giovedì, ottobre 21, 2010

QUEL MESSAGGIO COSMICO NELLA STELE DI “MADAU” A FONNI.



ORISTANO 21 OTTOBRE 2010
Cari amici,
ecco un'altra scoperta affascinante sull'antico popolo della Sardegna, gli Shardana.
Il recente ritrovamento della " Stele di Madau" in territorio di Fonni mette in discussione non poche false credenze, una delle quali quella dei Sardi che avevano timore del mare.

Tutt'altro!
Ecco quanto di recente è venuto alla luce.

Buona lettura!


Un cosmic call oltre lo spazio. Un messaggio “stellare” dal Neolitico, inciso in una pietra preistorica affidata al tempo più che al cosmo.
Sul mistero delle antiche civiltà sarde potrebbero spalancarsi nuove prospettive dalla lettura di una stele neolitica scoperta nella mitica valle di Gremanu a Fonni.
La civiltà nuragica, si sviluppò in Sardegna tra il Bronzo e il Ferro.

Diversi studiosi accreditano l’ipotesi che i nuragici siano da riconoscersi negli Shardana, il principale fra i “Popoli del mare” menzionati nei documenti egiziani tra il XVI e il XIII a.C. Degli Shardana si sa che erano molto capaci, forti e combattenti, che percorsero in lungo e in largo il Mediterraneo su navi commerciali e da guerra. Avrebbero, forse, un’origine anatolica perché quegli uomini che usano uno scudo tondo e un elmo provvisto di corna sono rappresentati nei bronzetti e il loro nome ha la stessa radice “srdn” da cui deriva l’ethnos dei Sardi e che si trova incisa sulla “stele di Nora” dell’VIII a.C. (sotto, foto della stele).

Nell’Età del Bronzo il quadro delle primitive culture sarde si trasforma completamente rispetto al passato. Su tutta l'isola sorgono migliaia di nuraghi, costruiti con possenti blocchi di pietra.
Queste ciclopiche torri rotonde caratterizzano il paesaggio della Sardegna, soprattutto quella centrale, creano una immagine di fortezza e potenza. Queste ciclopiche costruzioni , edificate a secco con enormi massi posti a forma di cono e dislocate in altura, nei punti strategici che consentivano la trasmissione dei messaggi da uno all’altro, svolsero funzioni non solo di difesa ma certamente anche di osservazione e studio degli astri. L'archeologia da tempo continua nella ricerca e nello studio per verificare le varie ipotesi formulate. Nel 1800 e nei primi anni del 1900 erano piuttosto accese le discussioni sul significato e sulla funzione dei nuraghi. Dopo gli scavi archeologici di Taramelli, le indagini del Lilliu e le numerose ricerche topografiche non ci sono più dubbi sul loro ruolo di edifici fortificati. Per la loro eccezionale monumentalità si differenziano non solo dalle abitazioni del villaggio ma anche dai templi e dagli edifici sepolcrali. Ancora oggi, dopo 3500 anni, i loro ruderi sono grandiosi e suggestivi: sono le più possenti, e tecnicamente le più perfette, costruzioni megalitiche d'Europa e di tutta l'area del Mediterraneo occidentale.
Ma dove ci porta la recente e misteriosa scoperta della “ Stele di Gremanu”, con incisioni che, senza ombra di dubbio ci portano allo studio degli astri? E’ una conferma che il popolo nuragico era un popolo di grandi navigatori? Alcuni studiosi ne sono convinti, a partire da Roberto Barbieri.

Ecco perché.
Alla base di queste serie considerazioni che legano astronomia, nuraghi, tombe dei giganti e navigazione, c’è l’intuizione di un naturalista di Alghero, Roberto Barbieri, responsabile della spedizione e del team di archeologi (guidati da Giampiero Pianu dell’università di Sassari) che da circa un anno lavorano al progetto della nave nuragica:

una grande imbarcazione, ricostruita dai modelli rappresentati nei bronzetti, solcherà il Mediterraneo partendo dalla Sardegna sino alla Grecia e alla Turchia.
«In questa lunga ricerca di indizi archeologici, utili a documentare l’attività navale e l’alto grado di conoscenze di tecnica di navigazione della civiltà nuragica, mi sono spinto sino all’entroterra sardo», racconta Barbieri.
Precisamente a Fonni, a pochi chilometri da Corr’e Boi, luogo emblema che rimanda col toponimo e con il suo skyline al culto ancestrale del dio toro. Proprio qui è stata rinvenuta una stele particolare, con incisioni di grande effetto, mai viste prima, che attestano, senza ombra di dubbio essere una delle più antiche mappe del cielo.

