martedì, agosto 23, 2011

L’uomo e l’alimentazione. Ieri…quando McDonalds e Coca Cola erano ancora un mistero! Una mia merenda speciale: la bruschetta all’aglio.





Oristano 23 Agosto 2011

Cari amici,

Quest’estate avevo un libro importante da leggere e l’ho letto con grande piacere. L’avevo già acquistato su suggerimento di un caro amico, l’illustre rotariano Gianni Gasbarrini Fortuna, che ho avuto il piacere di conoscere, ormai non pochi anni fa, quando era il Governatore del Distretto 2080 – Roma – Lazio – Sardegna nell'anno rotariano 1992/93, anno in cui sono entrato a far parte del Rotary Club di Oristano, ma per il mio impegno universitario non avevo avuto ancora la possibilità di leggerlo e studiarlo.

Il libro, scritto da Victoria De Grazia, docente di storia europea alla Columbia University di New York, ha per titolo “ L’impero irresistibile. La società dei consumi americana alla conquista del mondo”.
Il libro, di grande interesse, parla dell’inafferrabile impero del ‘mercato’; irresistibile come lo definisce la De Grazia, ma anche rapace e polimorfo, che conquista i suoi sudditi, ovunque collocati, non con le armi classiche della guerra, ma con quelle subdole del consumismo: pacifiche, attrattive e seducenti. Cavalcando la conquista del ‘vecchio continente’ con le armi alimentari (a partire dai primi aiuti arrivati anche in Italia con il piano Marshall, attuato dal Presidente USA Truman nel 1947 e che invase l’Europa con i prodotti americani per un ammontare di 600 milioni di Dollari), gli Stati Uniti, cessata la guerra cruenta, iniziarono quella del ‘mercato’. Guerra certamente portata avanti con successo, riuscendo a cambiare radicalmente le abitudini alimentari e sociali di gran parte dell'Europa.
Il problema di cui oggi voglio parlarvi è proprio quello dello grande differenza, che io stesso ho vissuto, tra la nostra alimentazione degli anni ’50 e quella odierna. In quegli anni il problema delle famiglie era quello di ‘reperire’ i pochi e semplici ingredienti necessari all’alimentazione del proprio nucleo familiare. Quello odierno invece, per le famiglie, non è quello di soddisfare le semplici esigenze alimentari, soprattutto dei loro ragazzi che crescono, ma quello di esaudirle nel modo più “trendy” possibile, anche se spesso più dannoso!


Ecco la tavola tipo di una famiglia di oggi. A partire dalle prime ore del mattino, quelle dedicate alla prima colazione, la tavola apparecchiata trabocca di merendine, fiocchi di mille cereali, succhi di frutta dai colori dell’arcobaleno e ghiottonerie similari, sapientemente ‘consigliate’ dalla martellante pubblicità; il problema non è quello di riuscire con fatica a reperire il minimo delle calorie necessarie alla prima fase della giornata, ma tutto il suo contrario! Il problema di noi genitori è quello di rimpinzare al massimo i ragazzi, convincerli ad ingurgitare tutto quel ben di Dio, ignorando che, grosso modo, introitano il triplo delle calorie necessarie. Lo stesso discorso è valido per le altre pause: pranzo, merenda e cena. Che abissale differenza tra l’oggi, dove il problema è l’obesità, a partire da quella giovanile, e l’ieri (quello che ho vissuto io) quando reperire gli ingredienti per una buona merenda…era una vera impresa! Vorrei riportarvi alcune flash dai miei ricordi.
Ricordo ancora, con grande lucidità, gli anni della mia fanciullezza, avendo la fortuna di avere una memoria cosi detta fotografica. Erano quelli gli anni del primo dopoguerra. Le famiglie, a seguito della difficile e lenta ripresa derivata da una guerra devastante, faticavano a reperire anche il necessario per soddisfare le esigenze alimentari. Spesso mancavano anche gli ingredienti base per una minima e sufficiente alimentazione. Bisognava ingegnarsi, trovare ogni giorni nuovi espedienti per mettere insieme il pranzo con la cena. Immaginatevi come dovevamo ingegnarci, noi ragazzi, per cercare calmare i forti richiami dello stomaco che, proprio nell’età della crescita, necessitava continuamente di un grande quantità di calorie! In sintesi non è che mancasse solo una corretta alimentazione, mancava proprio anche quella base, a noi ragazzi che crescendo avevamo non poche necessità.
Ogni giornata era un’avventura.

