Oristano 26 Novembre 2012
Cari amici,
credo che molti di Voi abbiano già letto (e spero anche apprezzato) la mia precedente riflessione sullo straordinario e meraviglioso mondo delle api. Analizzando questi speciali e particolari insetti non mi è bastato il tempo per parlarvi anche, dettagliatamente, dei meravigliosi prodotti che essi ci regalano: miele, polline, pappa reale, cera e propoli. Il prodotto più noto è certamente il miele che con la cera è stato il primo ad essere scoperto e utilizzato dall’uomo, non solo ad esclusivo uso alimentare. La medicina ayurvedica (la medicina tradizionale utilizzata in India fin dall'antichità), già tremila anni fa, considerava il miele purificante, afrodisiaco, dissetante, vermifugo, antitossico, regolatore, refrigerante, stomachico e cicatrizzante. Virtù salutari, quelle dei prodotti delle api, che tutti i popoli fin dall’antichità decantavano, attribuendone agli Dei, che si nutrivano di miele ed ambrosia, l’invio sulla terra per farne dono ai comuni “mortali”. I Greci, infatti, lo consideravano il vero "cibo degli dei", e dunque rappresentava una componente importantissima nei riti che prevedevano offerte votive. Omero ne decantava la bontà e ha perfino descritto la raccolta del miele selvatico; Pitagora lo raccomandava come alimento energetico e portatore di lunga vita. In India il miele, oltre ad avere significati simbolici, era considerato afrodisiaco, tanto da costituire l'ingrediente principale di elisir e filtri d'amore. Per lungo tempo e in diverse popolazioni ed epoche il miele veniva costantemente impiegato nei riti religiosi. Non è un caso dunque che nel Corano il miele viene considerato il simbolo della guarigione sia spirituale sia materiale. Nel Nuovo Continente (1448-1482) gli Inca, in segno d’amicizia, offrirono miele e cera d'api come tributo ai conquistatori europei.
La diffusione dell'allevamento delle api al fine di ottenere miele e cera - due beni preziosi uno principalmente per l'alimentazione, l'altro per la realizzazione delle candele - fu rapida e capillare. La sua importanza alimentare si mantenne inalterata per tutto il Medioevo fino all'avvento dello zucchero intorno alla metà del XVIII, quando si scoprì che dalla canna da zucchero si poteva estrarre un prodotto con potere dolcificante più economico del miele. Il miele, però non smise mai di interessare l’uomo, anzi il progresso ed i nuovi strumenti che la scienza successivamente mise a sua disposizione gli fecero ulteriormente scoprire virtù prima inesplorate, sia nel prodotto principale (il MIELE) che negli altri preziosi prodotti fornitici dalle api: POLLINE, PAPPA REALE, CERA E PROPOLI.
Effettuando questa ricerca sulle api e sul miele sono venuto a conoscenza, quasi per caso, dell’interessantissimo lavoro universitario della D.ssa Greta Angiolini. La Angiolini, presso l’ UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA, Facoltà di Farmacia, ha conseguito nell’Anno Accademico 1999/2000 il Diploma Universitario in Tecniche Erboristiche, con una Tesi Sperimentale da titolo: “ I SEGRETI DI BELLEZZA DELLE API, l’impiego di miele, polline, pappa reale, cera e propoli nei prodotti cosmetici” (Relatore la Prof.ssa Patrizia Santi).
Questo interessante lavoro mi ha dato la possibilità di conoscere una miriade di dati, finora a me poco noti, che hanno ampliato notevolmente la mia conoscenza su questa materia. La ringrazio di cuore per questo.
Andiamo con ordine. Se vogliamo scoprire in tutta la sua interezza il mondo delle api dobbiamo conoscere meglio l’intera gamma dei prodotti dell’alveare. Non solo miele, dunque, ma polline, pappa reale, cera e propoli, partendo dalle origini: il nettare.
