Oristano 25 Maggio 2012
Cari amici,
scrivevo nelle pagine di questo blog nell’ottobre dell’anno scorso della grande preoccupazione che attanagliava l’Unione Europea a seguito dei gravi problemi di natura economica manifestati da alcuni Stati membri. La mia riflessione, senza velature, rimarcava un dato inconfutabile: a distanza di oltre 60 anni dai primi accordi di natura economica il percorso intrapreso dai Paesi che credevano in una Europa unita, verso la costituzione di un vero e proprio Stato Federale, non riusciva a completarsi.
L’ Unione Europea il 9 maggio di quest’anno ha compiuto 62 anni. Nata il 9 maggio 1950, quando la gran parte degli Stati si rimboccava le maniche per rimettere in moto un’economia distrutta, il ministro degli Esteri francese Robert Schuman lanciava l’idea di un’unica “ Comunità “ Europea, capace di mettere insieme le risorge energetiche, a partire dal Carbone e dall’Acciaio, la CECA appunto, a cui successivamente avrebbero fatto seguito tutti quegli altri atti per arrivare a quella reale e politica “Federazione di Stati”, L’Europa Federale, che sarebbe stata in grado di competere ad armi pari con gli Stati Uniti d’America.
Ebbene, cari amici, sono trascorsi oltre 62 anni da quello storico giorno: la CECA è diventata con gli anni la Comunità Economica Europea (CEE), poi la Comunità Europea tout court (CE) ed, infine, l’Unione Europea, con gli storici accordi di Maastricht e il varo dell’euro e, successivamente, gli ulteriori passi avanti, ultimo il trattato di Lisbona. Ma il cammino finora fatto, se riflettiamo, può essere considerato concluso? Io personalmente credo proprio di no! Gli Stati aderenti all’Unione Europea continuano a pensare solo ed esclusivamente in termini “nazionali” e non sovranazionali.
Lo tocchiamo con mano tutti i giorni, quando dopo estenuanti riunioni, ognuno continua a vedere i problemi solo ed esclusivamente dal punto di vista egoistico della propria nazione, sia essa Germania, Francia, Inghilterra, e cosi via.
Oggi gli attuali 27 Stati membri, divisi ed incapaci di un’unica, univoca, visione politica ed economica, faticano a parlare con un’unica voce e trovare soluzioni ragionate, concordi, e capaci di spegnere i numerosi “incendi” che di giorno in giorno si accendono. Non vi può essere, nel lungo periodo, una ‘teorica’ politica monetaria unica, nata con l’introduzione dell’Euro e governata a livello centrale, senza una comune “reale ed unica” politica fiscale ed economica europea. L’assenza di questo univoco strumento politico, sostituito, invece, dalle diverse decisioni di ogni Stato membro, è sicuramente la principale causa delle incertezze e delle debolezze della nostra moneta unica, l’Euro, non supportata da un univoco indirizzo economico-fiscale. Sta proprio qui il grosso handicap! E’ proprio il mancato completamento di quell’Unione Europea sognata da Schuman che impedisce questo processo decisionale unico, capace di adottare sistematicamente, in tempi rapidi, i giusti provvedimenti. E’ la forza di uno Stato vero quella che manca e che, forse, l’egoismo di molti Stati continua a procrastinare.
L’esempio più recente ci viene dai cosi detti “Eurobond”. Vediamo innanzitutto cosa sono.
Gli italiani hanno imparato in fretta a familiarizzare con termini che fino a poco tempo fa erano di uso comune solo negli ambienti della finanza. Faccio un esempio. Quanti italiani conoscevano prima dell’estate anche solo il significato dello “spread” dei titoli di stato? Oggi non c’è italiano che non controlla “a quanto ha chiuso la borsa di Milano” e a quanti punti è arrivato lo spread il giorno prima. Dal “bund” tedesco, che manovra lo spread, agli altri “bond” il passo è breve, passando per i “bonos” spagnoli e per il BOT italiani, fino ad arrivare al teorico e mai nato “Eurobond” di cui tanto si parla.
Eurobond è per ora un titolo “virtuale”, anche se abbiamo già imparato a prendere confidenza con lui, perché in questi giorni entra ed esce dalla bocca di tutti, se non altro per constatare la irriducibile ostilità da parte di diversi Stati, in primo luogo della Germania. Ma come sono strutturati questi agognati titoli?
Per Eurobond s’intende un titolo (un’obbligazione) relativo al debito di un paese dell’area euro, emesso non direttamente dal paese in questione, ma da una apposita agenzia dell’Unione Europea (si parla delle BCE) che quindi si fa formalmente “garante”, nei confronti dello Stato ordinante, rappresentando la garanzia di tutto il blocco dei paesi dell’Euro.
