati disturbi comportamentali e di problemi mentali.

Cari amici, chiudo questa mia riflessione con la celebre citazione è di George R.R. Martin, autore de "Il trono di spade". La troviamo nelle parole del personaggio Jojen, ed è una metafora che sottolinea come la lettura permetta di vivere esperienze e avventure altrimenti inaccessibili, ampliando la propria visione del mondo e la conoscenza di diverse vite. Ecco la frase completa: "Chi legge vive mille vite prima di morire. Chi non legge mai, ne vive una sola".

A domani cari amici lettori.

Mario

 

 

domenica, novembre 30, 2025

LA VITA SOCIALE NEL TERZO MILLENNIO. IL PASSAGGIO DAL NUCLEO FAMILIARE NUMEROSO A QUELLO SINGOLO. LA RAZZA UMAMA SEMPRE PIÙ SOLITARIA E APPARENTEMENTE FELICE.


Oristano 30 novembre 2025

Cari amici,

Come ultimo post di questo mese ho scelto di dialogare con Voi sull'aridità e la solitudine sempre più presente nella vita di oggi. Lo scorso 11 novembre si è celebrata la  GIORNATA MONDIALE DEI SINGLE (O SINGLES' DAY). L’idea di dedicare un giorno alle persone “SINGLE” è nata in Cina negli anni '90, istituita per celebrare l'indipendenza e l'orgoglio di essere single. La data è stata scelta per via della sequenza dei numeri: 11/11, infatti è una sequenza di 1, e simboleggia proprio una persona sola. La ricorrenza col passare del tempo si è evoluta, trasformandosi nella più grande giornata di shopping online al mondo.

La realtà, come ha ben evidenziato il sociologo americano David Riesman nel suo famoso libro “La folla solitaria” (titolo originale “The Lonely Crowd”), è che l’uomo ha lentamente ma inesorabilmente dismesso i panni del vivere sociale, abbandonando lo svolgersi della vita “insieme agli altri”, al suo gruppo, estraniandosi quindi, e iniziando quella “vita solitaria” che noi oggi, purtroppo, constatiamo in tutta la sua triste evidenza. Si, amici, il protagonista indiscusso di oggi, di questo 2025, anno che chiude il primo quarto di secolo del corrente millennio, è proprio l’uomo solitario, che vive la sua vita sociale estraniato dal contesto che lo circonda.

Oggi il protagonista è il “LONER CONSUMER”, un nuovo, particolare tipo di consumatore che vive e acquista da solo, spinto tanto da un crescente desiderio di autonomia quanto da una diffusa sensazione di solitudine. Il suo è un nuovo modo di vivere, che può essere analizzato come un particolare stato d’animo oppure come una vera scelta di vita. Il Trend Reality Report 2025 di YouGov Shopper ha descritto e fotografato l’ascesa crescente del “Loner Consumer”, che continua senza interruzioni.

La ricerca è stata realizzata in collaborazione con PRESSRELATIONS, e si basa su uno studio strategico condotto su oltre 21.000 individui in 22 Paesi europei. Attualmente nel nostro Paese le famiglie ‘single’ costituiscono il 35,4% del totale delle famiglie italiane, con una crescita ancora più marcata se si considera il lungo periodo: +20% rispetto al 2015. Tuttavia, il Loner Consumer non è un ‘solitario’ nel senso tradizionale: il termine, coniato dal The Economist lo scorso giugno, descrive una tendenza tutt’altro che marginale e che – diffusasi durante la pandemia – esprime il crescente desiderio di indipendenza, di ricerca di spazio personale e di tempo di qualità da dedicare a sé stessi.

Questa scelta di “Vita solitaria”, stando ai dati rilevati dal report di YouGov circa le motivazioni che spingono gli italiani ad isolarsi, è quello di ritagliarsi un momento di solitudine, quello di cercare di riposarsi mentalmente (per il 49% di loro), di avere un momento di introspezione (per il 45%) e di connettersi con sé stessi (per il 41%). I dati del Trend Reality Report di YouGov Shopper evidenziano la cosiddetta Loneliness epidemic, quella crisi di solitudine che da tempo, ormai, colpisce molte società occidentali.

Come spiega la sociologa Roberta Paltrinieri, docente di Sociologia dei Consumi presso il Dipartimento di Sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università di Bologna, «Questa tendenza non deve sorprendere: è un fenomeno descritto molto bene dal sociologo tedesco  Andreas Reckwitz nel suo libro “La società della singolarità”. Non si tratta tanto di un problema di solitudine, ma di individualizzazione: a partire dalla pandemia Covid, e che, complice la tecnologia, viviamo in una dimensione che promuove proprio la singolarità, cioè l’idea che “da soli è meglio”. Concretamente significa vivere da soli, ma anche fare esperienze in solitudine: il messaggio è che attraverso l’autonomia e l’indipendenza, anche e soprattutto nei consumi, possiamo realizzarci.