Il nettare è la sostanza base del miele e delle altre sostanze prodotte dalle api. Il poeta romano Virgilio fu il primo a mettere in relazione il miele con il nettare. Nelle Bucoliche, un poema sulla vita agreste, Egli scrive: “Le api riempiono le celle col nettare liquido”. Il nettare è un liquido dolce e profumato che si raccoglie sul fondo del calice dei fiori; si forma dalle sostanze zuccherine delle piante che si sciolgono nell’acqua della linfa depositandosi nel nettario dei fiori dai quali verrà poi prelevato dalle api. I componenti principali del nettare sono i glucidi (glucosio, fruttosio, saccarosio) e tracce di acidi organici, sali minerali, enzimi, pigmenti, sostanze aromatiche, vitamine ed aminoacidi. Il nettare attira gli insetti destinati a provocare la fecondazione del fiore, perciò le api operaie adulte (bottinatrici) svolgono la duplice funzione di raccogliere il nettare dei fiori e, nel contempo, di fecondarli trasportando il polline da un fiore all’altro.
La capacità di selezione delle api è straordinaria: esse si interessano del nettare solo quando il contenuto in zucchero è più del 10%. Vi sono, infatti, fiori che hanno differenti contenuti zuccherini. Fanno parte dei fiori che hanno un nettare con basso contenuto zuccherino il fiore di prugno e del pero, con un nettare che contiene circa il 15% di zucchero; un nettare a concentrazione zuccherina molto elevata le api lo trovano nella maggiorana, con una percentuale che arriva anche al 76%. Il nettare, così come viene raccolto dalle api, ha mediamente un tenore in zuccheri che varia dal 20 al 70% . L’ape bottinatrice preleva il nettare succhiandolo con la ligula dal fondo dei calici e lo immagazzina nell’organo di raccolta, la borsa melaria (diverticolo che si trova nell’esofago dell’insetto) dove viene miscelato con acqua e sostanze secrete dalle ghiandole salivari (enzimi e, in particolare, acido formico, che è il principale agente trasformatore del nettare in miele). Quando è sazia, l’ape torna all’alveare e rigurgita il nettare in bocca alle giovani api di casa, le quali continuano a passarselo dall’una all’altra, aggiungendovi altri enzimi e favorendo l’evaporazione dell’acqua. E’ importante, infatti, che il nettare perda una parte della propria acqua. Quando contiene una percentuale di liquido intorno al 50-60% si parla di miele semi maturo; a questo punto viene depositato in celle aperte che vengono riempite fino a un terzo per facilitare il contatto con l’aria. Quando è quasi maturo, il miele viene nuovamente aspirato e trasportato in altre celle situate più in basso; si attendono ancora tre giorni ed infine, quando il miele contiene solo un 20% massimo di acqua, le celle vengono riempite fino all’orlo e accuratamente chiuse con la cera per impedire l’assorbimento di umidità e le fermentazioni.
Esistono molti tipi di miele, dipendenti dai luoghi di origine, dalla specie di api, dalle fonti bottinaie e dalle sostanze che le api vi hanno aggiunto durante il processo di maturazione. Il miele inoltre varia per sapore e colore: quello di girasole, acacia e fiori estivi presenta un bel colore dorato, mentre quello proveniente dal trifoglio è quasi bianco; viceversa il miele da brughiera e da grano saraceno è scuro e viscoso. In Italia sono prodotti più di 300 diversi tipi di miele con origini botaniche e caratteristiche organolettiche differenti. Si definisce miele di una determinata origine botanica quando essa è rappresentata almeno al 95%. Il miele è una sostanza complessa e non del tutto conosciuta. I suoi componenti, oggetto di continue ricerche ed analisi, non sono ancora completamente noti e, spesso, si identificano nuove molecole o gruppi chimici che risultano essere di notevole importanza farmacologica e dietetica. Eccone la composizione.
Il miele ha una buona proprietà antimicrobica. Esso, in condizioni adeguate, può conservarsi inalterato per molti anni; questa proprietà vale anche per tutto ciò che vi si immerge. Alcuni autori hanno indicato questa azione preservante ed antifermentativa del miele, non solo perché esso isola i prodotti dal contatto con l’aria, ma perché contiene tra gli altri costituenti l’acido formico, potente sostanza anti putrescente. Altri annettono questa proprietà alla grande quantità di zuccheri contenuti. Nella medicina erboristica, il miele è suggerito per la cura del sistema emopoietico (grazie alla ricchezza di sali), del sistema cutaneo (favorisce la cicatrizzazione e l'idratazione), del sistema nervoso (migliorerebbe sonno e concentrazione), dell'apparato respiratorio (contro tosse e catarro, sciolto in latte o tè), dell'apparato circolatorio (si presuppone abbia un'azione ipotensiva), dell'apparato digerente (regolarizzerebbe l'attività escretoria dei succhi gastrici e della flora batterica, migliorerebbe l'assorbimento di calcio e magnesio, sarebbe leggermente lassativo fatta eccezione per quello di lavanda o castagno).