Questi per ora “teorici” titoli, per lungo tempo evocati dall’ex ministro Giulio Tremonti come unica soluzione possibile per uscire dalla crisi dell’annoso debito pubblico in capo alla gran parte dei Paesi dell’area Euro, avrebbero consentito di porre un freno alla speculazione messa in atto dalla finanza internazionale verso i paesi “deboli” dell’Unione, ritenuti poco affidabili. La situazione attuale, dove ogni Paese gioca la partita ”individualmente” crea, come sappiamo, enormi disparità di tasso che vanno da un minimo per quelli tedeschi ad un massimo a due cifre per quelli greci. Lo spread è la differenza dei rendimenti tra il minimo tasso applicato e quello del Paese preso in esame. Senza nascondersi dietro il dito al momento in cui sto scrivendo anche quello italiano è ancora superiore ai 400 punti.
La situazione credo che sia più seria di quanto molti credono di immaginare. Senza un intervento “comune” i Paesi più in difficoltà non potranno mai uscire dalla crisi. Chi è già debitore per cifre rilevanti del proprio debito pubblico, già faticherebbe a pagare il tasso minimo esistente sul mercato, figuriamoci se deve pagare tassi a volte tre o quattro volte superiori! L’eurobond avrebbe soprattutto questa funzione abbassare al minimo i tassi del debito, consentendo, anche nel medio/lungo termine una graduale diminuzione dell’esposizione in essere.
Ovviamente questo di “garantire in blocco” il debito di Paesi in difficoltà vede i Paesi più solidi restii a prestare questo impegno, questo avallo. Il pericolo paventato è che l’Europa, in questo caso, diventerebbe garante di un eventuale Paese che andasse in default. Ma a volte rinchiudersi nel “castello dorato” dell’abbondanza senza “condivisione” con gli altri partner non paga: anzi a volte l’egoismo paga meno della solidarietà.
Gli eurobond non piacciono soprattutto alla Germania, che attualmente ha una posizione di avanguardia in Europa, essendo considerato il paese più affidabile, ma, occorre ricordare che anche l’economia tedesca non può fare a meno dei paesi limitrofi. La Germania, non lo dimentichi, è proprio in Europa che piazza una grossa fette delle proprie esportazioni, e che quindi inevitabilmente il protrarsi della crisi finirebbe per avere forti ripercussioni anche sulla sua economia. Non solo. Non è cosi lontana, anche se molti tedeschi sembrano averlo dimenticato, la riunificazione delle due Germanie. Allora per salvare l’economia disastrata della Germania Est il corso del marco orientale fu forzosamente parificato a quello occidentale coinvolgendo e facendo pagare un prezzo altissimo (in svalutazione delle monete) alla gran parte degli altri Paesi europei. Angela Merkel, nata proprio nei territori della ex Germania Orientale dovrebbe saperlo bene! Oggi, invece, sembra aver dimenticato tutto e ostinatamente continua nella sua battaglia di difesa a oltranza della sua Germania, senza pietà per nessuno; costi quello che costi!
Il recente cambio di Presidenza in Francia ha, però, certamente scombussolato un po’ i giochi. La nuova vicinanza tra il nostro Paese e la Francia certamente cambierà certe precedenti posizioni, anche se La Merkel, pur elettoralmente battuta nella sua politica anche dai suoi elettori, resiste arroccata sulle proprie posizioni.
Mario Monti è convinto che anche se ci vorrà del tempo gli eurobond nasceranno, anche se non si sa quando. In un recente incontro con il nuovo Presidente francese F. Hollande il premier Monti ha detto: “il fatto che il tema degli eurobond sia chiaramente sul tavolo e abbia consensi da parte di Paesi che sono e che non sono nella zona euro, come la Gran Bretagna, significa che la cosa si muove e credo che questo determinerà aspettative nei mercati".
Per il presidente del Consiglio, Mario Monti "l’Italia vede favorevolmente, quando i tempi saranno maturi, non fra moltissimo, gli eurobond ed ogni cosa che rafforzi la preparazione per investimenti proficui".
La strada, come vedete, è lunga e in salita. Senza consenso comune sarà difficile trovare soluzioni per agevolare la crescita nei vari Paesi d’Europa, a partire dal nostro. Le economie sono ferme, la disoccupazione aumenta e la risultante è una sola: recessione.
Credo che Robert Schuman, che oltre 60 anni fa immaginava una grande Europa federale, sullo stile degli Stati Uniti d’America, si stia ancora rivoltando nella tomba. Il suo grande sogno, a lungo cullato e capace di far competere l’Europa ad armi pari con le maggiori economie del mondo, sembra praticamente abortito. In tutti questi anni i passi avanti previsti non sono stati molti. Il rischio maggiore, però, non è tanto la situazione attuale, ancora controllabile, ma quella successiva. Se la Grecia dovesse uscire dall’Unione Europea si innescherebbe un terrificante meccanismo perverso, capace di far tornare indietro nel tempo tutta l’Europa. La crisi americana del ’29 sembrerebbe un semplice gioco da ragazzi!
Grazie a tutti dell’attenzione.
Nessun commento:
Posta un commento