Oristano 29 Settembre
2013
Cari amici,
le piacevoli
chiacchierate con una cara amica mi hanno portato a parlarvi oggi di una
tradizione spagnola, diffusa soprattutto in Catalogna, e che affonda le sue
radici nel secolo XVIII; tradizione quella dei Castellers, che ha superato i
secoli e che oggi rappresenta – simbolicamente ma in modo chiaro – l’amore che
questo popolo ha per la sua terra.
Sardegna e Catalogna sono
legate da una tradizione (definita meglio anche dominazione), iniziata circa ottocento anni fa. Un legame tormentato,
costituito da vicende sanguinose, ma che storicamente ha fatto camminare
insieme a lungo i due popoli, sotto il Regno di Spagna. Anche il nostro
dialetto (anzi, la nostra lingua) è
infarcito di parole catalane, trasformandosi
nei lunghi anni di dominazione e acquisendo termini e modi di dire di quel
popolo. La nostra città regia, Alghero, parla ancora catalano e strade e piazze
ricordano senza ombra di dubbio, il passato spagnolo e in particolare il suo re
Carlo V che le visitò. Anche la Catalogna non ha dimenticato il connubio con la
Sardegna, se il ballo nazionale catalano è chiamato “Sardana” e, soprattutto, se i
nostri fratelli d’oltremare, dopo la fine del franchismo è la creazione della “Comunidad
Autonoma”, hanno preso come modello per autogovernarsi lo Statuto della
Sardegna! Oggi siamo soprattutto noi che guardiamo ancora a loro, ed alla Loro capacità
di ricontrattare i loro diritti nei confronti dello stato spagnolo, per le
aspirazioni d’indipendenza. Certo le
differenze socio-economiche tra Sardegna e Catalogna sono molte. La Catalogna
una delle regioni più sviluppate della Spagna e noi, invece, siamo l’esatto
contrario in Italia.
Una cosa è certa, per conoscere
veramente un popolo, per capirne veramente l’essenza della sua cultura, delle
sue capacità, dovremo osservare meglio non solo l’impegno dei componenti di
quella Comunità nel lavoro e nella vita sociale, ma soprattutto in quelli del
riposo: nei momenti dedicati all’aggregazione sociale. In poche parole bisognerebbe
guardare meglio, in profondità, i modi utilizzati da quella Comunità per fare
festa. Perché il momento ludico è spesso la rappresentazione esterna di quel
che si è nel fondo dell’anima!
I Catalani, dal XVIII
secolo avevano inventato un modo tutto particolare di festeggiare fatti ed
avvenimenti: praticando la costruzione di torri umane, i cosi detti “Castells”.
Era, questo originale sistema di piramidi umane dette Torri, capaci di
raggiungere anche dieci livelli di persone sovrapposte, un intreccio di forza e
abilità che, per funzionare, necessitava dell’apporto di tutti i partecipanti.
Alla base della piramide erano disposti uomini maturi ancora forti, poi donne e
uomini sempre più leggeri e giovani, ed in cima l’anxeneta, una bambina o un
bambino piccolo che alzava la mano con le dita stese a significare le barre
della bandiera. Non è un caso, certamente, che questa
tradizione sia cominciata proprio quando la Catalogna perse l’indipendenza.
I Castells, dunque,
come rappresentazione simbolica dell’amore per la terra catalana, della “continuità
tra generazioni”, nella costruzione della struttura piramidale; una
interdipendenza positiva dei componenti la “Colla Casteller”, colla costruttiva,
capace di dimostrare la capacità di perseguire un obiettivo comune. E’ il “Cap de
Colla”, il capogruppo, quello che stabilisce i ruoli, nei quali i partecipanti
si riconoscono reciprocamente per poter affrontare “insieme” il rischio. Ogni Castell
realizzato è una struttura organizzata che vive di un bene intangibile
fondamentale: la fiducia degli uni sugli altri. Avere la colla come “espressione
di Comunità” non ha certo cancellato nei Catalani le individualità esistenti
(molto simili a quelle dei Sardi) o la propensione alla realizzazione
personale, ma ha costruito in Loro importanti “comportamenti cooperativi” che
hanno permesso Loro di raggiungere positivi risultati che sono sotto gli occhi
di tutti. Oggi i Castells, nella regione della Catalogna, in particolare a
Barcellona, rappresentano la antica e radicata tradizione che non vuole
tramontare anche conducendo una vita moderna, aperta, cosmopolita! Per
soddisfare la curiosità dei molti lettori ecco qualche dettaglio sulla realizzazione
di queste vere e proprie montagne umane che possono arrivare a costruire anche
Castells a 10 piani!
La costruzione di un
Castell segue un rito preciso ed è accompagnata da una musica che sottolinea
l'impresa dei castelleros. Simbolicamente i Castells hanno un importante
significato: salire sopra le spalle degli altri, fino a creare appunto una
torre, vuol dire difendere la propria terra, esaltare le proprie tradizioni,
oggi messe al bando dalla modernità e dalla perdita del sentire comune. I Castells,
danno veramente l'idea dell'orgoglio che anima i catalani. Porre, poi, il
bambino in cima, simboleggia la speranza che i giovani non dimentichino le proprie
origini. La costruzione adotta una tecnica ben precisa che si tramanda di padre
in figlio, quindi far parte di questa “istituzione” non è semplice. Già da
bambini si imparano dai padri e dai nonni tutte le tecniche per diventare in
futuro un “Casteller” e tramandare la tradizione.