Sebbene qualsiasi tipo di miele sia ritenuto utile per alleviare i disturbi sopracitati, dalla flora nettarifera (alla base del nettare succhiato dalla api), dipendono proprietà farmacologiche più specifiche: il miele d’acacia sarebbe disintossicante e antinfiammatorio delle vie respiratorie, quello di tiglio avrebbe proprietà sedative e sarebbe utile contro l'emicrania, il miele d’eucalipto sarebbe espettorante, vermifugo e anti tosse, quello d’erica diuretico ed antianemico, quello di lavanda risulterebbe utile sulle bruciature per uso esterno, il miele di conifera sarebbe utile contro le affezioni respiratorie, il miele di biancospino verrebbe consigliato contro ansia ed insonnia, quello di castagno sarebbe utile contro la cattiva circolazione.
Nel mondo della cosmesi Il miele è considerato una importante fonte di bellezza. Fonti storiche dimostrano che fin dai tempi più remoti si diffuse la consuetudine di aggiungerlo ai cosmetici per ritardare o combattere gli effetti dell’invecchiamento cutaneo. Pare che le sue proprietà terapeutiche, tanto sfruttate per il trattamento delle ferite, siano utili nella cura quotidiana della pelle del viso, delle mani e del corpo. Miele, dunque, componente importante negli unguenti per viso e labbra, per la pelle, per saponi, bagnoschiuma e gel per le mani. Non siamo certi se il miele sia davvero l’alimento dell’eterna giovinezza, ma certamente gli uomini continuano a provarci!
Il polline, detto anche comunemente pane delle api, è costituito da molteplici corpuscoli di dimensioni microscopiche contenuti nelle antere del fiore e costituenti le cellule germinali maschili delle spermatofite . Esistono migliaia di tipi di polline: ogni specie di pianta ne produce un tipo particolare, una vera impronta digitale. Si parla di polline anemofilo quando la sua distribuzione avviene per mezzo del vento e di polline entomofilo quando è raccolto e trasportato dagli insetti su altri fiori, rendendo così possibile la fecondazione degli organi femminili. L’ape raccoglie il polline per l’alimentazione della covata (uova, larve e ninfe). Questo alimento costituisce infatti l’unica fonte proteica che, abbinata a quella energetica degli zuccheri, consente la crescita dell’insetto e costituisce la materia prima per la produzione della pappa reale. La raccolta del polline da parte delle api va dalla fine dell’inverno all’inizio dell’autunno, però il periodo più favorevole è quello compreso fra la metà della primavera e il principio dell’estate. Si è calcolato che ogni anno in un’arnia vengono accumulati dai 30 ai 50 Kg di polline. Ecco la composizione chimica.
Il polline è ricco di vitamine, sali minerali, enzimi ed ormoni. Viene riconosciuta al polline un’attività ormonale sia estrogenica che androgenica. Tra gli altri costituenti del polline presenti in quantità non trascurabile vanno ricordati: alcuni fattori di crescita (biostimuline), sostanze antibiotiche idro estraibili, acidi nucleici, sostanze allergizzanti e rutina, che aumenta la resistenza capillare. In cosmesi il polline è variamente utilizzato, come nelle creme per il viso ed il corpo, nelle lozioni per capelli, nei tonici per il viso, e nelle maschere in gel, con effetto rivitalizzante.