Amici, analizzando attentamente il fenomeno possiamo constatare che questo cambiamento non riguarda esclusivamente le nuove generazioni, bensì i 40/50enni: «Il Loner consumer è soprattutto un 50 enne o 60enne, che, avendo un reddito che gli permette di fare una certa spesa, da “consumatore solitario” vuole dimostrare a se stesso di essere una persona realizzata, e lo fa tramite i consumi, perché i consumi sono ormai l’attività prevalente della nostra quotidianità, anche in modo inconsapevole», come ben ha osservato la sociologa Roberta Paltrinieri.

Cari amici, le famiglie monocomponenti, come possiamo constatare, sono sempre in aumento, per cui viviamo sempre più connessi virtualmente ma fisicamente distanti; si preferisce avere spazi propri, comunicando con messaggini e non di persona. In questo senso la tecnologia ci sta allontanando dall’obbligo della reciprocità fisica, in quanto il virtuale rende più semplice la gestione delle relazioni. Viene meno quindi anche il senso di Comunità. L’uomo del Terzo Millennio, dunque, decidendo di distaccarsi dal gruppo, di vivere nell’egoistico isolamento, sta portando l’umanità intera a trasformarsi in quella “FOLLA SOLITARIA” prima ricordata, arida e infelice.

A domani.

Mario

sabato, novembre 29, 2025

SI PARLA TANTO DELL'INVENZIONE DELLA RUOTA, MA IL GRANDE DUBBIO È: "DOVE, COME E PERCHÈ L’UOMO È ARRIVATO A CREARLA?".


Oristano 29 novembre 2025

Cari amici,

Che l'uomo abbia inventato la ruota per facilitare il trasporto di carichi pesanti è una certezza, anche se i ricercatori e gli scienziati continuano ad interrogarsi dove, come e quale sia stato il primo motivo per cui è nata la prima idea di utilizzare del materiale rotante per cercare di alleggerire il peso del trasporto. La quasi certezza è che  l'idea iniziale sia nata dall'osservazione di oggetti che in pendenza rotolavano, come ad esempio i tronchi d'albero. L’osservazione può aver spinto l’uomo preistorico ad utilizzare dei rulli di legno per trasportare i carichi più pesanti, apportandovi poi le ulteriori, successive modifiche.

Sebbene in passato la teoria dei rulli sia stata scartata da diverse ricerche, un nuovo, affascinante studio, basato su simulazioni al computer e condotto da ingegneri aerospaziali, questa teoria è stata ripresa, dimostrando la sua validità; secondo questi nuovi studi la ruota è derivata proprio dai rulli, il cui processo di trasformazione, prima con lo scavo centrale del tronco e poi con l’inserimento di un asse centrale che collegava due dischi di tronchi d’albero, dando così origine alla ruota.

Lo studio prima citato è stato portato avanti da un team di ricerca statunitense, composto da scienziati del Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale dell'Università dell'Illinois Urbana-Champaign, del Dipartimento di Storia dell'Università Columbia di New York e della Facoltà di Ingegneria Aerospaziale del Georgia Institute of Technology. Secondo questo studio, tutto sarebbe iniziato circa 6.000 anni fa nelle infernali miniere di rame dei Carpazi, in Ungheria. Proprio qui gli archeologi hanno trovato più di 150 carri in miniatura fatti di argilla, con ruote e una cesta superiore simulata dove venivano riposti i minerali estratti.

I ricercatori hanno ipotizzato che i modellini erano le riproduzioni dei veri carri utilizzati dai minatori dell'epoca, che, con questa soluzione, resero il loro faticosissimo lavoro decisamente più agevole e proficuo. Gli studiosi, coordinati dal professor Kai A. James, si sono convinti che l'ambiente della miniera sia stato ideale per la trasformazione da rullo di legno ad asse con due ruote ai margini. Come lo scienziato ha spiegato in un articolo pubblicato su The Conversation, infatti, “affinché i rulli siano utili, necessitano di un terreno pianeggiante e solido e di un percorso privo di pendenze e curve strette”.

Sempre secondo il professore, i primi pesantissimi carichi di roccia e rame trasportati sui rulli avrebbero piano piano spinto gli inventori dell'epoca a modellare questi rudimentali mezzi di trasporto, rendendoli sempre più pratici e affidabili, fino all'idea di scavare i tronchi al centro e inserire un asse; in questo modo era possibile superare più agevolmente gli ostacoli lungo il percorso. Le modifiche introdotte rendevano i carrelli più facili da spingere e manovrare, in quanto richiedevano meno fatica; e così, gli uomini, modifica dietro modifica, arrivarono ad ottenere la soluzione ideale, con l'asse e i due grandi dischi ai margini.

Amici, secondo gli autori dello studio, le ruote sarebbero dunque nate attorno al 3.900 avanti Cristo nel cuore dei Carpazi, dove l'ambiente minerario era adatto ad influenzare la trasformazione dei rulli  in ruote, in modo non dissimile dalla pressione evolutiva che si verifica nell'evoluzione biologica. Questo spiegherebbe anche il motivo per cui grandi ed evoluti popoli precedenti, come ad esempio gli antichi egizi, seppure dotati di una cultura molto avanzata, non ebbero gli ingredienti adatti per dar vita all’invenzione della ruota.