Il ritrovamento è avvenuto nel sito archeologico forse tra i più interessanti dell’Isola: il complesso di Gremanu o Madau.
Questo complesso nuragico, esteso per oltre sette ettari, si articola, a monte, in una serie di fonti e pozzi per la captazione e la raccolta delle acque e, a valle, in una serie di templi con abitato. Vicino sorge anche una necropoli, sempre nuragica, con 4 tombe di giganti.
A Gremanu ci troviamo di fronte all’unico esempio finora noto di “acquedotto” nuragico, un complesso di fonti collegate tra loro da un elaborato progetto idraulico, funzionale alla raccolta delle sorgenti della montagna, le cui acque venivano utilizzate per i riti religiosi e per il fabbisogno ordinario delle genti del villaggio che stava in basso. Da una prima fonte le acque passavano attraverso una canaletta ad un secondo pozzo circolare; da questo secondo pozzetto mediante un’altra canaletta l’acqua veniva convogliata verso il pendio e raccolte nel sottostante complesso templare e abitativo. Sul lato destro del parametro murario ad emiciclo che delimita lo spazio di rispetto delle fonti le indagini hanno riportato in luce una vasca di forma rettangolare, costruita con conci in basalto “a T” metodicamente lavorati dai nuragici con scalpelli per rifinire e lisciare le superfici in vista. L’interno della vasca è pavimentato da lastre di trachite e di tufo legate da incastri perfetti. Nelle vicinanze è stata trovata una testina d’ariete in trachite. L’uso di queste fonti appare esclusivamente religioso. Soprattutto, la vasca rituale (per le abluzioni purificatorie, molto simile a quella del nuraghe “Nurdole” di Orune) e le numerose basi per offerte rinvenute nel villaggio sottostante sono delle chiare testimonianze di sacralità del luogo.
E proprio a Madau, tra le tombe megalitiche a forma di toro e di nave, che già avevano affascinato Giovanni Lilliu negli anni ’80, ecco la scoperta sensazionale, qualcosa di insolito, che arrivava a noi dal mondo prenuragico: nella tomba numero 1, spunta una stele istoriata, forse, l’anello di congiunzione tra gli antichi sardi e il mare. Nell’ampio studio effettuato sul sito e sul ritrovamento (“Il complesso nuragico di Gremanu”, di Maria Ausilia Fadda e Fernando Posi, Delfino Editore), la stele viene raffigurata in un interessante grafico che riporta ben in evidenza il lavoro di incisione. La studiosa parla «di stele istoriata con motivi magico-simbolici».
Ma agli occhi di un navigatore abituato a leggere il cielo, non può sfuggire che «quelle coppelle incise nella pietra», sostiene Roberto Barbieri, presidente dell’associazione La Nave Nuragica, «sono una formidabile e puntuale rappresentazione delle Pleiadi». Chi ha scritto quella pietra, migliaia di anni fa, leggeva il cielo. E lo faceva molto bene. «Certamente aveva una spiccata familiarità nella lettura degli astri, come dimostra la fedele rappresentazione delle sette stelle principali che formano le Pleiadi».
Ipotesi questa suggestiva quanto sconvolgente. Ma non impossibile. «La perfetta corrispondenza della rappresentazione stellare, se confermata, prova come l’autore avesse precise conoscenze di astronomia e soprattutto una straordinaria abilità tecnica», continua Barbieri.
Anche Eugenio Muroni, ricercatore della Soprintendenza e astrofilo sassarese afferma: «Si tratta certamente di una mappa del cielo […] I due gruppi di coppelle, rappresentano con notevole realismo i due sistemi stellari “ammassi aperti” delle Pleiadi e delle Iadi, con in basso a sinistra la V del Toro e il suo occhio, la stella Aldebaran».
La misteriosa stele ha creato tanti nuovi segugi: dalla costa sino al cuore dell’Isola, tutti a caccia di ulteriori prove e indizi. Indizi collegati con la navigazione nuragica, come gli allineamenti di nuraghi-faro, ad iniziare da Cala del Vino o la straordinaria ancoretta pendaglio in bronzo, datata addirittura XIV secolo a. C, di Posada, esposta nel Museo “Sanna” di Sassari.
Muroni, autore di uno interessante studio sull’altare di Monte D’Accoddi, si spinge oltre e ipotizza: «Nella stele di Madau sono presenti le raffigurazioni di quelle che potrebbero essere le “montagne del cielo”, ovvero i luoghi alti terrazzati con punto apicale stellare». Insomma quella pietra sarebbe una sorta di certificato di nascita della misteriosa Ziqqurat turritana. «Siamo alle soglie di una nuova rivoluzione nella ricerca archeologica in Sardegna», azzarda Muroni riferendosi alla lettura astrale della stele di Madau.
Si può ragionevolmente ipotizzare dunque che la stele di Madau, riletta da chi frequenta il mare, è solo la prima testimonianza di quanto gli antichi abitanti dell’Isola sapessero utilizzare i mille sguardi della volta celeste non solo per finalità pratiche e religiose ma anche per la loro sete di conoscenza del mondo a partire dalla navigazione!
La Sardegna è veramente straordinaria!
Mario Virdis



























Zona del ritrovamento.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

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Congratulations for this amazing find. The similarity of the cupmarks to the Pleiades is striking. There are several examples for the occurence of big dipper representations in Sardegna also, but this evidence is largely ignored by archaeologists. With best regards, Dr. Stefan Mäder (archaeologist, contact by academia.edu)