La pappa reale, nota anche come latte delle api, è un prodotto che l’uomo ha ignorato per lungo tempo. Per millenni l’uomo ha ignorato il favoloso dono che la natura, attraverso l’ape, gli aveva fatto con la pappa reale, sebbene ne abbia tratto beneficio sovente, a sua insaputa, con il miele integrale, costituito da un misto di cera, miele, pappa reale, polline ed embrioni d’api, consumato estemporaneamente nei luoghi stessi di raccolta. La pappa reale è stata studiata seriamente solo a partire dal XVII secolo e più precisamente dal 1672 dallo scienziato olandese Swammerdam. Nel 1788 il famoso zoologo svizzero Francois Hubert diede alla prodigiosa sostanza secreta dalle api, il nome di pappa reale. Essa è uno straordinario prodotto biologico con una funzione importantissima: è quel composto che nell’alveare trasforma l’ape operaia in ape regina! Cos’è esattamente, dunque, la pappa reale? La pappa reale è un secreto elaborato dalle ghiandole ipofaringee e mandibolari (dette anche salivari frontali) delle api nutrici, cioè delle giovani api di casa aventi fra i 5 e i 15 giorni di vita e non ancora atte alla bottinatura. Questo prodotto è all’origine della spettacolare crescita iniziale delle larve d’api e determina la differenziazione sessuale dell’ape regina dalle api operaie e la sua longevità. La pappa reale è anche definita GELATINA REALE (gelatina per il suo aspetto gelatinoso e reale per lo specifico e unico uso che ne fa l’ape regina, sia in forma di larva nella cella reale, che durante la vita); altri nomi sono LATTE DELLE API (con riferimento al fatto che per tre giorni tutte le larve indifferentemente ricevono la pappa reale) o MIELE SALIVARE. In sintesi la pappa reale, prodotta dall’ape nutrice, costituisce il nutrimento esclusivo: di tutte le larve della colonia fino al terzo giorno di vita; solo della larva scelta per diventare regina e collocata nella cella reale sino allo sfarfallamento. Successivamente la regina, e solo lei, sarà alimentata con pappa reale per tutta la durata della sua vita. Negli allevamenti di api oggi, con opportune tecniche, si ricavano 250-300 g di pappa reale l’anno per arnia. Il consumo immediato di prodotto fresco è quello che garantisce la massima genuinità dell’assunzione. In ogni caso, se mantenuta a 0-5° C la pappa reale si conserva per circa un anno; spesso, viene liofilizzata in atmosfera di azoto. La sua composizione chimica, dove l’acqua rappresenta il 66% circa, comprende glucidi, protidi, lipidi, vitamine e Sali minerali. La sua azione principale, nell’utilizzo umano, consiste nell’aiuto e stimolo del metabolismo cellulare, miglioramento dell’invecchiamento cellulare, regolazione delle ghiandole sebacee e miglioramento dell’elasticità e idratazione della pelle. Si applica spesso sotto forma di maschere.
La cera, è il cemento usato dalle api per la costruzione dell’alveare. La costruzione delle celle e la relativa copertura quando queste sono piene di miele e di granelli compressi di polline, fanno parte delle incombenze dell’ape operaia casalinga. Quando le api ricevono il nettare dalle bottinatrici e non dispongono più di celle libere per depositarvi il miele, si dispongono in catene pendenti dal soffitto nei punti dell’arnia dove esiste ancora spazio. Il fatto che le api non possano depositare il miele nelle celle e siano costrette a nutrirsene, porta a quel processo metabolico tipico che trasforma il miele in cera, fornendo così la materia prima per la costruzione di nuovi favi. Occorrono dai 9 ai 12 Kg di miele per ottenere 1 Kg di cera. La maggior produzione si ha durante il periodo primaverile. La cera vergine è una massa colorata, opaca, untuosa al tatto, molle e plastica al calore della mano, di odore gradevole, aromatico, che ricorda il miele e di sapore debolmente balsamico. Fonde a 62-66° C in un liquido quasi limpido. E’ necessario raffinare la cera al fine di eliminare tutte le impurità. Inoltre per molti impieghi è necessario eliminare i pigmenti della cera che possono dare una colorazione che va dal giallo al grigio scuro. La cera è stata per secoli il prodotto utilizzato per molti usi, tra cui quello di dare illuminazione. Nel medioevo la corporazione dei lavoranti la cera era tra le più importanti. In cosmesi oggi la cera è utilizzata in creme struccanti, creme emollienti e protettive, creme da massaggio, ombretti, mascara, matite per labbra, lucida labbra e rossetti. L’uso è sostanzialmente come eccipiente, ma studi recenti hanno evidenziato la presenza nella cera di sostanze ad attività antisettica.