La mattina, prima di uscire di casa per andare a scuola, bevevo un po’ di latte caldo dove era stata ammollata una fetta di pane raffermo; al rientro, all’ora di pranzo, certo non mi aspettava una grande tavola imbandita! Il più delle volte una bella zuppa di cereali, intercalata nei vari giorni della settimana, da pasta fresca (fatta in casa) al sugo di pomodoro; a seguire, a volte, una frittata di verdure con uova e formaggio. La frutta, rigorosamente di stagione, poneva fine al pasto. La cena non si differenziava molto dal pranzo.
Al frugale convivio seguiva, per noi ragazzi, prima l’impegno scolastico (fare i compiti) e, subito dopo, la quotidiana uscita pomeridiana, non certo appesantita dal poco lauto pranzo che, praticamente risultava già digerito prima dell’uscita di casa. Considerati i tempi noi ragazzi non eravamo abituati a dare troppo peso ai richiami dell’appetito, anche se ogni occasione era buona per mettere dentro il “sacco” ogni possibile alimento che fosse in grado di tenere calmo quel languore perenne che ci faceva venire una non comune salivazione ad ogni vista di frutti commestibili o di odori di alimenti in cottura.
Nel nostro girovagare nelle varie vie del paese nessun frutto pendente dagli alberi che si affacciavano sulla strada restava indenne dai nostri tentativi di “assaggio”. Fossero arance o mandarini, pere o mele, mandorle o melagrane, tutto era oltremodo gradito, anche se la maturazione non era ancora perfetta! L’approvvigionamento, però, non era facile. Ci voleva non poco ingegno, un po’per gli alti muri di recinzione, un po’ per la sorveglianza dei proprietari; tuttavia erano ostacoli che caparbiamente, in gruppo, venivano brillantemente superati.
Nelle giornate poco fortunate per questi approvvigionamenti estemporanei, bisognava fare un salto a casa per trovare rimedio all’inestinguibile languore. Le dispense casalinghe di allora non assomigliavano molto a quelle di oggi. Il frigorifero era ancora un oggetto misterioso e le merendine ancora da inventare, per non parlare dei ‘Big Mac’ della McDonalds e della Coca Cola. L’unico rimedio era quello di reperire un bella fetta di pane, normalmente ben raffermo (la panificazione era fatta da ogni famiglia una volta alla settimana), aggiungendovi, come companatico, qualcosa che gli desse più sapore e gusto.
Una delle mie specialità era la bruschetta all’aglio. A ben pensarci oggi, non riesco a capire come riuscissi, allora, a ingurgitare tutto quell’aglio! Questa 'odorosa'passione nacque quasi per caso. Successe che mi fu diagnosticata una fastidiosa infezione intestinale: avevo preso “ i vermi”. Le infezioni intestinali, considerate le non perfette condizioni igieniche, erano allora più frequenti di adesso. Uno dei rimedi più usati per sconfiggere questi fastidiosi parassiti era l’aglio, che il dottore aveva raccomandato a mia madre di farmi mangiare in quantità. Mia madre non lo deluse. Inizio a farmelo mangiare in abbondanza in tutte le maniere, abituandomi, cosi, al suo sapore che prima non gradivo. La cosa curiosa fu che questa ‘cura’ non solo riuscì nel suo intento di risolvere il problema dei vermi, ma addirittura fece nascere in me un esagerato gradimento per l’aglio che da allora presi a mangiare come mai prima. Oggi posso dire che questo fatto ha veramente dell’incredibile!
Ecco ora vi racconto la mia ‘ricetta speciale’, ovvero come confezionavo la mia bruschetta all’aglio. Il mio amato ‘Big Mac’ di allora lo preparavo in questo modo. Recuperata una bella fetta di pane raffermo andavo nella cantinetta (dove venivano conservate le provviste, ricavate dalla lavorazione del nostro orto: aglio, cipolle, patate, etc.) e staccavo, da uno dei mazzi annodati a treccia, che conteneva una dozzina di teste d’aglio, una testa intera. Ne mondavo velocemente gli spicchi, una dozzina almeno, li tagliavo a fettine con il coltello e li distribuivo religiosamente sulla fetta di pane, creando uno strato umido che iniziava ad ammollare la fetta. Sempre con il coltello tagliavo una o due strisce di lardo (cercavo soprattutto la parte che conteneva qualche filamento di carne) dal grande pezzo salato che troneggiava ad un lato della cucina, e le posavo delicatamente sopra le fettine d’aglio, chiudendo in un unico abbraccio pane, aglio e lardo. Non c’era bisogno d’altro: il prodotto finale era una merenda di grande gusto e sapore! La preparazione, però, non era ancora terminata, andava rifinita; mancava, per completare l’opera, la doratura e l’amalgama dei componenti che solo il calore del caminetto riusciva, sapientemente, a dare.
In cucina, allora, salvo i periodi del gran caldo estivo, il caminetto era sempre acceso e adagiare la ‘merenda’ cosi preparata su uno dei piccoli appoggi in dotazione, ravvivando la brace sottostante, era proprio un gioco da ragazzi. In pochi minuti il calore della brace tostava il pane e squagliava, in parte, la fetta di lardo, dorando allo stesso tempo le fettine d’aglio. La merenda, impregnata dall’aglio e dal lardo emanava un profumo inebriante che già in cottura solleticava le mie narici ed era difficile attendere più del necessario, per iniziare a gustarla. In un baleno un veloce assaggio a caldo per saggiare il ‘prodotto finito’ e poi dei lunghi morsi che lo facevano scomparire come in una magia. A seguire un rapido e pronto ritorno in strada a riprendere i giochi interrotti. Quell’intenso profumo di allora non si è ancora estinto! Credo di sentirlo ancora nelle mie narici se chiudo per un attimo gli occhi. Mi rivedo ragazzo, con la gioia e l’incoscienza degli anni giovanili, iper-attivo anche allora, gioioso della mia giovinezza, spoglio di agi e privilegi ma pieno di vitalità, innamorato della vita e con una grande speranza in un futuro migliore!
I ragazzi di oggi non sanno quanto potrebbero essere più felici e contenti: spesso ignorano di avere tanto a disposizione, senza neanche rendersene conto.
Ciao a tutti Voi. Grazie della Vostra attenzione.
Mario

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