Nella struttura del
castello umano messo in atto si distinguono diverse parti: la Pinya, è la base
della costruzione, qui si trovano quasi tutti i Castellers che hanno lo scopo
di sostenere i livelli superiori, stabilizzare la struttura e attutire
l'impatto in caso di caduta; il Tronc è invece la struttura verticale composta
da un numero vario di persone per ogni piano; il Folre e le Manilles sono le
persone che sostengono il terzo e il quarto livello del Castell.
L' Agulla è una torre
che ha un solo Casteller per livello, chiamati di solito pilar. Il bambino o bambina in cima al Castell e detto l'Anxaneta, ultima
propaggine del Castell che, una volta arrivato in cima, saluta il pubblico,
quasi a voler confermare la riuscita dell'opera. Tra l'altro ogni castello ha
un nome a seconda del numero delle persone che lo compongono e a seconda
dell'altezza. Ad esempio, un castello formato da 3 persone, alto 8 piani, verrà
chiamato 3 di 8 e cosi via. Ci sono poi castelli che hanno bisogno di basi
supplementari tra un livello ed un altro. La costruzione dei castelli, come
detto, è di solito accompagnata da una musica speciale, il toc de Castell,
appositamente studiata per i Castells, che scandisce il progredire della torre.
La "Gralla", simile al piffero, e la grancassa sono gli strumenti che
da sempre sono usati per la composizione di questa musica.
L'inizio, è di solito
accompagnato dal “toc d'entrada a plaça”, che invita la gente ad assistere allo
spettacolo; la fine, invece, è segnata dal toc de vermut, che tra l'altro
invita gli spettatori ad andare a pranzo. Le dimostrazioni dei Castells infatti,
si svolgono normalmente a mezzogiorno della domenica, nella piazza davanti al
municipio della città. Sono molte le città e i villaggi, in cui si può
assistere allo spettacolo dei Castellers. L’usanza di costruire queste torri,
partita dalla Catalogna, si è estesa poi a tutta la Spagna. Nella regione di
Tarragona, dove l'usanza è molto sentita, si possono osservare vere e proprie
gare di Castellers, stessa cosa a Valls. Sicuramente, però, i Castells migliori
sono quelli di Barcellona.
Cari amici, noi dalla
Spagna abbiamo certamente preso molto, sia in cultura che tradizioni; molte però le
differenze, le specificità che ci sono rimaste: in particolare il nostro
splendido piacere all’isolamento ed il nostro ineguagliabile individualismo.
Gli amici/colonizzatori catalani di un tempo sono riusciti fortunatamente a superare
certe barriere e, attraverso una maggiore apertura verso gli altri, a costruire
un comunitarismo che, senza cancellare le individualità, ha consentito Loro di
costruire un vero, grande, gioco di squadra, come nella costruzione di Castells
di gigantesca portata.
La Sardegna, oggi, ha
bisogno di “emulare” gli amici catalani e imparare a costruire i suoi Castells.
Partendo proprio dai momenti di coesione
creati dallo stare insieme per le feste! Uniamoci, prendiamoci a braccetto,
come facciamo quando balliamo “su ballu tundu” comunitario. Impariamo a “metterci
insieme”, a trovare soluzioni “facendo squadra”, ne abbiamo bisogno! La nostra
crisi attuale è soprattutto crisi di fiducia nelle nostre capacità collettive
ed individuali di affrontare le difficoltà e trovare, tutti insieme, la soluzione. Oggi è il momento di riscoprire
la coesione, affrontare tutti insieme il difficile momento, per riuscire ad
andare oltre. Ce n’è bisogno perché la crisi che ci sta colpendo minaccia di
riportarci a condizioni ottocentesche. Senza più lavoro, con il Welfare
accusato di essere l’origine di ogni male e con uno Stato che si dimentica di
onorare la sua stessa Costituzione nel negarci quanto dovuto. Un grande sforzo di
coesione di questo tipo comporta per ognuno di noi la necessità di rinunciare a
qualsiasi forma di individualismo e/o personalismo.
Noi Sardi siamo stati
dominati per secoli e questo ha stroncato la nostra iniziativa e ha costruito
generazioni servili. Solleviamo il capo e rivolgiamolo al futuro: sono le
situazioni difficili quelle che forgiano un popolo, che fanno emergere la
necessità di rimboccarsi le maniche per affrontare la realtà a testa alta e, soprattutto
“insieme”, uniti. Nessuno si salverà da solo se non unirà la sua rabbia e la
sua forza a quella degli altri. Prendiamo, senza indugio, esempio dai nostri
amici della Catalogna, vestiamo l’armatura e lo spirito dei Collas Castellers.
Basta volerlo. Insieme possiamo vincere e costruire un nostro alto e forte
Castell! Più forte e solido di un “Nuraghe”!
Facciamo sì che il
famoso detto “Pocos, Locos y Mal Unidos”,
sia solo un triste ricordo del passato.
Grazie della Vostra
amicizia.
Mario
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