La propoli, invece, è un vero e proprio antibiotico naturale. Le api, all’ingresso dell’alveare, creano una specie di soglia attraverso cui ogni ape che entra deve passare facendosi così, in un certo senso, disinfettare. Vivendo, infatti, fino a 600.000 individui in un ambiente piccolo, qualsiasi infezione può degenerare in un’epidemia. Le api, inoltre, si servono di questo materiale per ricoprire le pareti dell’alveare, per chiudere eventuali fori, per riempire le fessure, per restringere le entrate allo scopo di proteggere la colonia dai rigori invernali e dai numerosi predatori, per lucidare e sterilizzare le celle prima che l’ape regina vi deponga le uova e per imbalsamare gli animali invasori uccisi al fine di impedire l’insorgere di processi putrefattivi. L’uso della propoli da parte degli uomini risale ad epoche antichissime. Era utilizzata dai sacerdoti dell’antico Egitto per la cura di numerose malattie e soprattutto per la conservazione delle spoglie dei faraoni. La propoli era ben conosciuta nell’Antica Grecia e nell’Impero Romano, tanto che i soldati ne ricevevano in dotazione una piccola quantità per la medicazione delle ferite. Nel Medioevo veniva impiegata anche per frizionare l’ombelico dei neonati e come rimedio contro le infiammazioni della bocca e della pelle. In tempi recenti la propoli (o resina o cera propoli) ha di recente assunto una posizione di grande interesse applicativo sia in campo agronomico (come antiparassitario naturale) che nel settore farmaceutico e cosmetico (come antisettico e deodorante) oltre a vari settori tecnico-industriali. Antonio Stradivari, celebre liutaio, se ne serviva per realizzare una vernice particolare per i suoi violini. Ci si chiede ancora oggi da cosa tragga origine la propoli. Il mistero non è stato ancora completamente chiarito. Secondo alcuni studiosi, la propoli sarebbe prodotta direttamente dalle api e deriverebbe da residui di polline semidigerito e poi rigurgitato. Ma la maggior parte dei ricercatori sostiene la tesi che la propoli derivi da sostanze di natura resinosa e balsamica raccolte dalle api sui germogli degli alberi e successivamente elaborate da particolari ghiandole ricche di enzimi. La propoli che viene estratta dall’arnia si presenta sotto forma di una massa brunastra (con tonalità variabili a seconda delle piante d’origine) e contiene allo stato grezzo molte impurità che vengono eliminate mediante fusione e filtraggio. La propoli ha proprietà batteriostatiche, battericide e fungicide. Ha notevoli proprietà antivirali, cicatrizzanti, immunostimolanti e vaso protettive, oltre che antiossidanti e anti irrancidenti. In cosmesi il suo utilizzo è recente ed utilizzato in preparati destinati alle affezioni della cute, come lozioni, shampoo, dentifrici e collutori, oltre che creme e stick proteggi labbra.
Cari amici, per raccontarvi tutto questo ho dovuto sintetizzare molto, perché il mondo delle api e dei suoi meravigliosi prodotti è cosi ampio e variegato che certo non bastano poche righe a descriverlo!
Mi ha fatto sorridere, durante questa mia ricerca, una delle antiche credenze mitologiche che considerava il miele il “prodotto degli arcobaleni e delle stelle” e quindi proveniente dagli Dei, di cui era considerato il cibo. L'allora comune credenza voleva che le divinità si cibassero di nettare e ambrosia e che gli dei, in uno slancio di generosità, non potendo dare l'immortalità agli uomini, per confortarli per la loro umana e svantaggiata condizione, permettessero loro di poter gustare il miele facendolo cadere sulla terra dalle loro tavole riccamente imbandite. Lasciando da parte Zeus, l’Olimpo e tutte le antiche divinità, potremo oggi, però, dire che le api ed il frutto del loro incessante e faticoso lavoro sono davvero un grande dono che Dio ha voluto fare agli uomini. Ammonendoli, però, che anche il dolce (miele) ha la sua spina. Perché, come dice un antico e saggio detto: “Non c’è rosa senza spine, non c’è miele senza ape e non c’è ape senza pungiglione”.
Grazie a tutti Voi della gradita attenzione.
Mario
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