Cari lettori, nei millenni l’uomo, passo dopo passo, ha cercato di rendere la propria vita sempre meno pesante e quindi un po’ più facile, e l'invenzione della ruota è indubbiamente una pietra miliare nel millenario percorso dell'umana esistenza. L’INVENZIONE DELLA RUOTA ha letteralmente cambiato la storia dell'umanità, considerato il fatto che anche oggi, dopo i tanti millenni dall’invenzione, la RUOTA gioca un ruolo fondamentale nei trasporti e nelle relazioni umane.

A domani amici lettori.

Mario

venerdì, novembre 28, 2025

LE SFUMATURE DELL’AMORE. AMARE NON SIGNIFICA SOLO VOLER BENE AGLI ALTRI, MA ANCHE A SE STESSI.


Oristano 28 novembre 2025

Cari amici,

L’AMORE non è solo quella freccia, scoccata dal nostro arco, nei confronti degli altri in sintonia con noi, ma significa, allo stesso tempo, "volersi bene", ovvero amare, con la stessa intensità, anche se stessi. Secondo il grande Erich Fromm, psicoanalista, sociologo e filosofo tedesco, "Se un individuo è capace di amare positivamente, ama anche se stesso; se può amare solo gli altri, non può amare completamente". Amare gli altri, dunque, è importante, ma lo è molto di più se siamo in grado di amare anche noi stessi, poiché è proprio sull’affetto che si nutre per la propria persona che è possibile gettare le basi per creare legami solidi e duraturi nei confronti degli altri.

Amarsi, volersi bene non è solo importante, è necessario! Se non ci si ama, infatti, si rischia davvero di non riuscire né ad amare né a farsi amare. Proprio per questo, volersi bene, amare se stessi e gli altri, è una strada da percorrere, a volte difficile ma mai da abbandonare. Siamo tutti chiamati a superare le difficoltà che si presentano, e quali passi concreti possiamo fare per coltivare una relazione più sana con noi stessi e, di conseguenza, con il mondo che ci circonda.

Partiamo dalla domanda più comune: “Cosa vuol dire amare sé stessi”? Spesso sentiamo dagli amici battute come “Devi amarti di più”, oppure “Bisogna volersi bene”; sono slogan, certo, ma al di là delle battute, cosa significa realmente amare sé stessi? A cosa ci riferiamo quando parliamo di un amore incondizionato verso la nostra persona? In primis significa avere una profonda considerazione di se stessi e del proprio benessere; amare se stessi significa godere della propria felicità, avere cura dei propri bisogni, oltre che di quelli degli altri.

Se a molti volersi bene può sembrare un segno di egoismo, non è proprio così! Volersi bene non è un comportamento egoistico, ma di responsabilità verso sé stessi. Imparare ad amare sé stessi è importante: lo è per poter vivere con maggiore serenità ogni aspetto della propria vita. Amare sé stessi significa accettarsi per come si è, con i propri pregi e i propri difetti. Se siamo orientati solo verso gli altri, se il nostro altruismo trascura noi stessi, mettiamo a rischio anche l’amore che vogliamo dare agli altri.

Non amarsi, non volersi bene, ha conseguenze deleterie, amici lettori. Chi non si ama, in effetti ha di se una scarsa autostima; spesso il nostro umore tende verso il basso e scatta il bisogno di chiuderci in se stessi. Ci sentiamo anche inadeguati, senza la necessaria fiducia nelle proprie possibilità, arrivando in questo modo a sminuire il nostro potenziale. Questa mancanza di fiducia interiore soffoca i nostri talenti, impedendoci di perseguire i nostri sogni e le nostre aspirazioni, con la necessaria, possibile serenità.

Il grande psicanalista e filosofo Erich Fromm, nel suo libro fondamentale “L'arte di amare”, offre una riflessione profonda su questo tema. Fromm evidenzia come la nostra cultura ci spinga a cercare l'oggetto “giusto” da amare, invece di concentrarci sull'imparare ad amare e ad amarci con lucidità. Ci focalizziamo sull'altro come se fosse un salvatore, delegando a lui o a lei il compito di renderci felici, senza comprendere che “AMARE” è qualcosa che deve iniziare da noi. La sua tesi è chiara: è fondamentale amare sé stessi per amare gli altri in modo autentico.

Cari amici, capita sempre più spesso di sentire la frase “Se non ami te stesso, non puoi amare gli altri”; è questa una riflessione che è diventata quasi un mantra, ed ha un grande significato che dovrebbe farci riflettere tutti. Pensiamo dunque sempre positivo, amiamoci in modo convinto, senza mai dimenticare che “CIASCUNO DI NOI È LA PERSONA PIÙ IMPORTANTE DELLA SUA VITA!”-

A domani.

Mario